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Oltre al risultato - abbastanza choccante anche se non del tutto compromettente - c'è molto di simbolico nel 2-0 del Barcellona all'Inter. E' il trionfo, da una parte, di un modello vincente e che certo non aveva bisogna di questa partita per ribadirlo - basta una Champions League vinta contro il Manchester United no? - e dall'altro la conferma che una squadra il carisma internazionale non se lo può dare solo a colpi di milioni.
Il Barcellona è il trionfo della "cantera", il vivaio azulgrana che coltiva i suoi piccoli grandi campioni che un giorno diventeranno Messi e Iniesta. L'Inter non è sostanzialmente un modello, perché tale non possiamo considerare l'insieme di giocatori che poco condividono l'uno con l'altro se non il ricchissimo ingaggio fornito da Massimo Moratti. A Barcellona, come infinite altre volte, l'Inter si è presentata con una squadra interamente "straniera", non che questo debba scatenare assurdi impeti nazionalistici - e del resto è ormai una connotazione antica rivendicata anche un certo orgoglio da Moratti - ma è chiaro che "far gruppo" all'Inter è decisamente più difficile. Ognuno ha una storia diversa, quasi nessuno è cresciuto insieme a un altro, ci si ritrova insieme per puro spirito professionale. L'unico italiano entrato Mario Balotelli, giovane giocatore tra l'altro con troppe attenzioni addosso. Di Santon altro bel giocatore del vivaio dell'Inter si sono perse le tracce. Mourinho un po' benedice i due giovanotti e un po' li divora.
Già il nome stesso - la cantera - ha un significato estremamente profondo: la cava. Dà un'idea di stabilità, di profondità, di un qualcosa fortemente calato nella tradizione e nel sentimento di un grande club (spagnolo). Non si vince semplicemente perché si appartiene alla cantera, ma questo fornisce certamente uno scopo comune a tutti, è una vita vissuta insieme. Fin da ragazzini. La cantera è una caratteristica comune a molti club spagnoli, ma nel Barcellona assume significati particolari: se la quasi totalità dei giocatori che si schierano in Champions League provengono dal vivaio, vuol dire che c'è del coraggio e soprattutto del metodo.
Victor Valdes, Piqué, Puyol, Xavi, Busquets, Iniesta, Pedro:7 titolari su 11 del match contro l'Inter venivano appunto dalla cantera. Viene dalla cantera anche Bojan Krkic, serbo, e lo stesso Messi, fenomeno argentino e pallone d'oro, è cresciuto nel vivaio del Barcellona prima di diventare star della prima squadra e del mondo. Lo stesso Josep Guardiola, il giovane allenatore 38enne che al suo primo anno come allenatore della prima squadra ha vinto la famosa triplete (Liga, Coppa del Re e Champions League), viene dal vivaio. Parlano tutti la stessa lingua, in senso molto lato, sono azulgrana nel profondo. Ibrahimovic ovviamente è l'eccezione a tutto questo. E infatti come operazione di mercato da parte del Barcellona, non è stata del tutto spiegabile...
L'Inter si è presentata a Barcellona col suo solito puzzle di brasiliani e argentini, una squadra che sulla carta non è poi così inferiore al Barcellona (consideriamo che ieri infatti sia Ibra che Messi non erano in campo). Nel primo tempo non c'è stata quasi partita, e non è accaduto soltanto a Barcellona, anzi è una costante. Mourinho si è presentato con due punte, e non se l'è giocata col cuore e con l'istinto come invece - preso dalla disperazione - aveva fatto a Kiev quando nel secondo tempo schierò tutti gli attaccanti a disposizione. Allora avevamo pensato a un'Inter coraggiosa che forse sarebbe andata a Barcellona con tre punte, come del resto aveva fatto Leonardo col Milan a Madrid. Anche Mou ha giocato prudente e al ribasso.
L'Inter in campo internazionale non ha ancora una coscienza di se stessa, un fuoco interiore che le dia coraggio. Anzi è una squadra che ha paura e che non riesce soprattutto a superarla. Forse è colpa di Mourinho che non è riuscito a dare all'Inter un timbro internazionale - e ce lo aspettavamo tutti - ma il difetto è molto molto più antico. Addirittura precedente alla stagione di Mancini. In Italia le partite vengono vinte di forza, con una superiorità schiacciante. In Europa non basta, un insieme di campioni non è necessariamente una squadra perfetta.
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