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INTER

Ultimo Aggiornamento: 04/07/2010 22:37
13/09/2008 23:06
 
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MILANO, 13 settembre 2008 - L'Inter batte il Catania grazie a due autoreti, che rimontano il gol a fine primo tempo di Plasmati. Ma Mourinho, che con questa fa 99 gare casalinghe consecutive senza sconfitta, può gioire per il bel gioco messo in mostra dai nerazzurri, in dieci per tutta la ripresa dopo il rosso di Muntari, e per il debutto positivo di Quaresma, che sulle fasce ha fatto vedere cose egregie assieme soprattutto a Maicon.
RIVOLUZIONE - Mourinho cambia tutto rispetto alle attese: in avanti c'è il solo Ibrahimovic, con Figo, Balotelli e Quaresma a supporto. In mezzo al campo con Muntari c'è Vieira, in difesa accanto a Materazzi tocca a Burdisso. Nel Catania Zenga, accolto dagli applausi di San Siro, sceglie Plasmati al centro dell'attacco spedendo Paolucci in panchina.
DOMINIO - L'Inter controlla il gioco da subito, cercando spesso l'ispirato Quaresma e sfondando sulle fasce con la spinta dei terzini. Sulla sua strada l'Inter però trova Bizzarri, che intercetta quasi tutti i palloni che arrivano a centro area dalle fasce. Il rischio più grosso la squadra di Zenga lo corre alla mezz'ora, quando Muntari tocca in qualche modo un cross da sinistra di Quaresma costringendo Bizzarri al miracolo.
BOTTA E RISPOSTA - Al 42' il Catania passa al primo vero affondo dalle parti di Julio Cesar: Tedesco mette in mezzo dalla sinistra, Plasmati svetta di testa e porta in vantaggio gli ospiti. Ma i siciliani non hanno nemmeno il tempo di esultare che vengono raggiunti: Quaresma prova l'ennesima trivela sporcata da Mascara, la cui deviazione trae in inganno Bizzarri che non può fare altro che raccogliere la palla in fondo al sacco.
ROSSO - Prima di rientrare negli spogliatoi l'Inter si ritrova in dieci per l'espulsione di Muntari, che rifila una manata in faccia a Tedesco. Gli animi si accendono, e restano caldi anche quando Damato manda tutti sotto la doccia. Poi l'intervento delle panchine riesce a far tornare la calma.
DUBBIO - L'Inter riprende alla grande la ripresa e già dopo tre minuti si ritrova in vantaggio: Maicon batte una rimessa laterale da destra, Terlizzi colpisce di testa all'indietro, la palla batte sul palo interno e per l'arbitro basta a concedere il gol ai nerazzurri, anche se le immagini non chiariscono.
CONTROLLO - Il Catania subisce il colpo psicologico dello svantaggio, rischiando di capitolare al 58' quando Burdisso manda alto una deviazione da due passi. Il gol in più e l'uomo in meno suggeriscono all'Inter di controllare la partita, con Mourinho che toglie Balotelli per inserire Cambiasso. I nerazzurri arretrano il loro raggio d'azione, ma il Catania non ne approfitta nemmeno quando Zenga lascia il 4-3-3 per un più offensivo 4-2-3-1.
MANCINI - Al 78' Mourinho toglie Quaresma (positivo il suo debutto) per dare spazio a Mancini: l'ex della Roma fa il diavolo a quattro, mettendo in mostra una grande intesa con Ibrahimovic che porta lo svedese a sbagliare un contropiede orchestrato col brasiliano solo davanti a Bizzarri. Il portiere del Catania si supera poco dopo quando l'asse Mancini-Ibra produce un'altra occasione da gol. E' l'ultima emozione del match, che regala all'Inter la prima vittoria della stagione.
19/09/2008 08:36
 
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Toh chi si rivede, Massimo Moratti. Era dai tempi dello scudetto che ci eravamo persi di vista. Tutti i brividi in quell’ultima giornata. Parma, la pioggia, la Roma che fa il sorpasso, poi da una nuvola scura sbuca Ibrahimovic. Due gol antologici. L’indomani la Gazzetta esce con questo titolo: "L’uomo dei sogni".
Moratti ricorda come, travolto dall’euforia, incorse in qualche gesto scostumato, poi racconta che fu costretto a comprare in una bancarella un paio di bandiere nerazzurre da piazzare nell’auto: "Sarebbe stata una vergogna esserne privi". Del suo essere tifoso uno pensa di saper tutto, ma nuove frontiere si profilano. L’Inter è una fede e una condanna. "Una sola cosa è certa: costa cara". E io obietto che se uno vuol comprare tutti i giocatori del mondo, certo che si svena: leggo che puntate anche su Thiago Silva... Fa un gesto di diniego imbarazzante, che somiglia alle parole che escludevano l’ingaggio di Quaresma, poi regolarmente concluso: "Confesso di aver preso il portoghese di cattiva voglia, proprio per non lasciare buchi nel progetto di Mourinho. Ora bisogna vendere qualcuno, ma non è facile con gli stipendi che prendono all’Inter. Be’, inutile che mi lamenti: sono io a darglieli".
Caro Massimo, quando vincerai la Champions a oltre quarant’anni di distanza dall’Inter di tuo padre, potrai dire: operazione compiuta, adesso me ne vado. E qui risuona come replica la più grossa bugia del mese: "Se è per questo, avrei voglia di andarmene anche subito: ma come si fa?". Moratti s’illumina descrivendo la forza della squadra, il grado di maturità cui è pervenuta, la genialità di Ibrahimovic e il modo intelligente in cui il suo Mou lo impiega. Altro che andarsene, è una goduria. Che cosa ha — chiedo — questo Mourinho in più di Mancini, stipendio a parte? "Mi sembra che sappia trasmettere il proprio carisma alla squadra. L’Inter deve ancora migliorare nel gioco, ma la sua personalità si è vista ad Atene". Ogni accenno a Roberto Mancini risulta sgradevole: "Mi dispiace, lui aveva rotto con la squadra. Tenerlo sarebbe stato metterlo in balìa dei giocatori".
Tra una chiacchiera e l’altra, salta fuori anche il nome di Maradona. Diego è stato in Italia, ha pranzato in casa Moratti con tutta la famiglia, era in una di quelle serate speciali che lo rendono delizioso. E ha detto chiaro che lavorerebbe volentieri per l’Inter in Sudamerica e anche altrove. Vuoi dire no a Maradona? Non è da Moratti: "Penso che lo legheremo a noi, lui rappresenta un richiamo ancora grandissimo. E mi pare che adesso sia fuori dal tunnel".
Pensierino finale. Massimo, ricordi i lunghi anni in cui l’Inter non vinceva nulla e Juve e Milan collezionavano trofei? La vita adesso ti ripaga. "Pur ammettendo molti nostri errori, io la penso diversamente: ora non ci sono più imbrogli". Così parlò Moratti.
24/09/2008 09:28
 
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Ufficialmente non ci sono indagati ma dopo due anni d’inchiesta sulla quotazione del titolo Saras - la raffineria petrolifera in Sardegna della famiglia Moratti - una relazione del consulente nominato dalla procura di Milano (e non ancora depositata agli atti) sostiene che il titolo della società sarebbe stato gonfiato per la quotazione in Borsa nel 2006. L’operazione, s’ipotizza in un memorandum, riportato dal consulente, sarebbe servita per creare una plusvalenza che un ramo della famiglia, quella di Massimo Moratti, avrebbe utilizzato per coprire i debiti dell’Inter. Oltre a un contestuale danno per il mercato pari a 770 milioni di euro. «Sono calunnie, niente di più», ha commentato il presidente dell’Inter e amministratore delegato della Saras, Massimo Moratti, liquidando così le indagini condotte dalla Guardia di Finanza e coordinate dal pm Luigi Orsi. Moratti non ha voluto aggiungere altro «perché c’è un’indagine in corso».

Più tardi però la sua società, ha diffuso un comunicato nel quale ha smentito «fermamente di aver tenuto comportamenti scorretti in danno al mercato, confermando di aver operato in modo trasparente e assolutamente rispettoso della normativa vigente». Alla base delle polemiche le deduzioni del perito Marco Honegger incaricato dalla procura di analizzare l’operazione del collocamento in Borsa del titolo Saras. Secondo il professionista ad essere gonfiato di 60 milioni sarebbe stato in particolare l’utile del gruppo nel 2005, che avrebbe tratto così in inganno il mercato nel prospetto informativo diffuso per la vendita delle azioni. Honegger poi riporta alcune e-mail sequestrate dalla Gdf ai banchieri advisor per la quotazione.

E su una in particolare trae la conclusione che una parte della plusvalenza sia servita per ripianare i debiti dell’Inter. Si tratta di un messaggio di Emilio R. Saracho di Jp Morgan, il quale scrive a un collega: «Devi esser al corrente del fatto che abbiamo ottenuto 1,6 miliardi di euro, cioè da entrambi i fratelli, ma uno dei due deve ripagare 500 milioni di debiti e così quella parte non la vedremo per lungo tempo». Secondo il consulente si tratterebbe di debiti per la squadra di calcio.

27/10/2008 09:32
 
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Josè Mourinho sostituirà Sir Alex Ferguson alla guida del Manchester United già dalla prossima stagione, secondo quanto scrive oggi il giornale britannico News of the World. L’attuale tecnico dell’Inter sarebbe già stato contattato dal club inglese ed avrebbe espresso il suo gradimento per un ritorno in Inghilterra dove ha già allenato il Chelsea. Fantasie? Possibile. Il legame fra Mou e Moratti sembra solido e l'allenatore portoghese è legato all’Inter da un contratto in scadenza nel 2011. «Mourinho è il nome più gettonato. Ha la personalità e il curriculum indispensabili per raccogliere la pesante eredità di Sir Alex», dice un’anonima fonte dello United. «Anche Fabio Capello sarebbe un altro candidato, Ferguson lo stima moltissimo. Ma l’italiano ha già detto che l’incarico di commissario tecnico dell’Inghilterra sarà il suo ultimo lavoro nel calcio». ’approdo del portoghese ai campioni d’Europa è un’ipotesi plausibile anche secondo una fonte del Chelsea, il club che il lusitano ha vinto due edizioni della Premier League. «Josè ha sempre manifestato il suo amore per lo United, era quasi ossessionato e diceva di voler guidare il più grande club del mondo».
30/10/2008 09:02
 
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Una partita moderna, modernissima. In cui Fiorentina e Inter ne hanno praticamente fino alla fine per pressare stretto e muoversi in modo tatticamente accorto. Se si aggiunge la classe di portieri come Frey e Julio Cesar e si frulla tutto, lo 0-0 è inevitabile, a dispetto delle occasioni, che pure ci sono state. Un pari che fa scivolare l'Inter al quarto posto in classifica, un punto dietro al Milan e a due da Udinese e Napoli.
INTER DI TRAVERSA - L'Inter parte subito forte, decisa a mettere in difficoltà la Fiorentina. E un po' ci riesce, perché è vero che i viola reagiscono e ripartono, ma è pure vero che in difesa soffrono: una situazione che culmina nella traversa di Mancini, penetrato in area da destra come nel burro per un secco diagonale. Col passare dei minuti, però, i viola prendono le misure e guadagnano anche campo. La spinta viene soprattutto dalla destra, dove imperversano Comotto e Santana, dai cui piedi partono le prime occasioni per Pazzini e Osvaldo, in entrambi i casi di testa. Così ora tocca all'Inter giocare di rimessa, e a tratti mettere paura: come quando Mancini libera da par suo Ibra in area per un tiro in acrobazia che va fuori di un niente. Ma l'ultimo quarto d'ora si tinge nuovamente di viola, con un crescendo di opportunità che arriva fino alla splendida (ancorché contestata) punizione dal limite di Pasqual ad aggirare la barriera, su cui Julio Cesar si supera per respingere. Ed è su quella parata l'episodio più discusso: perché Pazzini ci sta arrivando, ma viene trattenuto da Burdisso, con l'arbitro Rosetti che dice di continuare a giocare. Così si va al riposo tra le polemiche.
LA RIPRESA - Si riparte con l'Inter di nuovo aggressiva ma anche con i viola che dimostrano subito di poter mettere apprensione, soprattutto dalla solita fascia destra. Il pressing resta stretto da entrambe le parti, per cui è difficile giocare. Servono forze fresche, e Mourinho le pompa con l'inserimento di Vieira e Crespo. L'Inter sembra guadagnarci, così Prandelli lo imita mettendo dentro Almiron e poi Jovetic. Tornano puntuali le occasioni per i viola: sono Gamberini e Pazzini a sfiorare il gol di testa. Poi ci prova Jovetic senza fortuna. E così puntualmente, sul campo del Franchi trasformato in scacchiera, il gol non arriva.
01/11/2008 13:23
 
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Due partite senza gol con Genoa e Fiorentina, e l’Inter perde la testa della classifica. Oggi, nel primo anticipo della decima giornata, i nerazzurri contro la Reggina devono sbloccare l’attacco se vogliono tenere il passo dell’Udinese e stare a guardare con qualche interesse cosa succede tra Napoli e Milan.

Josè Mourinho ammette che la sua squadra non è stata capace di trasformare le occasioni avute, ma nega nel modo più risoluto che ci siano problemi nella costruzione del gioco. «Una cosa è non segnare - spiega - un’altra fare fatica a costruire. A Firenze abbiamo creato quattro grandi occasioni da gol senza segnare, con la Roma invece in 10’ abbiamo trasformato tre tiri in altrettanti gol». E non è certo questione di moduli nè di numero di cosiddetti attaccanti "puri". «Col Genoa c’erano Ibra e Adriano e poi Ibra e Cruz, con i viola Crespo e Ibrahimovic». Il tecnico portoghese non fatica comunque ad ammettere che forse domani Adriano sarebbe stato importante. E non solo per la cabala che registra la sua rete decisiva l’anno scorso al Granillo.

Ma per uno come Mourinho prima di tutto vengono i principi: Adriano è ancora in castigo e resterà fuori finchè non avrà percorso tutta la via della redenzione. «Più importante è il rispetto per il gruppo e per la società - spiega - Adriano capira? Non lo so, posso dire però che se qualcuno si è dedicato al suo recupero, quello sono stato io. Ma poi arriva il momento nel quale io sono il leader di un gruppo dove ci sono delle regole e nessuno può essere speciale o diverso. Insomma il mio affetto è lo stesso, ma devo difendere il club, la squadra e i miei principi fondamentali». Per Reggio Calabria non è partito neanche Cruz, l’altro giocatore indicato tra i colpevoli dell’ira del tecnico dopo Inter-Genoa. Ma per l’argentino, che non si è allenato col gruppo, c’è la ’coperturà di un infortunio che lo ha reso indisponibile. «La gara di domani non sarà facile perchè loro non perdono spesso in casa, hanno bisogno di punti, si coprono bene e utilizzano diversi moduli. E poi hanno l’appoggio dei tifosi e vorranno ben figurare contro l’Inter».

Molti giudizi sull’attuale rendimento dell’Inter sono severi, ma Mourinho non ci sta, e - con una punzecchiatura verso i "cugini" - sottolinea che c’è molto equilibrio. «Quando il Milan era in difficoltà a inizio campionato e quando non avevano questi rigori per vincere, ho sempre sostenuto - afferma - che il Milan fosse una grandissima squadra e che presto o tardi avrebbe ricominciato a vincere». E «quando la Juve era in una situazione difficile io ho detto che sarebbe stata solo una questione di tempo. Non ho mai detto, che eravamo campioni, che eravamo davanti in classifica e che gli altri erano morti. Ho sempre espresso giudizi equilibrati sugli altri e i miei giudizi devono essere anche più equilibrati quando analizzo il rendimento della mia squadra». «Dalle critiche che leggo e sento sembra che siamo in grandissima difficoltà sia in campionato sia in Champions League, ma non è così», dichiara Mourinho.

E poi ci sono quei paragoni che tifosi e giornali cominciano a fare tra l’Inter dello scorso anno, quella di Roberto Mancini, e questa di Mourinho. Un accostamento che il tecnico portoghese rifiuta decisamente. «Solo un malintenzionato - dice - può fare dei paragoni che sono improponibili. Per esempio, ditemi dove erano l’anno scorso di questi tempi Napoli, Udinese e Milan. E poi, se proprio si vuole fare degli accostamenti, lo si faccia almeno in modo onesto, ricordando che l’Inter dello scorso anno a questo punto aveva perso la Supercoppa e la prima partita di Champions League». «A fine maggio - conclude - io mi siedo qui e rispondo a tutte le vostre domande».
02/11/2008 14:41
 
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Non è ancora l'Inter che Mourinho e i tifosi vorrebbero. Al "Granillo" Ibra e compagni vincono solo in extremis grazie a un gol di Ivan Ramiro Cordoba, ma i tre punti arrivano comunque. Nerazzurri dai due volti: concreti e spietati ma anche disattenti e spreconi. Grande merito va alla Reggina protagonista di una grande prova tutta coraggio e orgoglio che gli consente di sfidare gli avversari ad armi pari e di sfiorare anche un successo insperato. Molte squadre sotto di due reti contro la corazzata Inter e con la contestazione che stava cominciando a farsi sentire si sarebbero sfilacciate e invece la Reggina si è ricompattata, ha ripreso il match, ha messo paura all'Inter anche se poi nel finale ha subito una punizione decisamente eccessiva.
Orlandi sceglie una difesa a quattro con il ritorno di Cirillo; in avanti Brienza e Cozza a supporto di Corradi; gli indisponibili sono Giosa, Santos e Cascione.

Mourinho si affida a Balotelli in avanti al fianco di Ibrahimovic; a centrocampo torna titolare Vieira; in difesa coppia centrale formata da Cordoba e Chivu.
Partita gradevole con la Reggina che mostra personalità e una discreta aggressività; anche l'Inter parte forte e risponde con buon possesso palla e velocità della manovra. Già al 5' Quaresma, approfittando di una incertezza di Cirillo in area, colpisce in pieno il palo.

Il gol è solo rimandato e arriva al 9' quando Ibrahimovic confeziona un assist perfetto per l'accorrente Maicon che in area batte Campagnolo con una conclusione al volo di prima intenzione.
Gli amaranto reagiscono con orgoglio cercando di infastidire la retroguardia nerazzurra. Tuttavia è l'Inter a raddoppiare al 24 con Vieira che servito da Quaresma con un diagonale fa passare il pallone tra le gambe di Campagnaro. Parte qualche coro di insofferenza nei confronti dei calciatori e del presidente Foti, ma è una contestazione prematura. La squadra reagisce con orgoglio e al 34' accorcia le distanze con una gran conclusione dal limite di destro destrinata all'incrocio. La Reggina c'è e potrebbe pareggiare nel finale di tempo ancora con Cozza.

I calabresi cominciano col piglio giusto anche la ripresa e all'8 arriva il pareggio con un diagonale forte e preciso di Franco Brienza che si conferma castiga-grandi. Mourinho corre ai ripari e aumenta ulteriormente la trazione anteriore con Crespo per Mancini. La partita si mantiene bella ed entrambe le squadre potrebbero andare a segno. Orlandi al 23' toglie uno sfinito Cozza inserendo Di Gennaro. La Reggina continua a giocare con coraggio e affronta ad armi pari i rivali. Crespo al 35' si divora il 2-3 dopo l'ennesimo assist al bacio dell'ottimo Quaresma. Nel finale dentro Cosenza e Tognozzi nella Reggina e Obinna nell'Inter.

Quando il pareggio sembra cosa fatta arriva il gol vittoria dei nerazzurri: su azione di calcio d'angolo, Tognozzi sfiora il pallone che finisce a Cordoba, controllo e tiro all'angolino.

REGGINA-INTER 2-3

REGGINA (4-3-2-1): Campagnolo; Lanzaro (30' st Cosenza), Cirillo, Valdez, Costa; Vigiani, Barreto, Carmona; Brienza (37' st Tognozzi), Cozza (23' st Di Gennaro), Corradi.
In panchina: Puggioni, Hallfredsson, Rakic, Alvarez.
Allenatore: Orlandi.
INTER (4-4-2): Julio Cesar; Maicon, Cordoba, Chivu (30' st Burdisso), Maxwell; Quaresma (37' st Obinna), Zanetti, Vieira, Mancini (13' st Crespo); Balotelli, Ibrahimovic.
In panchina: Toldo, Stankovic, Materazzi, Samuel, Burdisso.
Allenatore: Mourinho.

ARBITRO: De Marco di Chiavari.
RETI: 9 pt Maicon, 24' pt Vieira, 34' pt Cozza, 8' st Brienza, 46' st Cordoba.
NOTE: Serata serena, terreno in buone condizioni. Spettatori: 15 mila circa. Ammoniti: Barreto, Cordoba.
Angoli: 4-2 per la Reggina. Recupero: 1' pt, 3' st.

09/11/2008 12:39
 
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José Mouinho è tranquillo. Lo sottolinea nella tradizionale conferenza stampa della vigilia di campionato. L'Inter attende la forte Udinese e il tecnico è concentrato. Pronto a rispondere all'assalto dei giornalisti e alla gragnuola di domande sul perché della non convocazione di Adriano, dopo una vigilia di probabile panchina. "Non ho nessun problema con Adriano. Lo convocherò quando sarà il momento di farlo - spiega -. Adriano sarà triste e arrabbiato per la mia decisione: lui deve continuare a lavorare e vivere come ha fatto questa settimana. Poi tornerà a giocare di nuovo".
"BRAVO CRESPO" - Mou sintetizza in seclta tecnica la sua decisione, anche perché ha a disposizione molti attaccanti. Spiega: "Ibrahimovic sta lavorando bene, Cruz ha dato un contributo alla squadra nella mezz'ora che ha giocato a Cipro. Crespo ha svolto un lavoro positivo per la squadra quando è stato chiamato in causa nelle ultime due gare. Abbiamo questi 3 giocatori che si aggiungono a Balotelli, Quaesma, Obinna e Mancini".
DIFESA - Molte le domande sulla difesa dopo i tre gol subito a Cipro: "Errori individuali sì, problemi difensivi no", ribatte . Nelle ultime due partite abbiamo commesso errori individuali, non abbiamo preso gol per il modulo sbagliato o per la presenza di troppi giocatori d'attacco. Il secondo gol della Reggina è arrivato su un bel tiro di Brienza. Le altre reti sono frutto di errori: nel calcio non si può scherzare col fuoco".
CONFRONTI - Poi ancora sui confronti con Mancini: "Se vogliamo fare un paragone corretto e onesto, senza fare speculazioni, dovremmo paragonare la mia squadra con la prima stagione di Roberto. Qualcuno mi ha detto che lui aveva 14 punti dopo 10 giornate di campionato. Noi ne abbiamo 21, 7 in più". E poi: "Se vogliamo essere pragmatici e parlare di numeri e statistiche come piace a voi, possiamo dire che questa è una squadra al secondo posto in classifica a un punto dalla prima, una squadra che in 15 partite ne ha persa una sola, una squadra che se vince la prossima gara in Champions si qualifica prima nel suo girone. L'unica cosa imperfetta è che abbiamo un punto di distacco dalla vetta in campionato".
SERVE TEMPO - Mourinho parla anche delle sue ambizioni e dei suoi desideri relativi alla squadra. "Se devo parlare delle mie ambizioni e di quello che voglio dalla squadra, per il momento devo dire che non giochiamo il calcio che mi piace, non è quello che vorrei. Dobbiamo lavorare per migliorare, tutti i ragazzi hanno la mia stessa voglia e la stessa ambizione. Ci serve tempo per fare le modifiche e fare come gli altri allenatori. Per esempio Ancelotti lavora al Milan da sette anni, Ranieri è alla seconda stagione con la Juve, Spalletti da 4 o 5 anni alla Roma, anche Prandelli e Marino lavorano da molto con la loro squadra: noi solo da quattro mesi. È una situazione che non mi piace ma la devo accettare senza piangere. Per me è impossibile definire come gioca ora la mia Inter, ci vogliono dieci minuti per fare una formazione tipo perché ho avuto molti infortunati e giocatori da far riposare, ho bisogno di più tempo".
10/11/2008 09:36
 
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Dietro l’angolo c’era il terzo 0-0 nelle ultime 4 partite di campionato, un’altra Inter poco convincente da spiegare al mondo e una nuova settimana di tensioni. Poi, dopo 46’ e 18" della ripresa, l’ex separato in casa Julio Cruz ha messo dentro di testa (su corner di Obinna deviato) uno dei suoi gol provvidenziali che tante volte avevano tolto dai guai Roberto Mancini e a José Mourinho è saltato il tappo. Aveva sentito a fine 1° tempo tutta San Siro fischiare prima e beccare poi il suo pupillo Quaresma, autore dell’ennesima prova inconsistente. Nella ripresa, con l’Udinese un po’ più in difficoltà ma raramente in vero affanno, i segni del malumore s’erano concentrati alle sue spalle, in tribuna. Qualche nostalgico del «Mancio» o, più semplicemente, gente stufa di vedere l’Inter creare così poco e giocare così lenta in casa.

Così, quando il forcing finale nerazzurro dopo il palo di Zanetti all’88’ ha prodotto il gol dell’1-0 al 92’, il portoghese s’è sfogato. E’ schizzato dalla panchina, ha portato l’indice destro davanti alla bocca e lo ha mosso avanti e indietro un bel po’ di volte, guardando i criticoni là dietro. Solo il mezzo placcaggio da tergo del suo vice Beppe Baresi ha stoppato lo «zitti tutti!» del Mou, mentre fra i vip Moratti abbracciava tutti festeggiando lo scampato pericolo.

Poteva finire lì, con un gesto liberatorio, la domenica di sofferenza dello Special One. Invece, il bello era appena cominciato. E inevitabilmente, trattandosi del personaggio mediaticamente più ghiotto del calcio di casa nostra, avveniva in diretta tv. Su Sky, a bocce ancora caldissime. Prima una bugia con le gambe cortissime: «Quel gesto era per un mio ex giocatore del Porto, Costinha. E’ venuto a vedermi, continuava a dirmi "mister, mister, la partita non è ancora finita". Parlava troppo, gli ho fatto capire che deve stare più zitto». Poi, una lite bella e buona con Mario Sconcerti, reo di aver tirato fuori di nuovo il paragone con l’Inter di Mancini. «Mi dicono che tu sei amico di Roberto», insinua malizioso Mourinho. «La diffido a pensarlo e a dirlo», replica l’opinionista che insiste: «Se non risponde, vuol dire che per lei questo resta un nervo scoperto».
Lo è, evidentemente. Perché 5’ più tardi, spostatosi sulla Rai, Mou si sente stuzzicare allo stesso modo e reagisce ancora peggio: «Ne ho già parlato ieri (sabato, ndr), non intendo più rispondere a queste provocazioni» e, togliendosi l’auricolare: «Per 15 giorni non vengo più da voi». Saggiamente, quando è toccato a loro, quelli del digitale di Mediaset hanno evitato la terza sfuriata parlando per 5’ solo di tattica. Mourinho si è raffreddato e ha chiuso provando a spiegare davanti alla carta stampata: «Io amo il calcio giocato, i 90’. Quel che capita dopo mi piace molto meno ma fa parte del lavoro. Posso sbagliare io, potete sbagliare voi della stampa ma poi finisce lì. Tutti amici, dopo. Quando c’è rispetto reciproco».

Il problema, allora, resta l’Inter. E’ lei, cantiere ancora aperto, che rende nervoso Mourinho. E i tifosi che cominciano a criticarlo. Con buoni argomenti, se è vero che fra campionato e Champions i nerazzurri in casa hanno pareggiato due volte e vinto 5 ma sempre e solo con un gol di scarto, faticando sempre. Ieri più del solito. Contro un’Udinese organizzatissima, molto più rapida e reattiva dei rivali. Handanovic ha parato soltanto nella ripresa, dopo 45’ di pochissime idee e zero movimento del tridente interista. Obinna e Cruz hanno combinato qualcosa più di Quaresma e Balotelli, ma se Morganti all’82’ avesse estratto (come doveva) il rosso e non il giallo a Cordoba per un’entrataccia su Inler, in superiorità numerica l’Udinese avrebbe portato via almeno il quinto pari consecutivo negli scontri con l’Inter. Marino e il patron Pozzo hanno incassato la delusione, Mourinho s’è invece tolto qualche sassolino dalle scarpe.

Poi, però, a freddo due ammissioni le ha fatte. La prima: «Quaresma sta giocando al 10% di quel che vale e adesso per un po’ riposerà. Come a Mancini, a lui avevo concesso tre partite per farsi apprezzare: questa era l’ultima». La seconda, rispondendo a una domanda di Arrigo Sacchi: «Quando la mia Inter avrà una sua vera identità? Non lo so. Ci sono cose che non posso dire in tv. Magari andiamo assieme a cena e te lo spiego». I tifosi, preoccupati, aspettano il prossimo mese terribile con gli incroci con Palermo, Juve, Napoli e Lazio, e sperano.

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12/11/2008 15:48
 
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Dopo l'ennesimo giallo di ieri, con la febbre annunciata dal giocatore con ritardo e causa di un'altra arrabbiatura di Mourinho, Adriano è ricomparso al centro sportivo "Angelo Moratti", dove il brasiliano oggi si è allenato con il lungodegente Figo, come informa il sito ufficiale della squadra, lavorando in palestra e nei circuiti tecnici, con e senza palla. Un giorno interlocutorio, dunque, nella telenovela che racconta il travagliato rapporto dell'attaccante con un club che ha cercato in ogni modo di recuperarlo al top, pur dopo una serie di intemperanze (e successivi perdoni) che hanno minato il rapporto.
RALLENTATORE - Anche per questo appare improbabile che Adriano posso tornare tra i convocati per la trasferta di sabato a Palermo. Mourinho, che pure era sembrato disponibile a far rientrare l'ostracismo che tiene la punta ai margini della squadra da due settimane, vuole impiegare giocatori allenati durante tutta la settimana precedente al match, e l'avvicinamento di Adriano al prossimo impegno dei nerazzurri è partito decisamente al rallentatore.
LAVORO DOPPIO PER CRESPO E RIVAS - Lavoro specifico sul campo, con e senza palla, hanno svolto Zlatan Ibrahimovic, Maicon, Sulley Muntari e Javier Zanetti. Programma specifico di recupero e potenziamento per Nelson Rivas. Cristian Chivu si è sottoposto a una serie di terapie. così come Luis Jimenez, che ha pure svolto lavoro di potenziamento specifico e 25' di corsa. Terapie, cyclette e tapis roulant per Hernan Crespo, atteso nel pomeriggio da una seconda seduta, insieme con Rivas.
COSTA D'AVORIO - Intanto l'Inter questa mattina ha svolto un allenamento congiunto insieme con la formazione Africa Sports National di Abidjan, i campioni in carica della Costa d'Avorio, allenati dall'ex nerazzurro Salvatore Antonio Nobile (38 presenze dall'estate '87 al novembre '88) che si trovano in questi giorni in Italia per uno stage in vista della ripresa del campionato (e a poche giornate dalla fine sono primi in classifica). È stata disputata anche una partitella (due tempi da 35 minuti).
16/11/2008 13:44
 
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I gol di Del Piero hanno aiutato la Juve a uscire dalla crisi, le reti di Ibrahimovic stanno mascherando in campionato le molte incongruenze nel «gioco nuovo» di Mourinho che anche ieri sera abbiamo faticato a riconoscere finché dal piedone dello svedese non sono partite nel secondo tempo le sassate che hanno annichilito il Palermo. L’Inter ha poi dilagato sprecando il 3-0 ed è tornata a essere sola in testa alla classifica, ripristinando le distanze, ma ciò non stempera le attese per lo scontro con i bianconeri sabato prossimo a San Siro (assente Cordoba per squalifica) e sarà davvero il ritorno a una sfida classica e decisiva. La temperatura della ritrovata rivalità la indicano i canti da stadio: si era a Palermo, ma dal migliaio e più di tifosi nerazzurri blindati in un angolo della curva salivano soprattutto i cori di insulto alla Juve.

Non immaginiamo come lo reciteranno tra una settimana gli interisti. Formano una squadra mai inquadrabile e in questo rispecchiano Mourinho, che ogni volta stupisce e non ci riferiamo alle dichiarazioni o agli atteggiamenti, ché ormai ne siamo vaccinati, ma alle idee di gioco. Ricordiamo una delle prime messe cantate che il provocatorio portoghese recitò alla Pinetina: disse che con lui si gioca sempre a tre punte «e saranno tre punte vere», aggiunse, per distinguersi da quei furbastri dei suoi colleghi italiani che fingono di disporsi con il tridente, che fa tanto allenatore coraggioso, e imbottiscono la formazione di mediani spacciati per ali e punte esterne. Ebbene al dogma mourinesco si è abiurato nel tempo. A Palermo l’Inter ha giocato con due punte e il più classico rombo di centrocampo, cioè uno degli assetti preferiti da Mancini, ma non ditelo al caro Josè perché ci considererebbe partigiani. La scelta di Muntari (al rientro dopo l’infortunio) alle spalle di Ibra e Cruz ha reso ben poco creativa l’aggressione nerazzurra e infatti il Palermo nel primo tempo ha tremato solo al 28’ quando Cassani si è attorcigliato su se stesso e Ibra è andato al tiro, respinto con i piedi da Fontana. Non c’era una pressione collettiva, spesso tra gli attaccanti e il centrocampisti, con l’eccezione del naufrago Muntari, a disagio nel ruolo non suo, le distanze si misuravano a decametri e l’appoggio di Maicon e Maxwell, subito bastonato da Carrozzieri, si faceva desiderare.

Il Palermo in 17 minuti arrivava sei volte al tiro, quasi sempre con Miccoli che è come i cacciatori che premono il grilletto ogni volta si muove una fronda e talvolta sparano al nulla. Julio Cesar in due occasioni era attentissimo e salvava la porta, nelle altre ci pensava la mira sbilenca dell’intraprendente piccoletto. Incensammo il Palermo per la vittoria a Torino sulla Juve. Forse non considerammo il contributo che in quella occasione diede Ranieri con la più scombicchierata formazione dell’anno, perché dopo aver visto i rosaneri in sette giorni contro Toro e Inter l’idea è che i siciliani siano una squadra dai gravi limiti, soprattutto in attacco dove non c’è un centravanti, a meno che non si spacci per tale l’inutile Cavani. La difesa nerazzurra, prese le misure, respingeva facilmente i cross alti indirizzati ai nani. In compenso si vedeva nell’Inter una novità elaborata a tavolino: i calci d’angolo di Maicon, che adesso si incarica di calciarli dalla destra e li piazza molto vicini alla porta, a girare: se il portiere non è sveglio rischia che qualcuno lo anticipi per un gol sicuro. Fontana, il vice di Amelia, nel primo tempo teneva botta, nella ripresa si sbriciolava davanti ai tiri di Ibra. Il primo, dopo appena 22 secondi, gli arrivava da trenta metri, forte ma non irresistibile. Lo tradivano i riflessi. Con il vantaggio, l’Inter giocava sul velluto, il Palermo non aveva la lucidità per arrivare in area di rigore e combinava pasticci a centrocampo per cui le occasioni del raddoppio erano più limpide di quelle per un pareggio. Ci pensava ancora Ibra. Conquistava la punizione per un fallo di Carrozzieri, difensore neanderthaliano con cui ha dato e preso botte per tutto il tempo: pareva che la scorrettezza fosse dello svedese, Tagliavento la pensava al contrario e il destro di Ibra ai 124 all’ora bucava la barriera disposta nella maniera stravagante che è diventata di moda. Fontana voleva vedere partire la palla. Quando la scorgeva era già in rete.
18/11/2008 09:45
 
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È appena iniziata la settimana, ma già sale la febbre per Inter-Juventus di sabato sera: la prima della classifica ospita la terza. Il presidente nerazzurro, Massimo Moratti, è già in clima derby d'Italia. «La rivalità con la Juventus è più antica, tradizionale e legata agli scudetti. Quella con il Milan è invece legata al fatto di essere nella stessa città», ha detto Moratti. «Per tradizione e per il tipo di campionato che si sta prospettando, è molto importante vincere contro la Juve. È un campionato tradizionale, si ritorna a queste tre società. Se potessi togliere un giocatore ai bianconeri, in questo momento toglierei Del Piero. Merita tutta la simpatia della quale gode, perché è veramente bravissimo».

IBRA - Il presidente ha poi elogiato Ibrahimovic per la partita a Palermo e lanciato lo svedese per il Pallone d'oro. «Tutta la squadra ha risposto in maniera positiva a Palermo, su un campo non facile. Per vincere il Pallone d'oro a Ibrahimovic probabilmente manca un appoggio notevole sia da parte della sua Federazione, quella svedese, sia di quella dove gioca, la Federcalcio italiana che, a questo punto, sarebbe simpatico lo appoggiasse un po' di più. Come squadra anche noi cercheremo di appoggiarlo, ma poi dipenderà molto dalle scelte dei giornalisti e in particolare di quelli francesi.

«A MANCINI AUGURO IL REAL» - Il numero uno dell'Inter ha parlato poi del futuro dell'ex allenatore nerazzurro Roberto Mancini e delle voci che lo indicano prossimamente sulla panchina del Real Madrid, dopo che Schuster è vicino all'esonero per gli scarsi risultati delle merengues. «Auguro a Mancini di allenare il Real Madrid: è una panchina prestigiosa e molto bella, nella carriera di un allenatore penso che sia un punto di arrivo».

CRESPO E SHEVA - Dalla Spagna, oltre a Mancini, arrivano voci per l'interessamento del Real a due milanesi per sostituire a gennaio il centravanti infortunato Van Nistelrooy. Secondo il quotidiano sportivo As, i madrileni hanno chiesto all'Inter il prezzo di Crespo: 10 milioni di euro sarebbe stata la risposta. Ma secondo l'altro quodiano sportivo spagnolo, Marca, il Real è interessato anche alla sponda milanista, per la precisione a Shevchenko, che nella squadra di Ancelotti ha trovato finora poco spazio.



19/11/2008 14:22
 
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Che sabato sia della partita o no, Inter-Juve è la sua partita. La storia degli incroci di Luis Figo con la Juventus è vecchia di quasi 14 anni, da una presunta doppia firma (accordo con il club bianconero e precontratto con il Parma, poi finì al Barça) a un non presunto scontro con Moggi (prima di Inter-Juve del 12 febbraio 2006 visto entrare nello spogliatoio di Paparesta dal portoghese, che fu deferito e multato, "ma quei 5.000 euro non li ho mai rivisti"), passando attraverso le sfide in maglia Real Madrid, prima che in nerazzurro. E’ il suo vero derby, "perché la Juve l’ho affrontata più spesso del Milan e perché adesso, vista la storia recente, per l’Inter la rivalità più forte è con loro".
E lei torna in pista proprio al momento giusto?
"Alla faccia della sfortuna: due fratture in meno di un anno, chiamiamolo destino... Certo, ricominciare è dura: lavoro doppio, ti alleni sul dolore, fai fatica a decifrare le sensazioni, ti chiedi in continuazione se sei a posto".
A 36 anni, non le è mai venuta voglia di mollare?
"Se mi è venuta, ho scacciato subito l’idea. E ho pensato: meglio a inizio stagione che alla fine. Così, avrò ancora tempo di aiutare l’Inter".
Già sabato?
"Da quando ti alleni con il gruppo — e lo faccio da venerdì — ci speri. Ma ora devo pensare solo a ritrovare il ritmo, al resto penserà Mourinho: prima che mi facessi male, mi teneva in considerazione (3 gare su 4 da titolare, ndr)".
Da poco ha ricordato che vi conoscete da quasi vent’anni: come l’ha ritrovato?
"Il tempo aiuta a maturare: l’ho conosciuto che era un alunno, adesso si può dire che è un maestro. Più esperto, in particolare nel rapporto con i giocatori, ma la persona è rimasta la stessa: il carattere è carattere".
Perché Mourinho piace a chi gioca per lui?
"Perché un conto è l’immagine che si può dare in tv e un conto è la conoscenza che deriva dal contatto quotidiano. Mourinho è uno di noi, ti è vicino, ti difende, comunica".
E perché in Italia si fa ancora così fatica a capirlo?
"Perché quando uno parla, si può analizzare quanto dice con cattiveria, oppure con la volontà di capire quello che vuole dire, cercando anche il contenuto positivo. L’esempio più chiaro è quanto ha detto a Coverciano sull’immagine del calcio italiano: era il parere di uno che è appena arrivato da un’altra realtà, non era Mourinho che parlava male del calcio italiano".
Troppo conservatore il calcio o troppo "rivoluzionario" Mourinho?
"Di sicuro nel calcio non c’è una grande abitudine a parlare chiaro: il nostro calcio è fatto quasi solo di domande e risposte politicamente corrette".
L’Inter deve temere più la Juve o il Milan?
"L’Inter deve preoccuparsi solo dell’Inter".
Risposta politicamente corretta, non le pare?
"Ok, allora dico che l’Inter è la più forte e per questo in casa deve vincere sempre, dunque anche sabato. E che ha ragione Mourinho, meglio affrontarli reduci da sette vittorie consecutive: non dico che saranno rilassati, ma se fosse stato il contrario sarebbero stati più incavolati. Va meglio così?".
Sì, ma può fare ancora meglio: cosa pensa dei sei anni di carcere chiesti per Moggi?
"Che sono pochi: ma decidono i tribunali, non io. Io so che lui è stato nel calcio per anni e anni e sei anni non bastano, per quello che ha fatto. Ma a questo punto non mi interessa più: il passato è buono per scrivere libri".
Più che un grande passato alle spalle, Del Piero sembra aver un gran futuro davanti.
"La qualità c’è sempre stata, ora sta bene fisicamente, ha fiducia e ha ritrovato continuità".
Quella che manca al suo non ancora erede Quaresma: perché?
"Non tutti riescono a adattarsi in fretta ad un nuovo mondo. Ricardo in allenamento è diverso da come lo vedete e il calcio italiano è diverso da quello portoghese e spagnolo: per un attaccante ci sono meno spazi, è più dura. Con lui serve ancora un po’ di pazienza e lui deve lavorare per stare bene fisicamente: la qualità non si perde".
Beckham: un buon acquisto o un’operazione commerciale?
"Beh, fate rispondere Galliani. Per me David è un amico e se lui è felice di venire al Milan, io sono felice per lui".
Fra quanto Ibrahimovic sarà felice per il Pallone d’oro? E ha ragione Mourinho quando dice che una buona "campagna" aiuterebbe?
"Io l’ho vinto senza nessuna campagna e, da portoghese, è stata ancora più dura. Però è vero, certe cose un po’ influenzano, anche se ciò che conta davvero è vincere una competizione importante: per questo saremo tutti ben felici di aiutare Zlatan".
22/11/2008 17:03
 
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José Mourinho aspetta Claudio Ranieri per "una stretta di mano" prima di Inter-Juventus, il big match della tredicesima di campionata, in programma, come succossissimo anticipo, domani sera, alle 20.30, una partita normale. "Sempre" normale, visto che in palio "ci sono tre punti". Il tecnico nerazzurro dribbla le domande relative ai rapporti con il collega bianconero. Nel recente passato, i due sono stati protagonisti di dichiarazioni polemiche, la loro rivalità nasce da quando il portoghese sostituì l'italiano sulla panchina del Chelsea, vincendo il campionato inglese al primo tentativo, cosa che a Ranieri non era riuscita.

Lunedì si sono incontrati a Coverciano, in occasione della consegna della "Panchina d'Oro". "I rapporti con Ranieri? E' un problema nostro, non vostro. Non mi piace fare pubblicità, abbiamo parlato a Coverciano senza stampa e senza spettacolo", dice Mourinho. "Abbiamo parlato come due colleghi, lo aspetto a San Siro come tutti gli altri allenatori. Sono io che gioco in casa, sono io che devo essere educato. Lo aspetto nel tunnel per una stretta di mano".

Negli ultimi giorni, il presidente bianconero Giovanni Cobolli Gigli ha pronosticato un successo della Juventus per 2-1. "Non conosco la mentalità, non conosco le persone e non mi interessa", dice Mourinho riferendosi all'ambiente juventino. "L'ultima volta che un presidente ha detto che avrebbe vinto è successo prima di un Porto-Benfica: ha perso. Per me, la mia squadra è la migliore e i miei giocatori sono i più forti".

"Bisogna sdrammatizzare, non bisogna pensare a questa gara come la partita dell'anno", sembra poi voler gettare acqua sul fuoco, il portoghese, nonostante si tratti pur sempre del "derby d'Italia", per l'occasione tra una compagine, l'Inter, che guida la classifica, e l'altra, la Juve, che è terza a tre punti, ma soprattutto viene da una striscia di sette vittorie consecutive. Un match, che al di là della classifica, ha notoriamente assunto un significato particolare dopo i fatti di calciopoli. Ma Mou fa spallucce: "Non conoscevo in profondità l'argomento, non mi ricordo nemmeno se ero in Inghilterra o in Portogallo", afferma.

Sull'ipotesi di un'Inter Ibra-dipendente..."Lui gioca sempre bene. Ma con Ibrahimovic si vince, si perde e si pareggia. Domani vediamo se il riposo gli ha fatto bene", aggiunge commentando la condizione del centravanti svedese, che mercoledì è stato esentato dall'impegno in Nazionale.

Mourinho non può esimersi dal tornare sulla querelle Adriano, il brasiliano che ha chiesto chiarezza sul proprio futuro. "Sono d'accordo con lui: un giocatore vuole l'opportunità di giocare. Se un calciatore non gioca, deve pensare a cambiare - dice il tecnico portoghese - Adriano ha detto una cosa assolutamente normale. Se non ha possibilità di giocare, cosa fa qui? Se è un'opzione per l'allenatore, però, la situazione è diversa. Se lui fa quello che fanno i suoi compagni, è un giocatore come tutti gli altri. Adriano deve mettersi al livello degli altri", dice il tecnico portoghese alla vigilia della sfida di campionato contro la Juventus. L'Imperatore sarà comunque convocato: "Saranno convocati tutti i giocatori disponibili", dice Mourinho.

Tra i bianconeri ovviamente nel mirino dell'allenatore interista c'è Alessandro Del Piero, temibile anche perché "è uno specialista" sui calci di punizione. "In questo momento la Juve è una squadra stabile. L'allenatore non ha squalificati e non ha 'sfortunati' della ultima ora", aggiunge facendo riferimento alle defezioni. Una settimana fa, prima della trasferta nerazzurra a Palermo, Mourinho ha previsto il passo avanti dell'Inter in classifica rispetto alla Juventus, reduce dal successo sul Genoa. Ora, alla vigilia del big match, nessun pronostico: "Aspettiamo", conclude con un sorriso.

23/11/2008 11:07
 
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E’ stata un po’ meglio l’Inter e l’1-0 con cui ha chiuso la serata descrive la differenza senza avvilire la Juve: si raddoppia il distacco in classifica, non si dimezzano le ambizioni dei bianconeri che avranno ancora molto da dire in campionato anche se dopo le 7 vittorie consecutive era scattata l’illusione di una diversa grandeur. L’Inter è un po’ meglio. Lo è stata anche in un match curioso, senza troppi episodi da rete eppure intenso. Raramente abbiamo visto confezionare così poche cose a un ritmo tanto alto e la fotografia del gol strambo di Muntari, in fondo a uno sbaglio di Ibra (atteso quanto Del Piero e più decisivo di Alex anche negli errori), si inserisce bene nel contesto.

L’avvio portava subito un cambiamento. Ci eravamo appena ripresi dallo shock di vedere Adriano in campo con tutto quello che di lui aveva detto anche di recente Mourinho e già si modificavano gli assetti. L’equilibrio della Juve, faticosamente riacquistato grazie agli infortuni che avevano costretto Ranieri a estrarre Tiago dai cassetti della memoria, ha rischiato di frantumarsi proprio per l’incidente subìto dal portoghese dopo neppure 2’. Tiago appoggiava male il piede sinistro, tentando di levare palla a Stankovic, e il ginocchio aveva un movimento innaturale. Doveva uscire subito dal match e lo sostituiva Marchisio, non Camoranesi come avremmo immaginato per la delicatezza del match. L’italoargentino restava in panchina e ne immaginiamo il cupo borbottio. Quella di Ranieri si sarebbe rivelata comunque una discreta mossa. Marchisio entrava immediatamente in partita, confermando che è il giovane su cui la Juve può puntare con più serenità: sosteneva l’azione di Sissoko (il miliziano d’assalto che di rado fa prigionieri), diventava l’appoggio utile al gioco e al 44’ tirava con la scioltezza di un Del Piero nell’angolo alto: mancava un po’ la potenza e Julio Cesar deviava in angolo senza incertezza. Un paio di mesi fa la Juve avrebbe patito lo stravolgimento dei programmi, anche perché ne aveva pochissimi e faticosamente elaborati. I successi hanno però costruito più sicurezza. La chiavi per limitare l’Inter erano due: il raddoppio sistematico della marcatura su Ibrahimovic, braccato con ferocia ovunque, e il fuorigioco praticato pochi metri oltre la linea di centrocampo in modo da non concedere praterie per le fughe mai imbrigliabili dello svedese. Era una scelta assai rischiosa però efficace soprattutto con quel tontolone di Adriano. Gli attacchi dell’Inter si spezzettavano. Stankovic arrivava bene in area al 12’ ma pativa il disturbo di Molinaro e il recupero di Chiellini e poco dopo Ibrahimovic era fermato per un offside molto incerto, una sbavatura della terna arbitrale di cui abbiamo apprezzato la tendenza a far scorrere il gioco. C’erano però due episodi dubbi al 24’. Rizzoli non puniva il contatto in area di Muntari su Marchionni, ritenendo che lo juventino era già in caduta, e pochi secondi dopo bloccava un attacco interista ben avviato per ammonire le proteste di Amauri.

A conti fatti la Juve un po’ allungata non arrivava al tiro e l’effervescenza di Del Piero produceva soltanto qualche assist mentre l’unico smalto di Amauri era posato sulle scarpe di un improponibile colore rosa, uguali a quelle di Materazzi forse per evidenziarne i piedi buoni. Quanto a Nedved traccheggiava senza anima. Il pressing bianconero, con Sissoko strepitoso, non lasciava però respiro all’Inter che costruiva la palla gol al 33’ soltanto per un erroraccio di Legrottaglie che non controllava il passaggio di Marchisio e lasciava 40 metri di contropiede a Ibra: lo svedese metteva fuori di un niente il diagonale. Più grave sarebbe stato l’errore al 20’ della ripresa quando un traversone di Cambiasso tagliava la difesa, Ibra poteva presentarsi al tiro, liberissimo, e lo sbagliava di una cifra. Il tempo giocava comunque contro la Juve. La pressione si attenuava, il fiato si smorzava, spariva anche Del Piero. Saliva l’Inter con più autorevolezza, comunque ci voleva uno sbaglio di autore per mandare i nerazzurri in rete: Ibrahimovic approfittava di una respinta corta di Legrottaglie, sballava il tiro ma dall’altra parte arrivava Muntari ad appoggiare in porta, con la difesa ferma e Grygera ancora di più. Dalla Juve, già in coma vigile, arrivava un solo segnale di reazione, il colpo di testa di Del Piero in anticipo su Zanetti. Julio Cesar, come un gatto, smanacciava fuori.
23/11/2008 12:00
 
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Ero alla stadio,
agli juventini è andata ancora bene,
un solo gollonzo del negher,
e graziati dallo zingaro che si è mangiato due gol

E' stata una bella partita,
di quelle belle toste,
mi "spiace" per la juve,
ma non c'è stata trippa per gatti,
hanno bloccato il biondo,
Del Piero non ha avuto modo di "sfogarsi" con le sue punizioni,
Amauri fermato alla grande dal muro interista,
Samuel è veramente super,
e di fianco a lui ridiventa bravo anche quell'impiastro di Materazzi,
direi partita perfetta dei ragazzi nerazzurri

Anche dopo il gol dell'inter la reazione della juve è stata poca cosa,
forse hanno subito anche un pò la "forte presenza" dei giocatori interisti
(magari è una mia impressione)

La cosa che mi è piaciuta
è che non è stata una partita cattiva,
anche quando è uscito il negrone (Muntari) si è fermato a salutare Nevded,
che ha ricambiato,
e conoscendo un pò il biondo che ce l'ha a morte con l'inter,
è stata una buona cosa,
almeno si stemperano un pò gli animi,
adesso vedremo al ritorno


Allego una foto ricordo [SM=x1272128]


02/12/2008 23:09
 
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«La vittoria con il Napoli è già dimenticata».
Josè Mourinho è già concentrato sul prossimo impegno della sua Inter che grazie alla vittoria di domenica scorsa sugli azzurri e alla sconfitta del Milan a Palermo, viaggia a più 6 sulle inseguitrici. «Sabato - continua Mourinho ai microfoni di Sky Sport - c’è un’altra partita altrettanto importante. Il campionato non è nemmeno arrivato al cinquanta per cento».

Sulla stessa lunghezza d’onda il capitano dell’Inter capolista, Javier Zanetti. «La strada è ancora lunghissima, ancora non è finito il girone d’andata - dice l’argentino - noi dobbiamo continuare così, partita dopo partita».

Allenamento mattutino per l’Inter in vista del match di sabato sera contro la Lazio. I giocatori scesi in campo contro il Napoli hanno svolto un lavoro di scarico effettuando il torello, il possesso palla e le partitelle. Per il resto del gruppo esercizi sulla forza e velocità e chiusura di allenamento con tiri in porta. Differenziati per Chivu, Rivas, Toldo (che oggi compie 37 anni, ndr) e Vieira. Assenti Adriano, ancora influenzato, e Maicon che ha ottenuto un permesso dalla società.

Sabato a Roma contro la Lazio Mourinho sembra intenzionato a confermare la formazione che ha sconfitto il Napoli domenica a San Siro. In attacco Ibrahimovic dovrebbe fare coppia con Cruz mentre a centrocampo potrebbe trovare spazio Jimenez probabilmente al posto di Stankovic. In difesa Cordoba e Samuel sembrano ormai inamovibili con buona pace di Materazzi che però tornerà in panchina dopo la tribuna di domenica.
04/12/2008 13:54
 
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«Balotelli non è in vendita». Massimo Moratti chiude ogni possibile polemica sul futuro del giovane attaccante interista, talento da cui tutti si aspettano molto e che Mourinho lascia fuori perché non si allena abbastanza. «È uno dei nostri ragazzi, resterà», assicura il presidente, che però il problema della pletora di possibili bomber nerazzurri se l’è posto. Eccome. Oltretutto ci sono tanti superattaccanti e i gol non fioccano. «Vendere qualcuno è una cosa possibile - concede -; molto dipenderà dal mercato e da cosa potrà maturare in gennaio». Sui nomi nessuna indicazione, anche se i borsini di bordo campo danno come candidati alla partenza Crespo e Adriano. Si vedrà, lascia capire il petroliere. È solo questione di tempo.

Moratti passeggia curioso per i corridoi del Parlamento europeo affollati delle più belle foto dei primi cento anni dell’Ambrosiana. Sugli occhielli di funzionari e deputati sono spuntati i badge «Sono interista», segnale di un tifo bipartizan e non solo, visto che l’organizzatore della passerella di una delle squadre più globali è il no-global Agnoletto. Il presidente sorride, mentre si prepara ad assistere al film che Gabriele Salvatores, ovviamente nerazzurro, ha girato su Intercampus, il progetto con cui la società ha portato il gioco ai bambini di paesi poveri o in guerra di diciassette paesi in dieci anni. Parla volentieri. Di sport e di cosa questo può fare per i più sfortunati.

Cominciamo dal pallone d’oro. Non le pare che Ibrahimovic avrebbe meritato più attenzione?
«Si, è sembrato anche a me. Ronaldo è un campione che i successi del Manchester hanno indubbiamento aiutato. Adesso lavoriamo per l’anno prossimo».

Conta di farcela?
«Penso di si. Ibrahimovic è il migliore».

Chi le fa più paura come anti-Inter. Il Milan o la Juventus?
«Il Milano è una squadra che può intimorire per la qualità. La Juventus per il carattere. La cosa migliore è tenerle tutte e due dietro».

E la Roma, rivale degli ultimi anni?
«Stanno dimostrando di avere qualità e carattere. La loro classifica non è quella attuale. Torneranno su».

L’Europa vuole una autorità che garantisca la qualità dei conti delle squadre. In pratica, chi è in rosso non potrà partecipare alle coppe straniere.
«L’ho vista. Ma i nostri bilanci sono a posto, quindi si tratta di una decisione che per noi può anche andare bene»

Dove si va con Intercampus?
«È un’idea che aiuta a mettersi nei panni degli altri e capire che cosa succede ai bambini in situazione difficili. Il calcio ricco, terribile, certe volte stupido, consente di fare queste cose».

Anche in posti duri come l’Iran?
«Lì è successo una cosa interessante. Mi avevano chiesto di fare un investimento. Noi abbiamo risposta proponendo l’Intercampus. Il ministro, che pareva un tipo burbero, ha detto "è l’idea più bella". Per quanto possibile, eravamo riusciti a portare felicità ai ragazzi».

07/12/2008 13:36
 
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Imprendibile Inter. La squadra di Josè Mourihno vince all'Olimpico di Roma l'anticipo serale contro una Lazio poco concreta in fase offensiva. 3-0 per i nerazzurri e undicesima vittoria in campionato. La Lazio di Delio Rossi, reduce dalla brillante vittoria in coppa Italia ai danni del Milan, con molte novità: Carrizo in porta; difesa con De Silvestri, Diakhitè, Rozehnal e Kolarov; a centrocampo Foggia (preferito a Brocchi) con Dabo (ex di turno), Ledesma e Mauri; in avanti il tandem composto da Pandev (altro ex nerazzurro) e Zarate. Rocchi pronto a subentrare, schierato inizialmente in panchina.

Inter decisa ad allungare, in classifica, in attesa delle prime inseguitrici, o a seconda dei punti di vista a evitare possibili tentativi di avvicinamento. Mourinho conferma il 4-3-1-2: davanti a Julio Cesar, difesa con Maicon, Cordoba e Samuel centrali, Maxwell sulla fascia opposta; capitan Zanetti con Cambiasso e Muntari a centrocampo; Stankovic dietro le punte Ibrahimovic e Cruz. Adriano non convocato, Mancini, Quaresma e Crespo in panchina.

Dopo appena 2' l'Inter sblocca il punteggio: cross dalla sinistra di Muntari e splendido stacco di testa per Samuel ad infilare l'immobile Carrizo. Lazio pronta a ripartire ma la squadra di Mourinho controlla bene i movimenti del pallone e reggeva bene la pressione degli avversari. All'8' Foggia dalla sinistra crossa al centro ma Diakhitè non arriva alla deviazione di testa. Un minuto dopo Kolarov lascia partire un gran sinistro con palla che terminava sull'esterno della rete, alla destra dell'attento Julio Cesar.

Il destro al volo di Dabo (15') termina a lato e due minuti dopo calcia bene De Silvestri (tiro deviato da Maxwell) con palla di poco fuori. Sull'altro fronte (19') Ibrahimovic, da posizione decentrata calcia alto sopra la traversa. Mourinho costretto al primo cambio al 28' con l'ingresso di Crespo al posto dell'acciaccato Cruz. Al 30' Pandev salta due giocatori sulla sinistra e serve Zarate ma l'attaccante argentino è anticipato in extremis. Al 35' Stankovic impegna Carrizo, sulla respinta Crespo calcia fuori da posizione regolare. Prima del riposo il raddoppio (fortunoso) dell'Inter: splendido assist di Ibrahimovic per Maicon che crossa al centro e Diakitè devia alle spalle di Carrizo per un classico autogol. Rossi nella ripresa inseriva subito Brocchi (al posto di Dabo).

L'Inter concede il tris al 10': preciso calcio di punizione di Cambiasso e deviazione vincente di Ibrahimovic. Due minuti dopo Kolarov, sempre su punizione segna per i laziali ma Orsato annulla perché non aveva dato l'avvio all'azione. Al 26' fuga di Foggia sulla destra e palla per Rocchi che impegna Julio Cesar. Ci prova ancora Zarate (27') con un buon dribbling in area ma con tiro debole. Al 38' ancora Inter a caccia del poker di reti prima del triplice fischio finale con il volenteroso Crespo che salta due avversari ed entrava in area ma senza mettere in apprensione la difesa laziale. Inter che sale a quota 36 punti in classifica, nove lunghezze in più di Juve e Milan; Lazio forse un po' stanca dopo le fatiche serali di coppa Italia.

LAZIO-INTER 0-3

LAZIO (4-3-1-2): Carrizo; De Silvestri, Diakitè, Rozehnal, Kolarov; Foggia (32' st Meghni), Dabo (1' st Brocchi), Ledesma, Mauri; Pandev (31' pt Rocchi), Zarate. In panchina: Muslera, Radu, Cribari, Manfredini. Allenatore: Rossi.
INTER (4-3-1-2): Julio Cesar; Maicon, Cordoba, Samuel, Maxwell; Zanetti, Cambiasso, Muntari (33' st Figo); Stankovic (41' st Mancini); Ibrahimovic, Cruz (28' pt Crespo). In panchina: Orlandoni, Burdisso, Materazzi, Quaresma. Allenatore: Mourinho.

ARBITRO: Orsato di Schio.
RETI: 2' pt Samuel, 48' pt Diakitè (autogol), 10' st Ibrahimovic
NOTE: serata fresca, terreno in buone condizioni. Spettatori: 50mila circa. Ammoniti: Stankovic, Diakitè, Zarate, Julio Cesar, Brocchi, Maxwell. Angoli: 7-4. Recupero: 3' pt e 3' st.
10/12/2008 08:51
 
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Venerdì 19 dicembre, giorno del sorteggio, capiremo se l’Inter ha fatto un affare a perdere contro il Werder Brema. Di certo, due sconfitte consecutive in Champions non rendono un favore all’immagine di una squadra che anche a Brema non è riuscita a ripetere in Europa le prestazioni travolgenti di campionato. E ancora una volta ha mostrato di dipendere, come un neonato dalla mamma, da Ibrahimovic. Senza lo svedese: zero tiri in porta e attacco non pervenuto. Fronte offensivo occupato con più lucidità e cattiveria. E questo al netto della prodezza finale dello svedese. Bocciato il progetto alternativo a Zlatan, quindi. Rimandato e con molti debiti Adriano e Mourinho profetizza la punizione: «Adesso agli ottavi ci meritiamo i più forti, il Barcellona».

Mourinho in partenza affida il copione ai tre elementi più discussi, Quaresma, Adriano e Mancini. Astuto il portoghese, un’eventuale sconfitta con questo modulo, già senza futuro, avrebbe ben poche conseguenze. Con Ibra in panchina, dopo un’infilata di 22 partite consecutive, sarebbe la serata ideale per capire che razza di Inter esiste oltre lo svedese. La prima traccia? Dopo cinque minuti Adriano è già sotto torchio, perde palla proprio davanti alla panchina di Mourinho e si piglia la prima scudisciata verbale. Lui allarga le braccia e scuote il capoccione. I compagni di viaggio non è poi che gli diano un grande aiuto, Mancini è spaesato, sbaglia controlli e approcci elementari. Quaresma svolazza, si vede che quelli del Werder lo temono tanto da raddoppiare i guardiani in modo molto solerte dalla sua parte. Ma il portoghese, spina nel bilancio di Moratti, da tutto il daffare porta a casa ben poco. Riesce a far ammonire Frings, ma anche a sbiellare un destro (al 33’) da posizione mica male. Insomma, l’Inter va di conserva e come era ovvio si mette nelle mani delle certezze. Due nomi, Cambiasso e Maicon. Il risultato è che l’Inter pende a sinistra, e non può che andare così visto che sull’altro argine Burdisso è molto più timido.

I nerazzurri controllano le voglie del Werder cui concedono dieci minuti all’inizio e cinque alla fine del primo tempo. Un colpo di testa di Pizarro, suo il gol del pari all’andata, al 45’ e un cross velenoso di Vranjes subito dopo: Julio Cesar dimentica il freddo e soffoca il tentativo tedesco. Il Werder, che dalla partita può aspettarsi al massimo un biglietto per la coppa Uefa, gioca molto di quantità, ma come dice la classifica della Bundesliga (decimo a undici punti da Bayern e Hoffenheim) ha da tempo esaurito le scorte di qualità. Frings si piazza davanti alla difesa e fa il vigile, ma i ritmi sono da mattonella. Dietro, la coppia di stangoni Mertesacker-Prodl è da paura. Adriano ci mette un po’ a capirlo, il tempo di liberarsi di un polpo come Prodl, senza però crederci fino in fondo. Come al 18’ quando, sull’unica cosa buona di Mancini, azzarda un pallonetto rimasto tale solo nelle intenzioni.

Il fatto che nella ripresa Mourinho sia costretto a buttare in campo Ibra la dice lunga sulla prestazione del brasiliano capriccioso. Fuori lui e anche Materazzi, colpito duro da una gomitata di Rosenberg. Talmente duro che per lo stopper si teme una frattura alla zigomo destro. Burdisso torna centrale, non ci giocava dalla sciagurata sera di Nicosia: l’impatto col ruolo non è felicissimo, Pizarro gli sguscia via subito, ma al 10’ il suo colpo di testa, salvato sulla linea da Fritz, è la prima voce del fatturato nerazzurro. L’Inter si accomoda, il Werder accende il fuoco. Maicon si imbambola, Julio Cesar para la botta di Rosenberg, ma sulla respinta centrale l’arpione di Pizarro brucia Maxwell. Sono passati diciotto minuti. E di Ibra si sono notate solo le scarpe. Ad Atene segna il Panathinaikos. Il Werder zompa in Uefa, l’Inter scala seconda ed è obbligata a vincere se vuole arrivare al ballo di febbraio da capolista. Ormai un classico, Mourinho butta dentro un’altra punta, Balotelli. Che sbaglia un facile colpo di testa e lascia a metà la riabilitazione. Si sveglia Ibra. Immobile, riceve da Maxwell e scarica il destro. Come partito da un bazooka, il pallone centra il palo e poi la rete. Ma questa volta il segno di Zlatan non basta.

03/01/2009 14:43
 
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Josè Mourinho affronta il "problema Adriano". Il tecnico portoghese ha avuto un colloquio con il centravanti ad Appiano Gentile. Le telecamere di Sky hanno ripreso il dialogo tra l'allenatore dell'Inter e il brasiliano che ieri aveva saltato il primo allenamento dopo la pausa per le feste di fine anno. Durante la conversazione Mourinho ha coperto la bocca con la mano per evitare che il labiale venisse "letto". Poi, con i giornalisti, ha cercato di ridimensionare il nuovo caso Adriano: "Parlavo con lui di Julio Cesar perché sono stato a Rio due giorni e l'ho chiamato per andare con lui al ristorante con la famiglia ma lui non si è fatto trovare. Mi ha lasciato da solo per due giorni, con Adriano commentavamo questo, se Julio verrà a Lisbona lo lascerò da solo due giorni anche io".

Tornando più serio sulla questione Adriano, Mourinho ha aggiunto: "Oggi ha lavorato in palestra, dopo tanto tempo rientrare subito con la squadra non è buono, continuerà così fin quando non sarà in condizione di potersi allenare con il gruppo. Se tutto andrà bene e reagirà al lavoro, penso che in una delle prime prossime gare ritornerà. Flamengo? No, era in Brasile per le vacanze non per andare al Flamengo".

La mancata partecipazione di Adriano al primo allenamento dell'anno è soltanto l'ultimo episodio della telenovela del brasiliano, da molti ormai dato in partenza dall'Inter e non più amato dai tifosi. Lo stesso Massimo Moratti riconosce che "la via d'uscita" sarebbe la cessione, ovviamente all'estero "ma non in Brasile".

Questa mattina l'attaccante si è presentato poco prima delle 9 al centro sportivo Angelo Moratti, dove lo aspettavano Mourinho e il responsabile dello staff tecnico, il dottor Franco Combi. Non ha preso parte alla prima seduta di allenamento e ha svolto un lavoro differenziato con il preparatore atletico Bisciotti.

Intanto il portavoce di Adriano, Flavio Pinto, ha fornito la sua versione sul ritardo con cui il calciatore è rientrato a Milano dal Brasile, motivo della sua assenza dall'allenamento di ieri: tutto è nato da un disguido. "In passato Adriano ha commesso alcuni errori ma stavolta si tratta di una discordanza di informazioni - le parole di Pinto riportate da globoesporte.com - Di solito è il club che prenota i biglietti per il Brasile e per il ritorno in Italia per le feste di fine anno ma giovedì, quando stava per imbarcarsi, Adriano ha visto che il suo biglietto non era stato prenotato e ha dovuto programmare il ritorno per conto proprio".

Secondo la ricostruzione di Pinto, il centravanti ha informato i dirigenti nerazzurri del problema e ha avvertito che non sarebbe arrivato assieme agli altri brasiliani Julio Cesar e Mancini. L'Inter, sul suo sito ufficiale, ha fatto sapere che il giocatore era stato impegnato in "visite di controllo da parte dello staff medico in seguito all'infortunio riportato a Brema lo scorso 9 dicembre". "La persona che si occupa delle prenotazioni si deve essere dimenticata del biglietto di Adriano, magari perché lui, al contrario di altri compagni, è venuto in Brasile prima per recuperare dall'infortunio - ha aggiunto Pinto - Per Adriano sarebbe stato meglio fare il viaggio con Julio Cesar che è un suo grande amico".

06/01/2009 15:50
 
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I tifosi nerazzurri sognano Drogba o Milito, considerata la rottura con Adriano, ma il consulente di mercato dell’Inter Gabriele Oriali stoppa facili entusiasmi: «Credo proprio che non faremo niente sul mercato, perchè la volontà del tecnico e della società è quella di continuare con il gruppo che abbiamo».

Siamo solo all’inizio della sessione invernale del mercato, e quindi c’è ancora un mese di tempo perchè le cose cambino. Ma su Adriano (per il quale nelle ultime ore si era parlato di una trattativa con il Mancity per lo scambio con il sudamericano Jo) le intenzioni della società sembrerebbero essere mutate: «L’intenzione è quella di tenerlo - spiega Oriali intervistato da Sky - dipende esclusivamente da lui. Sa quello che deve fare e come ci si deve comportare, il mese di gennaio è molto lungo, c’è tempo per tutto, ma non è detto che se ne vada». Del resto i dirigenti dell’Inter non possono e non vogliono svalutare neanche a parole un patrimonio che resta comunque rilevante: è chiaro che l’Inter non ha nessuna intenzione di regalarlo, ma è chiaro che Adriano non può più restare se non si comporta da serio professionista.

Anche Gilmar Rinaldi, agente di Adriano, conferma che il brasiliano non si muoverà dall’Inter: «C’è una novità, ossia che lui rimarrà all’Inter ancora per un anno e mezzo del suo contratto. Questa decisione non è stata mai in discussione. Sono già stato in Italia e abbiamo deciso esattamente questo». «Non si è mai fatto vivo nessuno del Chelsea - ha spiegato Rinaldi a Calciomercato.com -. Finchè non si faranno avanti, è inutile fare ipotesi. Nel calcio non ci sono se. Si parla di cose certe. Se succederà, ne parleremo ma, al momento, non si è presentato nessuno e la volontà di Adriano è di rimanere un altro anno e mezzo nell’Inter e terminare il contratto». Rinaldi ha poi aggiunto che «Adriano al momento sta molto bene, ho parlato pochi giorni fa con lui e si sente bene, è tranquillo e si sta allenando. L’unico vero problema adesso per lui è il freddo».

Il presidente del Genoa Preziosi ha confermato intanto che c’è stato un contatto tra Inter e Genoa per Milito, mentre fino ad oggi i dirigenti di palazzo Durini avevano evitato ogni dichiarazione sull’attaccante argentino. Ma è di nuovo Lele Oriali a smontare ogni ipotesi di trasferimento dell’argentino in nerazzurro: «È un grandissimo giocatore che noi abbiamo trattato qualche anno fa - ammette - ma al momento siamo contenti di quelli che abbiamo e quasi sicuramente non interverremo sul mercato di gennaio». Del resto l’esborso estivo in sede di mercato è stato significativo, nonostante la squadra arrivasse dal secondo tricolore consecutivo, con 40 milioni di euro investiti per Mancini e Quaresma che per ora non hanno dato il riscontro sperato.

Proprio per questo motivo è difficile che il presidente Massimo Moratti accetti di mettere mano al portafogli per staccare un assegno di circa 30 milioni di euro. Piuttosto, l’Inter ha messo sul piatto i prestiti di tre giocatori da scegliere tra Balotelli, Crespo, Burdisso e Rivas, più l’intero cartellino di Obinna. Ed eventualmente ha lasciato intendere che a giugno sarebbe disponibile a cedere Acquafresca. Chi potrebbe sbloccare la situazione è Amantino Mancini. Il brasiliano, che non trova spazio con Mourinho, potrebbe essere ceduto al Real Madrid per una cifra attorno ai 12 milioni di euro. E questi soldi sarebbero girati subito alla società di Preziosi, che sembra si stia comunque guardando attorno sul mercato attaccanti. A metà gennaio comunque Inter e Genoa si incontreranno per fare il punto della situazione. E le sorprese saranno possibili fino alla chiusura del mercato.
09/01/2009 13:29
 
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Rivelazione di segreti d’ufficio. Secondo la procura fu l’ex comandante dei Ros di Milano Mario Mettifogo a diffondere la notizia che nel maggio scorso fece scalpore: una serie di intercettazioni riguardanti un trafficante di droga e alcuni esponenti dell’Inter, vicenda marginale di un’inchiesta ben più complessa sul controllo della cocaina in città finita sulle prime pagine dei giornali subito dopo la vittoria di campionato dei neroazzurri. Per questo motivo, prima di Natale, il pm Luigi Civardi ha chiesto il rinvio a giudizio dell’ufficiale dei carabinieri, considerato per altro uno dei più brillanti investigatori in forza alla stessa Procura, accusandolo di un reato pesante e infamante per un ufficiale sempre in prima linea come Mettifogo.

E’ forse la prima volta che un’inchiesta, aperta per fuga di notizie, approda a un finale così clamoroso, coinvolgendo nientemeno che il vertice del reparto operativo dei carabinieri del capoluogo lombardo. L’udienza preliminare è stata fissata per febbraio davanti al gip Giuseppe Gennari, che deciderà se rinviare a giudizio l’imputato. «Sono certo di poter dimostrare l’innocenza del mio assistito», dice Davide Steccanella, legale dell’ufficiale inquisito. Per il comandante Mettifogo, ora a Moncalieri, è un po’ come aggiungere al danno la beffa. Fu lui a tirare le fila delle indagini coordinate dal pm della Dda Fabio Musso su un traffico di cocaina che partiva delle storiche famiglie della ‘ndrangheta e si concludeva tra le piazze milanesi e quelle della Brianza. L’inchiesta, durata quasi due anni, approdò con un deposito degli atti in procura il 9 maggio.

Nella relazione dei carabinieri del Ros al pm, anche la raccomandazione di stralciare, perchè considerate penalmente irrilevanti, proprio le intercettazioni che sei giorni dopo, il 15 maggio, finirono sui giornali e che riguardavano alcuni dirigenti come Rocco Di Stasi e «Spillo» Altobelli, giocatori come Materazzi e Zanetti e l’allenatore dell’Inter Roberto Mancini, nonchè il suo vice Mihajlovic. Tutti amici o conoscenti di tale Domenico Brescia, uomo dalla doppia vita: frequentatore abituale della Pinetina, tifosissimo neroazzurro, titolare di un negozio di abbigliamento a Rovello Porro da cui si rifornivano alcuni atleti, considerato una sorta di tuttofare per la squadra del cuore, Brescia, 53 anni, sposato con 4 figli, aveva in realtà un passato da rapinatore e un presente, secondo i carabinieri, di piccolo trafficante di droga in Brianza.

Legato alle famiglie dei Crisafulli, tra le più pericolose tra quelle calabresi, da cui, si dice, ricevette uno di quei «piaceri» che non si dimenticano: un piccolo pregiudicato che voleva estorcergli dei soldi finì sotto un metro di terra con la faccia spappolata da tre colpi di lupara. Episodio per il quale Brescia venne condannato per concorso colposo in omicidio. Brescia, accusato in questo caso di aver acquistato nel 2006 due chili di coca da un certo Francesco Castriotta, ha sempre negato ogni addebito. «Il mio debito con la giustizia l’ho già pagato», dichiarò ai giornali prima di tornare nel carcere dal quale era uscito tempo prima in semilibertà. Semilibertà che gli aveva pregiudicato le sue apparizioni ad Appiano Gentile, dove gli uomini della security avevano ricevuto ordine di non farlo più entrare.

I rapporti con alcuni calciatori e con l’allenatore Mancini, mai negati dagli interessati, non si erano però interrotti: in lui i neroazzurri vedevano il tifoso sfegatato, ma anche l’amico cui rivolgersi per piccoli piaceri, dall’auto di lusso al brillante da regalare all’amica, al vestito da aggiustare. Tutte chiacchiere finite nei registratori dei carabinieri e verbalizzate. Chi le passò ai giornali? La Procura è convinta che fu il comandante dei Ros Mettifogo, visto che dai registri della caserma di via Lamarmora nei giorni precedenti la pubblicazione risultano gli ingressi di due giornalisti giudiziari. Il pm Musso ha negato che la notizia possa essere uscita dai suoi uffici: «Saran stati i tifosi dell’Inter», avrebbe detto al procuratore aggiunto Pomarici. Ma per l’avvocato Steccanella «risulta già evidente dagli atti che Mettifogo non era certo l’unico a sapere di quelle intercettazioni prima che uscissero gli articoli». Vedremo che cosa deciderà il gip.
11/01/2009 13:43
 
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Non inizia certo nel modo migliore il 2009 dell'Inter bloccata nel gelo del Meazza da un buon Cagliari che continua a confermare di essere una squadra decisamente in crescita. Robert Acquafresca non fa sconti alla societa' proprietaria del suo cartellino e mette paura ai nerazzurri, ma Zlatan Ibrahimovic si conferma uomo decisivo e indispensabile per Jose' Mourinho. Finisce quindi 1-1 ma se i sardi nel primo tempo non tirano mai in porta, dopo essere passati in vantaggio hanno piu' di un'occasione per chiudere la gara e tutto sommato lasciano Milano con qualche rimpianto. Di rimpianti ne ha invece pochi un'Inter ben lontana dalla perfezione che non sfrutta il suo tasso tecnico decisamente superiore e anche le assenze dei sardi. Il consueto ricorso di Mourinho a tutte le punte a sua disposizione porta ancora risultati ma questa volta il portoghese rischia davvero grosso. Sono comunque due punti persi per i nerazzurri che daranno senz'altro coraggio e morale alle inseguitrici, visto che l'Inter e' al momento ancora una squadra in costruzione che non sempre trova gli equilibri giusti. Tanti complimenti vanno comunque a Massimiliano Allegri che ha invece trovato davvero la formula migliore per far rendere al massimo il suo Cagliari.

E la sua squadra, anche senza i due difensori centrali titolari, tiene testa al potenziale offensivo dell'Inter e va vicinissimo a dare il secondo dispiacere italiano a Mourinho. Senza gli squalificati Lopez e Bianco, Allegri schiera infatti la coppia inedita Astori-Canini al centro della difesa e, tutto sommato, i due non sfigurano. L'unico vero errore lo commette Astori al 13' quando si fa rubare ingenuamente il pallone da Cruz che serve Ibrahimovic ma il tiro dello svedese e' centrale. L'Inter ha una seconda occasione ancora piu' netta al 25' ma questa volta e' Cruz a divorarsi un gol gia' fatto. Poco o nulla da segnalare dalle parti di Julio Cesar, visto che Acquafresca non sembra proprio in serata. Mourinho prova a cambiare un po' le cose, inserendo Quaresma per Cordoba bloccato dal mal di schiena e arretrando Chivu in difesa e il primo tiro della ripresa e' proprio del portoghese che, se non altro, dimostra finalmente si saper calciare anche di collo e non solo con la fin qui molto inutile 'trivela'. Quaresma porta senz'altro un po' di vivacita' allo stagnante tran tran nerazzurro e sembra poter cambiare la partita ma al primo tiro in porta, il Cagliari segna. Sul lancio di Fini al 20', Samuel scivola e cosi' Acqufresca puo' prendere la mira e battere Julio Cesar, segnando il suo settimo gol. Sotto di una rete, Mourinho si lancia in una delle sue mosse rischiatutto: dentro Crespo e Mancini per Figo e Samuel e via a un 3-2-5 che apre praterie gigantesche per il Cagliari. E succede un po' di tutto. Al 27' Biondini manda a lato di un niente, due minuti dopo e' Acquafresca a calciare alto. Ma il modulo tutti avanti funziona anche questa volta e Ibrahimovic segna il suo 11/mo gol al 32' sfruttando il grande lavoro di Crespo. Sbagliano invece Cossu e, soprattutto, Acquafresca che manda alto da due metri una corta respinta di Julio Cesar sul tiro di Cossu. Muntari prende il palo esterno e poi Pierpaoli annulla giustamente per fuorigioco il gol nel recupero di Mancini. E cosi', dopo il Genoa, anche il Cagliari esce dal Meazza con un bel pareggio.

14/01/2009 13:32
 
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L’Inter si è qualificata ai quarti di finale della Coppa Italia battendo per 3-1, dopo i tempi supplementari, il Genoa nel match valido per gli ottavi. I tempi regolamentari si erano conclusi sull’1 a 1. Nei quarti la squadra di Mourinho affronterà la Roma.

Ha vinto nei tempi supplementari l’Inter con un gol di Cambiasso e un capolavoro di Ibrahimovic. Ma il Genoa ha giocato, in dieci, una straordinaria partita. Il redivivo Adriano, dopo aver sbagliato un rigore (parato da Scarpi) nel primo tempo, ha segnato un bel gol nella ripresa, ma l’indomito Genoa, in dieci per l’espulsione di Biava, ha pareggiato con un gran tiro di Rossi. Davvero un Genoa encomiabile, nonostante le assenze: l’Inter ha fatto possesso palla, tiri da fuori, ma anche stavolta non è stato lucida e l’ingresso di Ibra (sull’1-0) è stato decisivo nei supplementari. La squadra di Gasperini è andata ai supplementari, ha lottato con grande forza d’animo.

Mourinho ha preferito dare un pò di riposo a Cambiasso (è entrato nel finale) , schierando al suo posto Chivu. Anche Ibrahimovic in panchina all’inizio, in campo Crespo e Adriano. Lo svedese ha «pesato» nei supplementari , col tiro che Scarpi non ha trattenuto favorendo il gol di Cambiasso e poi col colpo da biliardo (tunnel a Scarpi). L’Inter ha vinto quasi per sfinimento del Genoa. Gasparini, privo di Milito, Motta, Gasbarroni ecc., ha giocato senza punte vere, con Sculli al centro dell’attacco. Come in campionato, la squadra di Gasperini ha impostato una intelligente partita difensiva che ha ceduto all’Inter pochi spazi, costringendola al tiro da fuori: ci hanno provato, i nerazzurri, ma con poca precisione (Adriano, Maicon, Jimenez, Crespo).

In definitiva nel primo tempo si è registrata una costante (ma spesso mal realizzata) offensiva dell’Inter. E tuttavia la prima, grande occasione, l’ha avuta Vanden Borre che è partito da destra, ha superato Toldo e, da destra, invece di cercare di metterla nella porta vuota ha cincischiato dando la possibilità a Muntari di recuperare. Ancora più determinante l’episodio del 19’, quando Mesto ha commesso un imperdonabile errore: ha passato indietro a Biava servendo...Adriano che è andato verso la porta reossoblu centralmente ed è stato abbattuto appena fuori dall’area dall’ex difensore del Palermo. Gava ha espulso Biava (giusto), ma ha anche indicato il dischetto (sbagliato). Dopo le proteste di rito, sul dischetto è andato lo stesso Adriano che ha tirato debole sulla destra del bravissimo Scarpi che ha deviato in angolo. Il brasiliano è apparso in buona serata, ma il rigore fallito non lo ha aiutato molto.

Spento invece Jimenez, che ha dato poco sprint alla squadra di Mourinho e ha sbagliato in parecche circostanze. Meglio Maicon e Maxwell in fase di propulsione, carente Chivu. Il Genoa, nonostante l’inferiorità numerica, ha giocato un buon primo tempo. Gasperini nell’intervallo ha inserito Papastathopoulos al posto di Mesto (in cattiva serata), Mou Obinna al posto di Muntari per un’Inter più offensiva. L’attaccante nigeriano è parso subito aggressivo, ma ha sbagliatomolto. Poi è entrato Criscito invece di Modesto per dar maggiore consistenza alla difesa rossoblu e la partita ha assunto un altro aspetto. Un pericoloso colpo di testa di Adriano su traversone da destra di Maicon, che poi dopo una volata di Maicon, ha trovato sulla sua strada un ottimo Scarpi che all’8’ ha impedito ancora a Adriano di segnare da due passi.

L’Inter ha insomma schiacciato il Genoa in area, ma non ha trovato spazi. Un gran tiro di Zanetti, respinto da Scarpi, e un salvataggio a terra del portiere rossoblu su acrobazia di Adriano che poco dopo è andato in gol: Maxwell da sinistra gli ha messo una bella palla sulla testa e il brasiliano non ha fallito. Mourinho, dopo Cambiasso, ha fatto entrare Ibrahimovic (che tiro al 37’ !) al posto di Adriano. Il Genoa non ha desistito e M.Rossi, al 33’, dopo un fortunato contrasto con Samuel sulla destra, appena entrato in area ha fulminato Toldo con un fulmine destro all’incrocio opposto. Nel finale l’Inter ha avuto occasioni con Crespo e Zanetti, mentre Scarpi è stato fenomenale. Nei supplementari Inter ancora avanti con Scarpi ancora protagonista su un diagonale di Crespo che poi ha mancato l’impatto con la palla della vittoria su assist di Crespo. Al 10’ l’Inter è andata in gol: gran destro da fuori area di Ibra che Scarpi (primo errore) non ha trattenuto e Cambiasso ha insaccato da due passi. Lo stesso svedese al 13’ ha tirato, Scarpi ha inseguito la palla sulla sinistra, Ibrahimovic gli ha fatto passare la palla fra le gambe insaccando. La vittoria dell’Inter è stata inevitabile, ma la squadra di Gasperini ha meritato l’onore delle armi.
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