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Sulla scrivania del manager del Chelsea - nello spazioso ufficio sopra la piscina e la palestra del modernissimo centro tecnico di Cobham con terrazza sui campi d'allenamento e vista sulla campagna del Surrey - occhieggiano i giornali col nome di Terry in prima pagina: il traditore-fedifrago è ancora sotto processo quotidiano. Ma il 2-0 di domenica all'Arsenal a Stamford Bridge, con tanto di giro d'onore per il capitano, ha cominciato a spostare l'attenzione verso il duello di Champions con l'Inter, il 24 febbraio a San Siro. Le due primattrici di Premier League e Serie A si sfidano negli ottavi di finale: troppo presto, perché solo una potrà andare avanti.
Ancelotti, Inter-Chelsea sarà "Special One" contro "Normal One"?
"La definizione non mi piace, io la metto su un altro piano. Mourinho qui ha lasciato un segno, soprattutto nell'organizzazione della società. Non sarà Mourinho-Ancelotti, ma una sfida durissima. A noi non poteva capitare di peggio, a loro nemmeno".
Mourinho è un provocatore che sguazza nelle polemiche o un manipolatore dei media?
"Il suo è un modo per distogliere l'attenzione dalla squadra e finora ha funzionato. L'Inter ha ribaltato partite completamente perse, nessun'altra squadra c'è riuscita".
Come pensa di batterla?
"Giocando al 100%. Loro alla grande solidità hanno aggiunto qualità, con Milito e Sneijder. Però noi abbiamo tutto, fisico e qualità: possiamo vincere in tanti modi diversi. La Premier è un campionato difficile. Rispetto all'Italia, qui le piccole sono meno tattiche ma più fisiche. In casa dell'Hull City, 1-1, non c'era un avversario sotto l'1,85".
Rimpiange i processi italiani a base di moviole?
"No, questo mai. Qui il calcio si vive meglio, l'atmosfera non è avvelenata come in Italia".
Sarà, ma a nessuno del Milan i giornali hanno mai controllato il conto in banca, né ha mai avuto i paparazzi in bivacco sotto casa.
"Se è per questo, per Terry l'altro giorno hanno scomodato pure un elicottero. E' un limite il volere cercare lo scoop ad ogni costo".
Scoop premiato dal successo: Capello gli ha tolto la fascia di capitano dell'Inghilterra.
"Al Chelsea l'ha mantenuta, perché non mi occupo della vita privata dei giocatori, a meno che non incida sul loro rendimento. Per me e per il club lui è un grande capitano, un serio professionista, un leader e un calciatore con grande senso di appartenenza, visto che è cresciuto nella Chelsea Academy".
Però per lui e per i suoi compagni questa storia è il peggiore approccio possibile al duello con l'Inter.
"Garantisco che non ha toccato minimamente la squadra, prepareremo bene la Champions".
E lei, che tre anni fa col Milan vinse la Coppa Campioni contro tre inglesi in semifinale, stavolta potrebbe contribuire a fare perdere un posto in Champions al calcio italiano.
"Non ci avevo pensato. Fa parte del lavoro. Dai il massimo per il club che ti ha assunto".
"Magari fossi venuto prima in Inghilterra": è vero che è una sua frase?
"E' vero, per l'esperienza di vita. Ma io stavo al Milan, mica alla Pinzillachese. Ed è vero nel senso che ero arrivato con qualche preoccupazione: il Paese nuovo, le difficoltà della lingua. Invece ho trovato un club organizzatissimo: basti pensare ai 32 campi, sempre perfetti. E un paese unico per la civiltà della gente, dove puoi vivere davvero tranquillo. Io ho scelto la campagna di Oxshott, a due passi da Cobham. Ma vado a Londra spesso, la trovo magnifica".
Che cosa le piace di più?
"Perdermi nei suoi tanti quartieri, è una grande città a misura d'uomo. E poi il fatto che tutti rispettino le regole. Adesso che ho imparato le strade e la guida a destra, mi muovo in auto. Beh, se sbagli, qui ti bastonano sul serio. L'ultimo è stato Ashley Cole, gli hanno tolto la patente per 4 mesi per eccesso di velocità".
L'emilian humour funziona sempre?
"Non mi lamento. Siccome piove ogni giorno, quando mi dicono che è una bella giornata io racconto di Giulio Cesare, che è stato tanto tempo qui, ma alla fine ha preferito la costiera amalfitana. E con i giornalisti scettici ho scommesso che, se al mercato di gennaio avessimo acquistato qualcuno, mi sarei spogliato nudo. Per loro fortuna ho vinto la scommessa, tanto non mi serviva nessuno, la squadra andava bene così".
L'età media è alta: Abramovich l'ha chiamata perché lei al Milan era abituato ai vecchioni?
"La carriera si è allungata, oggi a 30 anni uno è all'apice. Conta la qualità. E al Chelsea ce n'è tanta".
Con i giocatori si arrabbia sempre in italiano?
"No, ora in inglese: dico fuck off. E alcuni tra loro hanno imparato a dire vaffa".
Fa ancora il tifo per il Milan?
"Certo. Inizio stentato e ottima ripresa, fino alla sconfitta nel derby, che ha tolto un po' di entusiasmo".
Dica la verità: lei il 4-2-1-3 di Leonardo non l'avrebbe mai varato.
"Leo ha cercato di mettere più qualità, facendo convivere Pato, Seedorf, Borriello e Ronaldinho. Se ci fosse stato ancora Kakà, sarebbe stato un po' complicato".
Su Ronaldinho aveva sbagliato lei oppure no, sentite le voci sulla sua allegra vita privata?
"La sua vita privata riguarda solo lui: non mi sono piaciute le insinuazioni che ho letto in questi giorni. Tecnicamente, finché sul campo mi dava certe garanzie, Ronaldinho ha giocato. Quando non me le ha più date, sono stato costretto a dargli meno possibilità e lui di sicuro ne ha sofferto".
Sente Leonardo?
"Spesso. Ci confidiamo. Il ruolo di allenatore gli piace, ci ha preso gusto. Sicuramente può aprire un ciclo al Milan".
Se è così, dovrà imparare da lei ad abituarsi alle invasioni di campo di Berlusconi, come l'ultima censura a Galliani per l'acquisto di Amantino Mancini.
"Ma Leonardo già è molto diplomatico di suo, è una qualità naturale. La vicenda di Mancini non l'ho seguita, mi spiace".
In compenso si sarà immedesimato in Ferrara, rimosso dalla panchina della Juve.
"La mia era una situazione diversa, io ero alla fine di un ciclo di due anni in cui non avevo vinto. Stavolta la Juve arrivava da un'ottima stagione, secondo me ha fatto bene a puntare sull'entusiasmo e sul coraggio di Ferrara e sul mercato: Diego per me è un campione. Poi si è guastato qualcosa, da lontano è difficile dire che cosa. Sono esperienze che formano, ma Ciro è stato sfortunato. All'inizio, a Reggio Emilia e a Parma, capitò anche a me di passare momenti difficili, solo che ebbi la fortuna di essere aspettato e la squadra si riprese".
Ha ragione Capello a dire che i club italiani sono ostaggio degli ultrà?
"Non so se sia questione di ultrà, ma di sicuro Capello ha sottolineato una differenza che è sotto gli occhi di tutti. Gli stadi italiani sono mezzi vuoti, quelli inglesi sempre pieni. C'è un malessere e ha fatto bene a segnalarlo".
Che rapporto ha col ct dell'Inghilterra?
"Ci siamo sentiti e visti, qualche volta".
Lo sa che non c'è tabella sul ct del dopo Lippi in cui manchi il nome di Ancelotti?
"Sì, ma nel dopo Lippi io non ci sarò, ho un contratto col Chelsea. Mi candido per il 2030, quando l'Italia rivincerà il Mondiale. Ho studiato le statistiche, nel dopoguerra vinciamo ogni 24 anni e andiamo in finale ogni 12. Quindi, nel 2018, la finale persa la lascio a un altro".
A Prandelli?
"La rosa dei pretendenti mi sembra ristretta, lui è uno tra i migliori tecnici italiani".
A proposito di Giulio Cesare, le è mai venuto in mente il "veni, vidi, vici" adattato alla sua Britannia?
"Ovvio. Sono venuto, sto vedendo e prima di andarmene vorrei vincere la Coppa d'Inghilterra, la Premier e ovviamente la Champions. Ma non ho fretta, la concorrenza qui è forte. Se vogliamo giocare ai paragoni, il Manchester United è l'Inter, il Liverpool la Juve, l'Arsenal la Roma, il Manchester City la Fiorentina. Ma io mi prendo l'accoppiata Chelsea-Milan: se ripetessi certi risultati, non sarebbe male, no?". |