«Hamsik stellare è il mio Lampard»
Reja, alla sua età...
«Certe cose non si fanno, vero? Invece è bello essere lassù tra le grandi. Dà una sensazione piacevolissima. Ma io resto all’antica e non mi monto la testa ».
Ma la prima volta in zona Champions inebria.
«Manco per sbaglio. La mia serie A, in passato, è stata condensata in fugaci apparizioni, destinate alla sofferenza pura. Ora a sessantadue anni, qui a Napoli, m’è stata addirittura offerta l’opportunità di potermi misurare in Europa. Vivo alla giornata, chiaro, ma vivo di lusso » .
Intanto, avete fatto fuori anche il Palermo.
«La miglior squadra affrontata in questi quattro turni. E prima c’erano toccate la Roma, la Fiorentina e l’Udinese. Più esattamente, direi che è l’avversario che ci ha messo più in difficoltà. Ha un’ampia rosa, ha un allenatore preparato, farà strada».
Tra lei e Ballardini è stata una sfida a scacchi.
«Ho anche io un gruppo di ragazzi dotati e certe cose mi sono concesse dall’abbondanza e dalla varietà dell’organico. Sapevo che sarebbe stata una serataccia, ma non pensavo così tanto. Alla fine, però, vincere è ancor più bello».
La chiameranno stratega: e pensare che le davano del difensivista.
«Certe etichette nascono così e ti restano appiccicate addosso. Ma questo Napoli ha sempre cercato di divertire: poi magari in passato non ci è riuscito, ma adesso sì, è da un po’ che appaga il palato. Con il Palermo le ho provate tutte, ho lasciato libero Liverani dando agli attaccanti la responsabilità di pressarlo- poi gli ho spedito addosso Hamsik, poi Pazienza; e intanto, cambiavamo anche altrove. Ma c’è voluto sudore per conquistare questi tre punti».
Andiamo per ordine: questo Hamsik non finisce mai di stupire.
«Ha una corsa a strappi che ti dilania. Il gol è una sua specialità, a volte l’uno sembra la fotocopia dell’altro. Lui va ad aggredire lo spazio, ma soprattutto ruba il tempo a chiunque. Con il Palermo, aveva Carrozzieri davanti e Nocerino alle spalle: ha infilato il piedino e via...».
Di corsa verso la sua panchina, ad abbracciarla.
« E’ un ragazzo d’oro, con la testa d’un trentenne. E’ nato calciatore. E farà strada».
Giochiamo un pochino: chi le ricorda, lo slovacco, nel suo modo di essere?
« In passato, mi sembrava avesse l’istinto di Doni. Ma è meno muscolare. In fase di formazione. Per capacità di cogliere i momenti buoni e per istinto del killer, mi viene da pensare a Lampard, ma con struttura fisica diversa e anche caratteristiche differenti ».
Il suo “ figlioccio” Zalayeta prima l’ha un po’ delusa e poi s’è fatto perdonare.
«La considerazione sulla sua condizione fisica precede ogni tipo di discussione: è in una forma fisica straordinaria. Io non credevo che potesse stare così, non ci pensavo neppure lontanamente. E poi, a tre giorni appena dall’Udinese».
Con la Fiorentina - al sabato - però s’arrabbiò per essere stato escluso dalla formazione titolare e preferì andare a casa. Via dal ritiro.
«Che devo dire? Aveva capito prima di me che se la passava benissimo, che aveva forza nelle gambe e corsa e resistenza. Dunque, forse aveva veramente ragione lui....».
E’ addirittura più potente, oggi.
«Ha voglia di riprendersi il tempo perduto. E’ uscito dall’infortunio con una determinazione ancora piùà accentuata rispetto al passato. Contro il Palermo, persa una palla, rincorreva l’avversario per riconquistarla. Ha fame di calcio, di gol e di vittorie».
Le manca Lavezzi?
« Lavezzi manca a chiunque, ovviamente. Ma tornerà. Il Benfica è una tappa importante per noi. Penso e spero che stia bene per quel giorno».
A uno del genere non si può rinunciare.
« Riflettevo sulla sua natura: è alto un metro e settantadue e pesa settantasette chili. Tutta massa. Che lo fa schizzare via in maniera impressionante, su palle apparentemente irraggiungibili. Se riesce anche a trovare la porta con continuità, diciamo se diventa uomo da doppia cifra, allora c’è da starne alla larga per tutti».
A proposito, l’esplosione di Zalayeta lascia scivolare in secondo piano Denis, la scommessa estiva.
«Ma io di Denis sono soddisfatto, eccome. L’altra sera gli ho chiesto sacrifici, era lui più del panterone a doversi abbassare su Liverani. Ma non stava benissimo, aveva avuto un po’ d’influenza. E purtroppo se le gambe non vanno come devono e il fiato viene meno, alla lunga paghi. Impossibile pensare, d’altro canto, che stiano tutti sempre benissimo ».
Questo Napoli non si ferma mai.
« E’ il dato più incoraggiante: granda capacità non solo di corsa, ma anche di tenuta. Un merito che va diviso con l’intero staff, con Viviani, Febbrari, Facciolo. Ma anche con medici, massaggiatori, magazzinieri. Questo è un club proiettato nel futuro, che non lascia nulla al caso » .
Il quarto posto solletica la fantasia.
«Io devo ragionare da allenatore. E da tecnico dico: siamo alla quarta giornata. Possiamo essere soddisfatti di noi stessi, di quello che stiamo facendo. Non dobbiamo mollare, perché il calcio moderno richiede applicazione a getto continuo. Manco finito di giocare il Palermo e negli spogliatoi già pensavo al Bologna.
Vero, mi creda».
Sempre convinto che Napoli l’abbia ringiovanita?
«Sempre di più. E’ la mia seconda giovinezza, una città fantastica che non posso vivere appieno, perché qui c’è sempre tanto da fare. Ma le soddisfazioni che mi sta dando, mi ripagano. Sto impreziosendo la mia carriera».
C’è qualcosa che la stanca, di questo calcio?
«Intanto, mentalmente, è fatica. Liberi di prenderla con leggerezza, ma tu archivi una sfida e devi già catapultarti nella prossima. E’ da luglio che stiamo giocando ed abbiamo avuto solo un attimo di pausa».
Vincere però alleggerisce la tensione.
« Aiuta, eccome. Ma io sto pensando ora alla gestione dei prossimi due match: prima il Bologna, poi subito il Benfica. I successi durano sempre fino alla prossima partita, come si sa».
Cos’altro non le va a genio?
«L’attesa per le interviste in tv. Capisco Mourinho. Stare quarantacinque minuti lì, quando hai appena consumato il tuo sistema nervoso, non è rilassante».
Torniamo in campo: il nuovo Gargano è una garanzia.
« E’ il giocatore che ha costruito il maggior numero di assist. Ha una elasticità ed una resistenza insospettabili. Va ben oltre i novanta minuti. Ed ha ancora la possibilità di evolvere la sua natura ».
L’ultima vittoria è sempre la più bella?
«Si dice così, aspettando quella successiva. Ma l’anno scorso abbiamo fatto grandissime cose. Perché battere Inter, Milan, Juventus, Sampdoria, Udinese e Fiorentina al San Paolo è un’impresa mica da poco. Solo che quello è il passato, ora viene il futuro».
Che ispira sogni.
«A me tocca essere realista e lavorare. Andare in campo ogni tre- quattro giorni implica scelte, a volte anche dolorose. Quello che si chiama turn over è una esigenza nata negli ultimi anni, ai miei tempi si giocava alla domenica, alle due e mezza. Ora c’è l’anlo, ticipo, il posticipo, l’Intertoto, l’Uefa, la Coppa Italia. Siamo in ritiro dal 3 luglio. Ma va benissimo, finché dura».
E durerà?
« Lo sa lei? Io mi auguro di sì. Questo Napoli sta stupendo anche me. Di anno in anno » .
Chissà cosa dirà il suo amico Capel-
che le spedì Zalayeta?
« Fabio è amico mio al di là di questa indicazione. Lo è dai tempi della Spal, avevamo sedici anni. Le stagioni sono sfilate via, ma il rapportio resiste forte, fortissimo, inattacabile » .
137 partite, terzo nella classifica degli allenatori più longevi - per continuità - del Napoli.
« Pure questa è gloria. Ma è anche la testimonianza della bontà del progetto- Napoli, realizzato con passione e competenza da De Laurentiis e Marino a cui devo gratitudine. Essere al centro di un’avventura fantastica come questa non pensavo potesse rappresentare la mia realtà, cinque anni fa. Io, invece, qui mi sento in famiglia, avverto la stima e la considerazione e la testimonianza di tutto ciò arriva proprio dalle statistiche. I numeri non mentono » .
A proposito di famiglia, il segreto di Reja è in casa.
« Mia moglie Livia e mia figlia Elisabetta sono il centro della mia esistenza. Le gratificazione che la carriera m’ha dato le devo anche e soprattutto a loro » .
Gli inizi non sono stati facili, ma il peggio è passato.
« Se uno, razionalmente, riflette, deve porsi anche alcune domande: a gennaio 2005, quando sono arrivato, cioé tre anni e mezzo fa, eravamo in serie C. E’ evidente che c’è del buono in quello che stiamo facendo. E tutto ciò, mi creda, azzera immediatamente qualche passaggio buio del passato. D’altro canto, pure nelle favole ci sono momenti d’apprensione, di sconforto, di tensione » .
Dal Palermo al Bologna cosa cambia?
« Banalmente le dirò che ogni gara fa storia a sé, che è diversa per configurazione dell’avversario. Non ho avuto ancora modo di studiare l’atteggiamento tattico degli uomini di Arrigoni, perché volevo un attimo gustare questa vittoria di mercoledì. Però ho già valutato alcune situazioni che riguardano noi in funzione del turnover. E’ duro il mestiere dell’allenatore: mercoledì, ad esempio, fino ad una certa ora aveva pensato di giocare con Rinaudo. Poi ho saputo che c’era Miccoli, ho fatto valutazioni sul suo modo di allargarsi, indietreggiare, ed ho preferito Aronica. Devi essere sempre vigile » .
E Bologna e Benfica come si battono?
« Se pure lo sapessi, non lo direi. Ma non lo so. Ci provo. Ci proviamo » .
Sette vittorie e due pareggi fanno nove risultati utili: serve prima un bel dieci, poi la lode....
« Sono scaramantico anche io, ormai » .