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INTER

Ultimo Aggiornamento: 04/07/2010 22:37
29/01/2008 10:14
 
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Prendono la parola Ancelotti, Spalletti, Ranieri, Prandelli. All’incontro degli allenatori (e dei capitani) di serie A con gli arbitri, dei big tace solo Roberto Mancini. Continua il suo silenzio, interrotto domenica per regalare alla tv di casa nerazzurra una battuta al vetriolo: «Vorrà dire che in Coppa con la Juve giocheremo subito in 10». L’Inter domina il campionato ma nel 2008 è balzata in testa anche alla classifica delle polemiche arbitrali. Prima, accusata di essere favorita come «quella» Juve.

Poi, a Udine, il «rosso» a Cesar e il gol annullato a Ibra che l’hanno fatta passare dalla parte di chi si lamenta, la più numerosa a casa nostra. Malumori che Mancini ieri s’è tenuto dentro, sentendo parlare Gussoni, Collina e pure Rosetti, il fischietto del «Friuli». Nella pancia dell’Auditorium milanese, che ha ospitato anche la consegna degli Oscar del calcio 2006/7, è invece tornato a parlare Massimo Moratti. Non ha ritirato premi ma ha fatto pubbliche relazioni. Importantissime, di questi tempi. Due chiacchiere con Abete e Matarrese, 10’ fitti fitti a colloquio con Collina in zona buffet, mentre i vip s’ingozzavano di tartine. Questioni tecniche, dubbi, chiarimenti. E, alla fine, una mano stesa in segno di collaborazione. «C’era tempesta, burrasca - ha confessato il presidente interista -. Adesso abbiamo solo abbassato un po’ le vele. Bisogna farlo, aspettando che torni la bonaccia».

Il discusso arbitraggio di Rosetti è ancora fresco. È stato figlio delle polemiche delle settimane precedenti? «Probabilmente sì. Umanamente, è anche comprensibile, con tutto quel can can. Rosetti per me resta uno dei migliori arbitri. A Udine, però, ci ha penalizzati». Nessun fischio al contrario potrà però fare arrabbiare Moratti - intenzionato a seguire l’Inter all’Olimpico domani in Coppa Italia - quanto il recente accostamento alla Juve della Triade: «La nostra posizione è totalmente diversa. Io mi sento com’ero prima. E come prima vedo anche gli arbitri: non noto una gran differenza con il passato. Loro cercano sempre di fare il meglio possibile. E francamente non mi sembra una buona idea andare a pescare all’estero. Non se so torneremmo a casa soddisfatti».

È quel che crede, inevitabilmente, Pierluigi Collina. Per anni, non ha mai avuto bisogno di scusarsi. È stato il Migliore, l’arbitro perfetto o quasi. Da luglio, però, è sceso sulla terra. Ha scelto, ben remunerato, di guidare i suoi eredi in una missione praticamente impossibile: passare inosservati dirigendo la nostra serie A. Buona parte dei suoi primi 7 mesi da designatore, in effetti, l’ha trascorsa a difendersi, a far scudo al suo gruppo rivoluzionato da Calciopoli. Ieri, per proteggerlo dagli attacchi incrociati delle ultime settimane, è anche arrivato ad ammettere: «Gli errori evidenti ci sono sempre stati. Ne ho commessi anch’io. La differenza, adesso, la fa la tecnologia. Non è corretto giudicare un arbitro per un episodio vivisezionato da 20 telecamere che a volte non arrivano nemmeno a stabilire una verità inconfutabile».

Non ha senso, assicura Collina, nemmeno pensare che si possa risolvere il problema all’estero. «In Francia, Spagna e Inghilterra ci sono le stesse polemiche, se non peggio. E dove dovremmo andare a pescare, se non lì? La verità è che Uefa e Fifa continuano ad avere grande considerazione per gli arbitri italiani». L’altra verità, però, è che nell’orticello di casa nostra ce l’hanno tutti con loro. Le piccole perché non sono considerate, le grandi perché adesso pare esista anche la sudditanza al contrario. Sbraitano davanti a microfoni e taccuini il sabato e la domenica, fanno sdegnosi silenzi stampa di protesta. Si lamentano, com’è sempre accaduto, sperando di essere in qualche modo risarcite al giro successivo. Poi, però, al cospetto di Collina abbassano i toni.

Com’è successo ieri. «Dialogo costruttivo», hanno detto tutti. Chiarimenti su fuorigioco, trattenute in area, cartellini. Un clima di collaborazione destinato a durare fino alla prossima partita o poco più, come insegna la storia. In più, qualche proposta da prendere in considerazione. Una l’ha fatta Claudio Ranieri. «In Inghilterra alla fine di ogni partita l’allenatore invece di lamentarsi in pubblico compilava un foglietto con le sue osservazioni sull’operato dell’arbitro. Perché non lo facciamo anche qui?». Collina ha detto che ci penserà. Noi diciamo che l’abbiamo già fatto, a fine anni Novanta. Il «cahier de doléances» lo compilavano i dirigenti delle società. È durato due anni, poi è caduto nel nulla.

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