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JUVENTUS

Ultimo Aggiornamento: 15/03/2011 15:35
13/08/2007 09:02
 
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David Trezeguet, quel Domenech non ce l’ha solo con lei, ce l’ha anche con noi, i soliti italiani dediti ai soliti arbitri.
«Ho letto. Dio, che fastidio. Che vergogna. Parlando in quel modo, Domenech ha fatto del male alla Francia e, soprattutto, al calcio».

Per la verità, la vostra Federazione ha preso subito le distanze. E Platini pure.
«Era il minimo».

Fra voi non corre buon sangue.
«Ho disputato tre Mondiali e due Europei. Non penso di aver mai mancato di rispetto a nessuno».

Lui, invece?
«Parla così, tanto per parlare. Non mi convoca da febbraio, Francia-Argentina 0-1. Tirò fuori la storia della serie B. Il 22 agosto giochiamo in Slovacchia e io sono tornato in A».

Appunto: come immagina che si regolerà?
«Boh. Se mi chiama, bene. Se no, pazienza».

Mai pensato di «ritirarsi», come Totti e Nesta?
«A nemmeno 30 anni, sarebbe frettoloso. Il fisico risponde. E poi nel 2008 ci sono gli Europei».

Dopo Domenech, Moggi: per lui, bene che vada, la Juventus, «questa» Juventus, arriverà quinta.
«Il sottoscritto, viceversa, crede nello scudetto».

Addirittura?
«Diciamo che me lo auguro. Ebbene sì, sono ottimista. Molto ottimista».

Non sarà che la doppietta alla Roma e i cinque gol complessivi che le avete rifilato sabato sera a Cesena...
«Al tempo. Sulla carta, Inter e Milan hanno qualcosa in più. Ma solo sulla carta. Noi siamo competitivi e dopo tutto quello che ci è capitato abbiamo una voglia che gli altri si sognano».

Era, in pratica, la Roma di scorta: non teme che sia un risultato «pericoloso»?
«Al contrario. È il risultato di cui avevamo bisogno. I nuovi, i vecchi, tutti. Fa morale, cementa la mentalità. Noi attaccanti ci siamo sbloccati. Se non proprio vera, era una partita verosimile. L’abbiamo vinta alla grande».

In Inghilterra e ad Amburgo, però...
«Avevamo le gambe pesanti e loro - inglesi, tedeschi - ne hanno approfittato. A Cesena, ho intravisto per la prima volta la Juve che mi piace: imperfetta, ma tosta e reattiva».

Dal 4-3-3 al 4-4-2: Ranieri si è corretto.
«Cosa vuole: noi, il 4-4-2, l’abbiamo nel sangue».

L’intesa con Iaquinta? A un certo punto, vi siete mandati a quel paese.
«Ci stiamo annusando. Ha capito che alla Juve si può “solo” vincere. Per questo, mi sono permesso di suggerirgli di non cercare la giocata spaziale».

Qual è il partner più folle che ha avuto?
«Ibrahimovic. A volte, dribblava anche noi, che eravamo i suoi compagni. Non è stato facile capirlo, ma deve credermi: ne valeva la pena. Gli ho detto: Ibra, continua così, non cambiare, fallo per te e per chi ama il calcio».

I suoi allenatori?
«A Monaco mi scoprì Tigana. Ricorda? Tigana, Giresse, Fernandez, Platini. Calcio champagne. Un grande. Poi Puel: una vita nel Monaco, un maniaco della preparazione atletica. Con Ancelotti ci sono stato poco. I titolari erano Del Piero e Inzaghi. A fine stagione, però, mi diede fiducia. E così riuscii a convincere Lippi. Il migliore di tutti. Nessuno come lui sa stimolare i giocatori. Altra musica, Capello. Buongiorno e buonasera: coccole, zero. Qualcuno l’ha patìto. Io no: merito suo, se sono rimasto alla Juve. Ero quasi del Barcellona, mi telefonò e cambiai idea».

Deschamps?
«Doveva riportarci in A: missione compiuta. Aveva creato un bel gruppo. Da francese a francese, nessun privilegio».

Ranieri?
«Nel solco della tradizione. Adora i dettagli, parla le lingue, è un cittadino del mondo. Non vende fumo. “Colpa” sua, se sono così ottimista».

Che mi dice di Nocerino?
«Le dico che è un ragazzo di temperamento e qualità. In passato, la Juve prendeva giocatori fatti: Emerson e Vieira, per esempio. Oggi, recluta anche giovani di belle speranze. Giovani come Nocerino. Ragazzi che hanno fame. Umili, ma determinatissimi».

I tifosi?
«Non li ho mai sentiti così vicini. Già a Pinzolo erano un esercito. Moggiani e anti-Moggiani: prima, per loro, viene la squadra».

Di voi si fidano, della società non ancora.
«Ha poco più di un anno di vita, lasciamola lavorare. Non era semplice uscire “vivi” da Calciopoli».

Torna il derby.
«E io sono contento. Ma con tutto il rispetto per il Toro, la sfida che noi attendiamo è un’altra».

Quella con l’Inter.
«Già. I rapporti di forza si sono rovesciati. La piazza non invoca che una cosa: battere l’Inter».

Auguri.
«Ci proveremo. Ripeto: non saranno sempre rose e fiori, ma questa Juve può andare lontano».

Dicono di lei: appena avverte un dolore, addio...
«Ho iniziato presto, a 17 anni. Non mi sono mai tirato indietro. Se ho male, ho male. Il resto, tutte balle».

Come procuratore ha scelto il padre: pentito?
«E perché? Facciamo tutto in famiglia, noi Trezeguet. Papà agente, mamma capo claque, e i due amici più amici che ho mi curano l’immagine. Ho ricevuto offerte e pressioni per cambiare, ma mi sono detto: chi me lo fa fare? Avanti così».

Il gol più bello?
«Uno che segnai al Verona. Quasi da fondo campo, con il portiere e un paio di difensori sulla linea di porta. Trovai un angolo pazzesco. Era il 90’ o giù di lì. Finì due a due. Camoranesi giocava nel Verona. Segnò anche lui, ma quel gol proprio non l’ha digerito. Lo considera “disumano”».

I più importanti?
«Al Real in Champions, al Milan a San Siro, l’8 maggio del 2005. E, naturalmente, il golden gol di Rotterdam, nella finale degli Europei, noi contro voi».

Il modello?
«Batistuta».

È rimasto per amore, per soldi, o per carenza di alternative?
«Arrivai nel 2000: dopo Del Piero e Birindelli sono lo juventino più anziano. Questa sarà l’ottava stagione. Non aggiungo altro».

Non ha risposto.
«Invece sì».

Gli avversari più tignosi?
«La coppia Nesta-Maldini. Ironia della sorte, proprio al Milan firmai il mio primo gol in campionato».

E Materazzi?
«Mai avuto problemi, con Marco. Anche se ho una sorella...».
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