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JUVENTUS

Ultimo Aggiornamento: 15/03/2011 15:35
07/11/2007 14:17
 
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Al ballottaggio da una vita, o quasi, nella valutazione degli allenatori, nei giudizi dei cronisti, dentro le chiacchiere dei telepredicatori ora, per la prima volta in quattordici anni, s’intravedono cali di fiducia in quello che, dai primi fenomenali calci, per Alex Del Piero è stato un solido e fedele bacino di preferenze: il pubblico bianconero. Lui e la Juve, per la maggioranza silenziosa e non, sono (o erano) una sola cosa. I primi, non sempre timidi, dissensi planano sulle mail spedite ai giornali e sui forum di internet, cui manca la scientifica rappresentatività di un’indagine demoscopica, non però la capacità di scovare le virate degli umori.

L’ultima boa, è stata la notte dell’Inter, dove il capitano si è battuto ma non ha brillato: «Miei cari amici juventini, rassegniamoci, il Pinturicchio ormai è sulla strada del tramonto», spiegava una mail, dal titolo piuttosto chiaro: «C’era una volta Del Piero». Il numero dieci resta molto amato, ovviamente, perché nella storia (e nei successi) dell’ultima decade bianconera ci sono molte sue nobili pedate, fra scudetti, Champions League e Intercontinentale. Ma lo sport, si sa, tritura in fretta il passato, pure sfolgorante, e riscrive gerarchie a ogni serata. «Grazie per tutto quello che hai fatto, e non intendo solo i 220 gol, ma se davvero ami questa maglia, non più di 15 minuti a partita, please, possibilmente se stiamo già vincendo 2-0». E ancora: «Grande rispetto per il capitano, ma bisogna rassegnarsi a farlo stare in panchina e farlo entrare massimo una mezzoretta. O farlo giocare dall’inizio solo se Trezeguet e Iaquinta svengono in allenamento».

Tutte parole che, in teoria, Del Piero può spazzar via ogni domenica. Finora il suo cammino stagionale parla di tre gol in dieci partite, pure decisivi, come la rete contro il Genoa. Ma racconta pure di esiti non splendenti negli incroci d’alta quota: rigore sbagliato a Roma, panchina a Firenze e i tribolati settanta minuti con l’Inter. L’impressione è che l’irruenza fisica di Iaquinta, per adesso, sia decisamente più utile al resto della compagnia. Non a caso, s’è allontanata la maglia azzurra e riafferrarla non sarà così semplice. Impossibile per Fabio Capello: «Penso che sia una vicenda chiusa», ha detto lunedì l’ex tecnico bianconero, sulle possibilità di Alex con l’Italia. Quello che dovrà cambiare idea, però, è Roberto Donadoni: «La mia posizione è sempre la stessa - ha detto ieri il ct - perché le porte non le ho chiuse a nessuno. Se Del Piero farà bene, verrà chiamato, come tutti gli altri».

Chi lo difende, invece, è il presidente bianconero Giovanni Cobolli Gigli, anche nella prova con l’Inter: «Ha mostrato grandi colpi di classe e credo che nei prossimi anni continuerà a dare il suo contributo di classe. E il nostro allenatore lo saprà utilizzare con intelligenza». Fiducia quasi scontata, avendo firmato meno di un mese fa un prolungamento biennale da quattro milioni di euro a stagione. Punta su Del Piero anche Massimo Giletti, credente bianconero: «Il capitano non si discute, perché le bandiere si amano, e basta. Serate così così possono capitare a tutti e poi uno come lui va valutato anche come uomo, come punto di riferimento per lo spogliatoio. Alex è uno che ha accettato di restare in serie B, pur avendo alternative, e queste sono qualità umane non indifferenti. E non ricambiare tutto questo affetto e attaccamento, non sarebbe stato da Juve». Vota per il capitano anche Moreno Torricelli, che con Del Piero vinse molto negli anni ‘90 e ora studia da allenatore: «Il fisico non può essere quello di dieci anni fa, ma Alex ha ancora i colpi per fare la differenza, anche ad alti livelli». Domenica, il prossimo ballottaggio.
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