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BALLATA TRISTE DI SESSO CUBANO

Ultimo Aggiornamento: 30/10/2009 17:49
09/07/2008 14:29
 
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Tristi le facce delle jineteras

Altro che salsa, sole e sesso: di giorno l'Avana è una città intrisa di tristezza. Sono tristi le strade dell'Avana Vieja, graveolenti di odori. Sono tristi le case con le loro facciate nobili che si sbriciolano, le scale con le balaustre di marmo tutte rotte, gli intrichi di fili elettrici che penzolano e i baracoa, le conigliere soppalcate di venti metri quadri ricavati dagli spaziosi vecchi appartamenti in cui si vive in tre, quattro, cinque. E dieci famiglie dividono un cesso.
Sono tristi le facce delle jineteras nei bar, e ancora più tristi quelle dei ragazzi che le tengono malinconicamente mano nella mano: dopo il sesso non c'è gran che da dirsi - specialmente se il chico non parla spagnolo. Sono tristi le farmacie in cui manca di tutto, soprattutto anestetici e antidolorifici. Se vi viene una colica, niente Voltaren. Tutto quello che il vostro medico può fare - e i medici cubani sono bravissimi - è un'applicazione di agopuntura o un rimedio omeopatico.

Sono tristi le bodegas in pesos, vuote di ogni ben di dio, dove i cubani che non hanno accesso al dollaro - spesso professori, medici, funzionari di stato - fanno la fila guardando accigliati le poche carote spelacchiate e i carichi che arrivano con l'inefficienza delle economie centralizzate e poco elastiche: questa settimana solo arance e cappelli di paglia, la prossima solo banane verdi e cipolle.

I limoni mai. Non ci sono limoni per i cubani che pagano in pesos, quelli vanno tutti nei daiquirì dei turisti e nei supermercati dove si paga in fula, in dollari USA.
Ma i cubani non si abbattono facilmente, sanno prenderla in ridere, e la tristezza svanisce, si sublima tra due battute e una risata nell'eterno buscar e resolver, la caccia a un dollaro per svoltare la giornata, la caccia a una passera per svoltare la serata. Passa una mulatta sensuale, cammina a passo di danza muovendo mollemente due chiappe altissime, dure ed elastiche come uova sode. Qualcuno le lancia un piropo, un complimento un po' osé, lei fa finta di niente e tira avanti sorridendo. Gli occhi dei maschi la seguono carichi di sperma, le lingue passano sulle labbra piene di desiderio. Stanotte, quando il caldo appiccicaticcio avrà lasciato il posto alla brezza che dal mare soffia sul Malecón, sarà il solito groviglio di lussuria, di corpi e di gemiti che, in quattro secoli, ha creato questa razza meticcia e straordinaria.

Gli uomini buoni vanno in Paradiso, quelli cattivi a Patong
09/07/2008 14:31
 
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L'Avana Vieja si fa il vestito nuovo


C'è un uomo di genio, all'Avana. Si chiama Eusebio Leal, e ha un titolo bellissimo: è l'Historiador de la Ciudad de la Habana. E' l'uomo che, col suo staff, sta ricostruendo la Habana Vieja, dichiarata nel 1988 Patrimonio dell'Umanità dall'UNESCO.

La Habana Vieja è un formicaio brulicante di vita: nel Cinquantanove le belle case in stile eclettico coloniale abbandonate dai cubani ricchi sono state occupate dalla Revolución e distribuite al popolo, una stanza per famiglia. Le stanze, alte cinque metri sono state suddivise ulteriormente con un soppalco a formare i cosiddetti baracoa. Gli abitanti vivono come conigli in questi appartamenti in cui i fili elettrici e telefonici pendono dai soffitti in grovigli inestricabili e pericolosi, le scale sono rotte e pericolanti, le facciate scrostate da cinquant'anni di mancata manutenzione. Negli atri, sulle scale, fastigia di uno splendore antico, un medaglione col busto del padrone di casa, un affresco rosicchiato dal salnitro, un angiolino di marmo col braccio spezzato.
L'Historiador della Habana si è fatto dare pieni poteri direttamente da Fidel Castro, ha fatto sloggiare gli abitanti di alcuni palazzi storici, gli ha procurato una casa (di proprietà) nelle orrende borgate di Alamar o Cotorro e i palazzi sono stati ristrutturati. Sono diventati alberghi, bar o negozi, case per anziani, laboratori artigianali, atelier di artisti. I proventi degli alberghi e degli affitti vengono reinvestiti in nuove ristrutturazioni e così via. Le Nazioni Unite danno consulenza e finanziamenti. Leal è riuscito a creare 12.000 posti di lavoro per gli abitanti dell'Avana Vieja. Le conigliere puzzolenti di fogna, le case scrostate, le facce cupe degli abitanti, in grandissima parte neri, stanno pian piano cedendo il passo a vezzosi palazzi pastello, a camerieri un po' figli di puttana, a turisti color aragosta che sorbiscono i loro mojitos alla Bodeguita del Medio e si sentono tanto Hemingway.
Sarà un bene? Sarà un male? Non c'è dubbio che l'Avana Vieja debba essere risanata e ristrutturata. Una parte dei suoi abitanti - certo quella con più meriti rivoluzionari - tornerà a viverci (non in proprietà, in affitto). Ma vedere il Meson de la Flota, già orrida tavernaccia da ron e puttane, spostato di duecento metri e completamente rigabettato, popolato da inglesi sudati che fumano avana nuovi nuovi guardando una ballerina di flamenco tutta perbenino, mi sembra tanto Disneyland.

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09/07/2008 14:31
 
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Tre pesci sotto la ceiba


Ramòn lo becco sull'autopista sotto un sole che brucia, con la moglie e un bambino di un anno, una sporta sotto il braccio e un ventilatore nell'altro: stanno portando a casa il bambino dall'ospedale. Una brutta enterite, ma adesso è guarito. Chiacchieriamo, è simpatico, magro, biondo, un po' lacero, fa l'insegnante in una scuola secondaria.
"Va bene, grazie, scendiamo qui al bivio: lei va verso Bahia Cochinos, no? Noi proseguiamo a piedi, casa nostra non è lontana."
Dò un'occhiata al sole che picchia, alla strada calcinata:
"Ma no, troppo caldo per il bambino. Guidami, Ramòn, ti accompagno."
"Ma no, ma no, non disturbarti! Saranno quattro chilometri!"
Nello specchietto vedo l'occhiata della moglie, prega che invece mi disturbi.
"Quattro chilometri? Cosa vuoi che siano, in macchina. Di qua?"
La strada diventa polverosa. Arriviamo alla casa, una costruzione di legno poverissima, l'orto, una grande ceiba frondosa, una vecchia Lada 124 di quelle che facevano a Togliattigrad con le catene di montaggio smesse dalla FIAT. Ma la carrozzeria è arrugginita, i sedili sono spariti e nemmeno le ruote ci sono più.
Ramon insiste che scenda, mi invita a prendere un caffè, nonni e zie abbracciano il bambino. Accetto, mi siedo all'ombra della ceiba. Non hanno niente, sono veramente poveri. Ramon è un entusiasta, ama Cuba e il socialismo, adora Fidel e dice che sì, ci sono delle difficoltà ma passeranno, noi cubiani tiriamo avanti lo stesso. Gli Anni Novanta, quelli sì che sono stati duri.

Arriva la mamma, intimidita, con tre pesci magri magri appena fritti, su un piatto di plastica. Ramon me li offre, li mangiamo insieme, con le mani, conditi con qualche goccia di limone staccato da un albero dell'orto e con la felicità di Ramon per l'ospite straniero, per la bella giornata , per il bambino guarito, per il trionfo immancabile della rivoluzione.

Non so se ho mai mangiato dei pesci così buoni.

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09/07/2008 14:32
 
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La chica e la bambina

Per le strade dell'Habana vecchia i ragazzini giocano a domino o a baseball con palle di legno e guanti rimediati. Occhieggi nei bassi dalle porte spalancate e vedi ragazzi, in maggioranza neri, stravaccati di fronte ai televisori. La sensazione di degrado è forte, sottolineata dalla puzza di fogna, di immondizie fermentate, di soffritti bruciati. Le case sono pesantemente sbarrate, in ogni appartamento la porta è chiusa da un cancello supplementare. Di fronte a una finestra a mezzaluna tagliata in un portone e protetta da sbarre una piccola folla compra le cajitas, scatole di cartone con cose povere, patate e pollo, o yucca e salsiccia: un fast food alla habanera. Dentro un portone spalancato due ragazzi, due ragazze e una bambina se ne stanno stravaccati su divani sdruciti di skai, guardando la televisione. Una delle ragazze mi chiama: "Ehi, amigo, ti piace questa chica? Vieni, vieni, guardi che roba!" La chica si fa avanti , si mette in mostra, assume pose sexy. E' magra, ossuta, non ha l'aria tanto sana. I due ragazzi ridono, la bambina guarda la scena e ride anche lei.


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09/07/2008 14:33
 
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Primero de Mayo


El Primero de Mayo me lo voglio fare da cubano. Flora, la deliziosa signora nera che ogni mattina mi prepara la colazione con le guayabe, i manghi, i mamey appena raccolti nel giardino, è un'entusiasta di Fidel. Ci iscriviamo con una brigata di vicinato, andremo tutti in camion in Plaza de la Revolución: sveglia alle tre, partenza alle quattro. Per la Revolución si soffre volentieri.

Ma la mattina piove a dirotto, uno di quegli acquazzoni tropicali battenti che non hanno misericordia per il popolo. Flora e io ci guardiamo. Lei, che sorride sempre, esclama: "El primero aguacero de mayo, Enzo: brinda suerte mojarse!".

Bagnarsi col primo acquazzone di maggio porterà anche fortuna, ma non me la vedo, questa signora di sessant'anni, issata su un camion a cantare l'Internazionale sotto questo diluvio. E tanto meno mi ci vedo io. Che cazzo, mica è la mia rivoluzione. Sarà meglio prendere la macchina.

Non c'è traffico per i grandi viali di Cuba. La Quinta Avenida è deserta nel buio, sotto la pioggia che scroscia violenta. Arriviamo vicinissimi alla Plaza che sono ancora le quattro e mezzo. Dalla campagna stanno arrivando torpedoni carichi di cubani venuti a festeggiare la rivoluzione.

L'aria è festosa, da scampagnata. Mi stupisce la completa assenza di polizia in assetto di ordine pubblico, caschi scudi e manganelli. Ma è ovvio, chi mai farebbe una manifestazione di protesta in un paese in cui se dirotti il traghetto della baia ti mettono al muro?

Facce, tante belle facce entusiaste, piene di partecipazione. Vengono distribuite centinaia di migliaia di bandierine di carta. Bambine sulle spalle dei papà, tanti studenti in pantaloni avana e camicia bianca, tanti scolaretti col fazzoletto rosso.

Verso le otto arriva il sole. “Vedi? Fidel è baciato dalla fortuna” dicono due signore entusiaste. Sul palco, assieme ai dirigenti del partito, c'è Gianni Minà, c'è il colombiano Santiago Garcia, c’è Gabo Marquez. Ma mancano esponenti importanti della sinistra mondiale: manca Eduardo Galeano. Manca un vecchio comunista come José Saramago, che ha dichiarato: "Fino a qui sono arrivato. D'ora in poi Cuba seguirà la sua strada e io la mia (...) Il dissenso è un diritto scritto con inchiostro invisibile...".

La mattinata inizia coi discorsi delle delegazioni straniere. Poi, verso le dieci, il Comandante, lentamente, nella sua uniforme verde oliva, si avvicina al podio.
Ammettiamolo: il vecchio pitone conserva sempre il suo fascino. Lo pensi nelle foto di Korda o di Raúl Corrales, giovane ribelle sulla Sierra Maestra, o quando si giocò il tutto per tutto a Playa Girón, con la flotta americana che premeva giusto fuori delle acque territoriali. Quando parla – e accidenti quanto parla – te encanta.


Ma quest’anno pronuncia un discorso particolarmente duro. Manda invettive violente al “señor Bush, cinico y cobarde”, accusa un complotto mondiale nazi-fascista, dice che, per quanto sia contrario alla pena di morte, le tre fucilazioni sono state un male necessario. Tira in ballo il Papa. Dice (a proposito dei tre fucilati) che nemmeno Gesù, che cacciò a frustate i mercanti dal tempio, avrebbe proibito al popolo di difendersi. Certo, esagera. Ma ha il polso della folla, e ogni parola d’ordine, a ogni “Revolución”, a ogni “resisteremo fino alla morte” la folla sventola entusiasta le bandierine. E quando termina con un tonante “Hasta la victoria! Siempre!” tutti scandiscono in coro, entusiasti, “Fi-del, Fi-del, Fi-del!”.


L’entusiasmo è palpabile, è vero, è sentito. Ma a un orecchio occidentale un po' cinico suona tanto come “Du-ce!, Du-ce!, Du-ce!”.


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09/07/2008 14:33
 
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La mistica della sofferenza


"Per quarant'anni abbiamo coltivato la mistica della sofferenza, un furore rivoluzionario che ci faceva sentire duri e puri" dice un professore universitario. "Abbiamo fatto sacrifici inenarrabili in nome della rivoluzione. Adesso mi trovo a guadagnare quindici dollari al mese, quello che un posteggiatore guadagna in un giorno. E nello sguardo dei miei figli sento il rimprovero perché non posso permettermi di comprargli la felpa della Nike. Non è piacevole"
La frattura nei valori tra padri e figli. Ecco un altro aspetto importante del cambiamento che sta vivendo Cuba. Frugali, ideologizzati, fedeli alla linea, i genitori hanno costruito a testa bassa una Cuba in cui tutti i bambini potessero andare a scuola e la sanità fosse a disposizione di tutti. Ora i figli inseguono il dollaro facile, il contatto con un turismo spendaccione corrompe la vecchia frugalità rivoluzionaria. Si è creata una nuova classe sociale, quella di chi guadagna in dollari. E i nuovi proletari sono gli insegnanti, i ricercatori, i medici: chiunque abbia più cultura che iniziativa.

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09/07/2008 14:34
 
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Fragola e cioccolato


Il paladar più bello, la Guarida, quello in cui è stato girato Fragola e Cioccolato, è in uno di questi palazzi nobilmente decaduti.

Dentro alla Guarida quadri, fotografie, cibi raffinati, bei bicchieri, luci giuste. Le foto della Regina Sofia di Spagna, che nel suo viaggio all'Avana (il primo dei Reali di Spagna dal 1898) ha cenato qui, foto con dedica di Sean Connery, di Michael Douglas, di Sofia Loren. Bei ragazzi che servono in tavola, con l'aria da intellettuali.

Fuori scale male illuminate, le balaustre di marmo di Carrara tutte rotte, un angioletto di marmo rosa a cui qualcuno ha spezzato un braccio. Finestre aperte per il gran caldo, scorci di tizi seminudi sbracati su una poltrona e illuminati solo dal televisore, puzza di fogne che perdono, di soffritti bruciati, di piedi. Una giovane puttana fa entrare un cliente nel suo baracoa male illuminato, poi va un attimo a sciacquarsi nel cesso in comune sul ballatoio.

Sul cesso, la scritta "Per favore usa pure la luce, ma spegnila quando hai finito. Ricordati che lampadine sono a libreta".


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09/07/2008 14:34
 
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Dirotta il vaporetto!


Poi, il botto: undici disgraziati con una pistola cercano di dirottare il traghettino che attraversa la baia dell’Avana dalla città vecchia a Regla, una roba tipo il vaporetto per Torcello, assolutamente inadatto ad attraversare lo stretto di Florida. Non c’è neanche abbastanza carburante, e infatti il traghetto comincia a sputazzare e si ferma ben prima di raggiungere le dodici miglia. I guardacoste lo raggiungono, lo fermano, arrestano gli undici. Un atto così disperato e male organizzato che al massimo avrebbero dovuto prenderli a pernacchie. E invece, nonostante i turisti stranieri siano concordi nell’affermare che i pirati sono stati correttissimi e che non c’è stata nessuna violenza, tre dirottatori (“I più violenti”, secondo l’accusa) vengono fucilati dopo un processo sommario e senza garanzie.




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09/07/2008 14:35
 
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La primavera infranta


Se ne stanno tutti zitti e abbottonati, i cubani: sul Paseo de Martì, alla gelateria Coppelia, al caffè dell'unione Scrittori al Vedado, nelle piazzette dell'Avana vecchia. Dopo le fucilazioni dei tre disperati che avevano cercato di dirottare il traghetto della baia è impossibile parlare con qualcuno, a Cuba. Tutti zitti, tutti spaventati e rintanati i dissidenti ancora fuor di galera. Muti gli scrittori e i giornalisti. Doppiamente prudenti alla nunziatura apostolica, che rifiuta qualsiasi dichiarazione.

E' comprensibile. In un mese – aprile, il più crudele dei mesi - il governo di Fidel Castro ha spezzato le ali a quella che sembrava essere la primavera di Cuba: il cambio, l’apertura, più spazio alle voci critiche, maggior facilità di espatriare, i primi scambi con gli USA, addirittura i primi segni, se non di un secondo partito, almeno di un movimento d’opinione non allineato al regime. Poi, brutale, il pugno d’acciaio. Che in russo, come ben si sa, si traduce Stalin.
La prima mossa per schiacchiare l’opposizione sono stati gli arresti e i processi: 78 intellettuali, giornalisti e attivisti dei diritti umani che, dopo giudizi a cui non sono stati ammessi diplomatici e giornalisti stranieri, dovranno scontare anche 20 anni per diritti di opinione: complessivamente 1454 anni di galera.

Tra loro il poeta Raúl Rivero, l'economista Martha Beatriz Roque, l'intellettuale Hector Palacios, il premio Sakharov per i diritti umani Osvaldo Payà. Otto tra i dissidenti erano in realtà informatori infiltrati dal Ministero degli Interni cubano, e adesso tutti sospettano di tutti.

Secondo Elizardo Sanchez, uno dei leader dei dissidenti,"Questa forma di repressione è la peggiore che si ricordi nella storia di Cuba, senza escludere l'era coloniale. Mai prima d'ora tanta gente è stata così severamente punita per dei crimini di pensiero. Sono veramente prigionieri di coscienza".


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09/07/2008 14:35
 
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Il potere corrompe anche i rivoluzionari.


"Castro è stato un eroe, e noi gli vogliamo bene" mi dice un ragazzo nero nel Paseo di Martì "Ma non si può stare al potere assoluto per quarant'anni senza corrompersi. Non è più il potere al servizio del popolo, ormai è il potere al servizio del potere. E' ora che se ne vada in pensione."






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09/07/2008 14:36
 
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Un golpe in Plaza de la Revolución?


C'è un'altra ipotesi che gira sotterranea: in aprile ci sarebbe stato un tentativo di deporre Fidel dall'interno del Partito. Da qui la stretta improvvisa. Ma chi avrebbe tentato il golpe? Finora non è caduta nessuna testa. Sarà vero il tentativo di colpo di stato o le fucilazioni sono solo il risultato di dun attacco di paranoia del vecchio leader? Al momento in cui scriviamo ancora non ci sono dati sufficienti per capire. E allora lasciamo parlare i cubani e chi a Cuba ci vive. E capisci che la maggioranza dei cubani ama ferocemente la propria isola, e non vorrebbe mai lasciarla. E che per molti la Rivoluzione è ancora un valore. Ma i cubani ne possono più di vivere in queste condizioni.


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09/07/2008 14:36
 
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Le condanne dei compagni.


Il primo a rompere il silenzio è stato Pietro Ingrao che, sulle pagine del Manifesto, ha rivendicato "il coraggio della verità": "Gli imputati erano oppositori del regime castrista. E che altro essi potevano fare visto che a Cuba difettano essenziali diritti di parola, di organizzazione, di lotta politica pubblica e conosciuta?". La repressione castrista inquina un percorso di speranza che è l'unica alternativo alla "dottrina Bush della guerra preventiva".

Per Bertinotti "queste condanne a morte, vanno criticate. Sono piombo sulle ali del movimento pacifista". Dario Fo e Franca Rame raccolgono firme contro il giro di vite cubano.

La condanna più dura viene forse da un vecchio scrittore comunista duro e puro come il portoghese José Saramago: "Fino a qui sono arrivato. D'ora in poi Cuba seguirà la sua strada e io la mia", ha scritto su "El Pais": "Il dissenso è un diritto scritto con inchiostro invisibile...".

Se lo stanno chiedendo tutti. E finora non c'è una risposta, se non la giustificazione di Castro che dice: "L'abbiamo fatto per salvare la patria, per fermare sul nascere un'ondata di emigrazione che avrebbe dato agli USA la scusa per intervenire".

L'unico che non deflette è Gianni Minà: "Se la prendono con Cuba perché mette al muro tre sequestratori, ma non si occupano, per Realpolitik, delle duemila persone che sono sparite dopo essere passate negli uffici di sicurezza americani, dei soprusi commessi dalla Cina, del genocidio in Guatemala... "

Minà ha segnalato alle autorità cubane: "… la mia avversione di cattolico e cittadino del mondo per le condanne a morte (…) Ma il mio amore per Cuba non vacilla".


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09/07/2008 14:37
 
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Nel giardinetto di Bush


In giro c'è sconcerto, non si capisce bene cosa sta succedendo. Fidel dichiara che le tre fucilazioni sono state un sacrificio necessario per difendere la patria dal rischio più grosso di un'invasione USA. E certamente Bush, dopo aver cancellato Saddam, sta guardando con occhi interessati a Cuba, che da due secoli gli USA considerano il loro backyard, il loro giardinetto di casa. Ma perché tre condanne a morte? Perché una risposta così sproporzionata, che ha sfidato tutta l’opinione pubblica mondiale, che è costata a Castro la condanna di voci amiche come Eduardo Galeano, Dario Fo, José Saramago e di gran parte della sinistra mondiale? Il paredón - il muro - a tre disperati - neri, fra l'altro - che hanno dirottato un vaporetto senza carburante, senza far male a nessuno, trattando bene gli ostaggi?


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09/07/2008 14:37
 
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Due posteggiatori di classe


Guidare per l’Avana è piacevole, il traffico è leggero, il parcheggio si trova facilmente. Di fronte al porto ci sono due posteggiatori sui sessanta, simpatici, dall’aria colta, gli occhialini e impeccabili magliette Havana Club, che parlano uno spagnolo cortese e forbito. Due posteggiatori di classe. Gli affido spesso la macchina, quando la riprendo lascio sempre un dollaro, e facciamo amicizia facilmente. Gli chiedo che lavoro facevano, prima.
“Io ero direttore di una fabbrica di sigarette” mi dice Mario.
“E io ero responsabile delle operazioni di una catena televisiva” sorride René, che è quello della foto qui sotto.
Ovvio. Come parcheggiatori guadagnano in un giorno quello che prima guadagnavano in un mese. E in dollari.

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09/07/2008 14:37
 
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I nostri dissidenti all’Avana


"I dissidenti? Oh, qui a Cuba ogni ambasciata aveva i suoi, e spesso non si conoscevano l'uno con l'altro" mi dice un diplomatico, con un pizzico di distaccato cinismo." Hai presente Graham Greene? Il nostro agente all'Avana? Essere un dissidente dava status, dava accesso a finanziamenti e aiuti. Perché è ovvio, gli americani li finanziavano largamente. Un po’ tutti lo facevamo, fa parte del gioco. Non dico che tutti ci marciassero, anzi: molti di loro sono comunisti sinceramente interessati a un'apertura del partito, a un cambiamento in senso democratico. Tanti, però, sull'etichetta di dissidente, ci hanno costruito piccole fortune. Ma sai com'è ... a Cuba non sai mai davvero chi ti sta davanti. Pensa a quegli otto dissidenti che in realtà erano stipendiati - o chissà, magari ricattati - dal Minint."

Già, il Minint. Buoni, quelli. Dò un passaggio a tre funzionari del Ministero dell'Interno in divisa, una bionda carina e due uomini. Un gelo. Nelle poche domande che mi fanno - da dove viene, cosa fa a Cuba, le piace l'isola - c'è un tono inquisitorio di cui probabilmente nemmeno si rendono conto.

Non lo fanno neanche apposta, credo. Pura deformazione professionale. Scuola sovietica, KGB, Andropov, Putin. Giuro che non vorrei passare neanche un minuto chiuso in una stanza con loro.


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09/07/2008 14:38
 
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"Perché a te il passaporto?"


"Come si fa a vivere in un posto dove c'è un solo giornale e un solo partito?" mi dice a voce bassa una giovane dottoressa passeggiando sulla spiaggia di Guanabo "E dove la televisione trasmette solo salsa e i discorsi del Leader Maximo? Come si fa a mettere in carcere 78 intellettuali colpevoli solo di cercare un'apertura, uno spiraglio? E fucilare tre persone solo perché cercano di scappare? Ma perché tutti vogliamo scappare da Cuba? Per te è facile espatriare, basta chiedere un passaporto. Per me resta un sogno proibito. Anche se avessi i soldi per il biglietto non mi darebbero il permesso, perché la mia specializzazione è considerata "strategica". Il mio capo è stato invitato dall'Ospedale di Careggi a un corso di altissima specializzazione, con una borsa di studio pagata dall'italia. A sua moglie, pure medico, non hanno dato il permesso, perché non avevano figli da lasciare qui. Non gliel'hanno mica negato ufficialmente. Qui a Cuba c'è tutto un modo obliquo di perdere le carte, di far ritardare i permessi. Fatto sta che a due coniugi non danno mai contemporaneamente il permesso di espatrio, se non hanno figli da lasciare in ostaggio.
Io non vorrei mai lasciare Cuba per sempre. Ma qui ti viene la claustrofobia. Capisci perché c'è tutta questa corsa a sposare lo straniero, anche se è vecchio e brutto? Qualsiasi cosa pur di andarsene.
E poi cosa credi, che a Cuba non ci sia razzismo? C'è, c'è. La vedi questa pelle nera? Non hai idea di quante umiliazioni mi costi."

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09/07/2008 14:38
 
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La fedelissima di Fidel: una santa. O, meglio, una santera.


Si sa poco degli amori di Fidel. Ma c'è una donna che, fin dai tempi della Rivoluzione, è sempre stata nel cuore dei cubani. Si chiamava Celia Sánchez, era amata da tutti i cubani per la sua modestia e per la sua umanità. Ha creato la Gelateria Coppelia e il Parque Lenin. Ha fatto innumerevoli opere di bene, è stata sempre vicina al popolo, ha compreso il malessere dei più sfortunati e se ne è fatta interprete presso il potere cubano. Quasi una santa. I suoi funerali, l'11 gennaio del 1980, furono una dimostrazione incredibile di cordoglio popolare.

Non si sa bene se Celia sia stata o no l'amante di Fidel. Quando Dan Rather glielo chiese direttamente, Castro rispose seccamente che non rispondeva a domande sulla sua vita privata. Di certo, oltre ad essere la donna più amata di Cuba, era la più potente. Aveva lottato al fianco di Fidél fin dai tempi della Sierra Maestra. Era la persona più vicina a Castro, gli organizzava l'agenda, gli stava al fianco giorno e notte consigliandolo col suo buonsenso e, dice il popolo, con qualcos'altro.

No, non il sesso. Più che una santa, Celia era una santera. Secondo la voce popolare è stata la madrina di Fidél nella Santería, la religione cubana nata dal sincretismo tra cattolicesimo e religioni animiste africane. Per l'esattezza, Celia sarebbe stata una iyalocha, una sacerdotessa devota a Obatalá. Molti cubani sono convinti che il perdurante potere di Fidel e Raúl Castro derivi dal fatto che praticano la Santería, e che la rovina di Cuba sia inziata negli Anni Ottanta, dopo la morte di Celia.

Sta di fatto che, vent'anni dopo, la Casa di Celia al Vedado, Calle 11 con C, è ancora pesantemente sorvegliata e protetta dalla polizia, che non lascia passare nessuno. Fidel ha voluto che tutto restasse come quando è morta: e spesso, quando ha bisogno di prendere decisioni importanti, va al Vedado e si chiude in meditazione nella casa della sua consigliera e compagna di guerriglia.

Il popolo dice che, in calle 11, Fidel ci tiene i suoi santi.

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09/07/2008 14:39
 
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La mammella sovietica.


"Siamo stati troppo attaccati alla mammella sovietica" dice un intellettuale. "C'era un uragano? Nel giro di un paio di mesi arrivava un cargo da Odessa con il cemento, i tetti di eternit, i piloni, i chiodi, tutto il necessario per la ricostruzione. Noi cubani siamo pigri e festaioli, e in trent'anni ci siamo intorpiditi i muscoli della fantasia e del coraggio di rischiare. La caduta dell'Unione Sovietica ci ha colto del tutto impreparati. E l'economia va male. Che economia è quella in cui per una settimana arrivano solo arance e cappelli di paglia? E come è possibile che a Cuba - a Cuba! - siano introvabili i limoni, per la gente comune?"

I limoni ci sono, oh se ci sono. Ma sono riservati ai daiquirì dei turisti e ai cubani che possono pagare in dollari. Circa il 60% dei cubani ha accesso al circuito del dollaro e può comprare benzina, scarpe, vestiti, far la spesa nelle fornite Tiendas Panamericanas. Il resto fa la fame con la libreta (la tessera di razionamento) e i banchi spogli dei mercati in pesos, dove manca ogni ben di dio.

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09/07/2008 14:39
 
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La storia della foto del Che.


La famosa foto del Che - una delle icone più famose del mondo - all'inizio fu scartata. Buttata via. Sepolta in un cassetto.
L'aveva fatta Alberto Korda, del giornale "Revoluciòn", un giorno del 1960, durante i funerali dei marinai della Coubre, una nave belga carica d'armi fatta saltare in aria, probabilmente dalla CIA, nel porto dell'Avana.
"Quel giorno il Che aveva una faccia che se vedeva uno yankee se lo mangiava vivo." racconta Korda. "Trovarmelo nell'inquadratura della macchina fotografica, con quell'espressione, mi fece quasi fare un sobbalzo. Istintivamente schiacciai l'otturatore. ".
Ecco qui sotto la foto originale, che non tutti conoscono. E' tutta un'altra cosa, vero? con quel tizio sconosciuto a sinistra e quelle fronde di palma a destra. Korda sapeva di avere una grande fotografia. Riquadrò il Ché tagliando via l'uomo e la palma e la portò al giornale. Ma la redazione di "Revoluciòn" la scartò, e la fotografia del Che non fu mai pubblicata.



Anni dopo, l'editore italiano Giangiacomo Feltrinelli vide la foto appesa a una parete della casa di Korda e gliene chiese una copia. Korda gliela regalò. Alla morte del Che, Feltrinelli decise di farne un poster. Decine di migliaia e poi milioni di copie si diffusero in tutto il mondo, su muri, copertine di libri, riviste, coperte, cartelloni, t-shirt.

Per quella foto, da cui la Feltrinelli ha ricavato miliardi, Korda non ha mai ricevuto una lira di diritti d'autore. Gli editori non si smentiscono mai. Ma Korda non si lamenta. E' contento che la sua foto bistrattata abbia vissuto una seconda vita e abbia girato il mondo.


Gli uomini buoni vanno in Paradiso, quelli cattivi a Patong
09/07/2008 14:40
 
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Ma che gli frega dell’Europa?


“Ma che vuoi che gliene freghi a Fidel delle proteste di Galeano, di Fo, di Saramago?” mi dice un giornalista italiano che conosce molto bene le cose cubane. “Le tre fucilazioni sono prima di tutto un segnale diretto al fronte interno, che se ne stiano buoni e tranquilli senza cercare di scappare. In secondo luogo sono un messaggio agli Stati Uniti, che la smettano di rimestare negli affari interni di Cuba. L’Europa viene di gran lunga terza: Cuba è abituata da quarant’anni a essere isolata, se ne frega delle reazioni del’Europa. E Castro sbaglia, perché l’Europa è un partner importante, porta turisti e denaro, potrebbe risolvere tutti i problemi posti dall’embargo americano. Non è ridicolo che a Cuba l’economia giri sul dollaro, la moneta del nemico? A Varadero, invece, l’Euro è già accettato dappertutto. Sarebbe così strana una Cuba basata sull’Euro invece che sul dollaro?”

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09/07/2008 14:40
 
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Fidel: el santero maximo?


Sul lungo potere di Fidel, sul suo magnetismo che incanta le folle, se ne sono dette molte. Di certo l'uomo è eccezionale: un grande condottiero, un padre della Patria, un personaggio fascinoso e carismatico.

Molti cubani pensano che il potere - umano prima che politico - di Fidel dipenda dal fatto che è, fin da prima della Rivoluzione, un adepto della Santería. Ecco un po' di chiacchiere che ho raccolto in giro per le strade e nelle piazze dell'isola.



Uno dei soprannomi di Fidel - di cui il dittatore scoraggia attivamente l'uso, e che mai viene stampato, ma che il popolo adora - è el caballo: da cosa nasce?

Quando un adepto cade in trance durante una cerimonia, si dice che sia posseduto da un santo (orishá), che lo cavalca. Per questo il posseduto è chiamato caballo. La biografa di Castro, Georgie Anne Geyer, dice che è difficile trovare una descrizione migliore di quello che fa Castro con il popolo cubano.

Di certo la Santería ha giocato un ruolo importante nella storia dell'isola. Verso il 1958 il popolo mostrava crescenti sintomi di insofferenza nei confronti del dittatore Fulgencio Batista. Il dittatore ordinò cerimonie della Santería in proprio favore, ma tutte dettero presagi sfavorevoli. Furono invece tenute cerimonie, in favore di Fidel Castro, da Regla e Guanabacoa (zone della Santería all'Avana) fino a Santiago.

E non dimentichiamo che, se guardiamo oltre l'oleografia ufficiale dell'eroica rivoluzione popolare, l'esercito di Fidel e del Che combatté pochissime battaglie, quasi tutte poco più che scaramucce. Quella della Sierra Maestra, trecento barbudos contro diecimila soldati. Quella di Guisa. Quella di Santa Clara, in cui Castro conquista il treno blindato. E poi? Quasi sempre i soldati di Batista scappano o passano alla guerriglia. Tutto il popolo è schierato con Fidel. La marcia fino all'Avana non incontra resistenza, Castro vince la sua rivoluzione quasi senza colpo ferire. Non a caso la battaglia più celebrata è stata quella di Playa Girón, 1961, due anni dopo la presa del potere dei barbudos (e fu solo dopo Playa Girón che Castro dichiarò che quella cubana era una rivoluzione socialista).

La studiosa della Santería Migene González-Whippler, scrive di un aneddoto raccontatole da una santera che vive a New York. La donna dice che, mentre viveva a Cuba, partecipò a un grande rituale della Santería durante il quale Fidel fu immerso in una vasca da bagno piena di sangue di animali sacrificati. Il rituale lo avrebbe protetto e gli avrebbe dato un completo controllo sul nemico. (Migene González-Whippler, The Santería Experience. St. Paul, Minnesota: Llewellyn, 1992, pag. 183.)

Quando i barbudos entrarono all'Avana con le bandiere rosse e nere del Movimento 26 luglio, molti cubani interpretarono i colori come un segno che Castro era protetto da Elegguá che, nella Santería, è il dio del destino, colui che apre le porte della felicità o della sfortuna.

Poco dopo il suo ingresso all'Avana, Castro cominciò uno dei suoi ipnotici discorsi fiume. Dal nulla, si racconta, spuntarono due colombe bianche che si posarono sulla sua spalla. Una di esse gli restò sulla spalla per ore. Il popolo esplose in ovazioni entusiaste: la colomba è il simbolo di Obatalá, il figlio di Dio, colui che crea l'anima e dà forma al corpo. Per i cubani fu la prova evidente che gli dei della Santería avevano scelto Fidel per guidare e proteggere Cuba.

Il fenomeno della colomba bianca si ripetè ancora negli Stati Uniti davanti al monumento a Lincoln: una colomba si posò sulla mano di Lincoln e poi volò sulla spalla di Castro. (*)

Per anni - fino alla visita del Papa del 1998 - Fidel ha combattuto e scoraggiato il cristianesimo come una superstizione, ma alla Santería ha lasciato piena libertà di culto.

E perfino i tre fucilati del traghetto potrebbero essere letti, secondo l'ottica della Santería, come un sacrificio umano agli Orishá.

La Santería incide attivamente sulla realtà? Certamente sì. Ha accelerato la caduta di Batista ed è valsa a Fidel un larghissimo appoggio popolare (sulla Sierra Maestra la Revolución non era marxista: i barbudos erano appoggiati dagli americani, e il marxismo era di là da venire). Davvero funzionano i riti dei babalaos? E chi lo sa? In ogni caso, la Santería è impiantata profondamente nel modo di pensare e nella vita cubana di ogni giorno: ignorarla o considerarla frutto di una cultura inferiore sarebbe un atto di superficialità e una manifestazione di imperialismo culturale.



(*) Sull'episodio della colomba bianca ho trovato diverse testimonianze scritte ma nemmeno una foto. Non so dire, quindi, se sia una leggenda che si è rafforzata di bocca in bocca o se l'episodio sia accaduto veramente (ovviamente la colomba poteva essere ammaestrata). Se qualcuno ne ha una foto, per favore me la mandi.

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09/07/2008 14:40
 
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Con la libreta non si campa.


“Fidel è un grande, noi lo amiamo perché ha ridato dignità a un popolo che sotto Batista era schiacciato e maltrattato” dice la maestrina di campagna quarantenne, che mi mostra orgogliosa la sua scuola, il televisore in ogni classe, i bambini allegri e puliti. “Certo, con la libreta non si campa. A prezzo politico abbiamo tre chili di zucchero, tre chili di riso, un chilo di fagioli, un litro d’olio al mese e sei uova – ma solo in settembre, ottobre, novembre e dicembre. Il resto lo dobbiamo comprare al prezzo di mercato. Il latte per i bambini è gratis fino ai sette anni, ma per il mio, che ne ha nove, debbo spendere 70 pesos al mese. Se pensi che ne guadagno 250 … come si fa? Chi può si arrangia. Con l’orto, con le rimesse dei parenti all’estero, coi turisti. Chi non può fa la fame.”

Chiacchiera chiacchiera, la maestrina finisce con il propormi di cucinarmi clandestinamente un’aragosta e poi, per il dopocena, siccome “un hombre non può stare senza una chica”, di farmi conoscere due o tre ragazze carine e disponibili. Appunto. Chi non si arrangia fa la fame. E spesso Cuba ricorda la Napoli del dopoguerra che Malaparte descrive in “La pelle”.

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09/07/2008 14:41
 
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Bush invaderà Cuba?


A pranzo da Don Cangrejo, un ristorantino sul mare famoso per il pesce e l'aragosta. La brezza combatte come può la calura di questi primi giorni di maggio. Il mio interlocutore, un diplomatico, mi spiega:
"Per la legge Helms-Burton, ogni cubano che tocca con mani e piedi il suolo degli Stati Uniti, anche illegalmente, ha il diritto immediato all'assistenza sociale e alla Green Card."
"Se è messicano, invece” commento “ha il diritto immediato a due etti di piombo."
"Esatto. E anche se è giamaicano, haitiano o quel che ti pare. Solo i cubani hanno questo privilegio. Ma segui la raffinatezza: c'è anche un codicillo per cui se le emigrazioni da Cuba diventano un fattore di rischio per la loro integrità territoriale, gli Stati Uniti hanno il diritto di bloccarle con qualsiasi mezzo, compresa l'invasione dell’isola."
"Geniale. Così possono fare quello che gli pare. Però certo Bush, dopo l'Iraq, non ha intenzione di invadere Cuba."
"E chi glielo impedirebbe? L'ONU? Con gli stessi argomenti con cui ha impedito i bombardamenti su Bagdad?"
"Vero. Negli ambienti diplomatici, qui a Cuba, a quanto si dà la possibilità di un'invasione? Dieci su cento?"
"Cinquanta su cento."

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09/07/2008 14:41
 
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La vera rivoluzione? Cessare l'embargo.


"Un'invasione? " mi dice un'intellettuale cubana che vive all'estero "Se Bush invadesse Cuba, io sarei subito sul Malecón a fare lo scudo umano. Ma Bush è un idiota. Se fosse furbo, invece di giocare a soldatini coi marines eliminerebbe l'embargo, che serve solo a due gruppi: alla mafia di Miami e al gruppo di potere castrista.

La mafia di Miami si sta arricchendo, con l’embargo. Lo sai cos'è una mula? Uno che trasporta coca, ma anche uno a cui danno un biglietto Miami - Cuba e due valige. Nelle valige ci sono vestiti, giocattoli, latte in polvere, dolciumi, soldi che i cubani di Miami mandano alle famiglie rimaste sull’isola. Al Josè Martì c'è chi le ritira, bastano cento dollari al doganiere. E la mafia si ritaglia un bel 10%.


Anche il governo si arricchisce con l'embargo: c'è una tassa del 260% sulle importazioni 'di lusso'. Figurati, 'di lusso' è considerato perfino l’olio di semi. Ma soprattutto l’embargo fa comodo politicamente ai duri del partito, perché consolida il loro potere, è una comoda scusa per dire ‘Come possiamo darvi la democrazia? Non vedete che siamo sotto assedio?’.
Insomma, come al solito chi soffre di più è il popolo.

Ci sono solo due cose che possono abbattere il regime: la prosperità e l'informazione. Mi ha detto un economista, l'altro ieri: "se Bush volesse davvero abbattere il regime, gli basterebbe eliminare l’embargo. Il regime non durerebbe nemmeno ventiquattr'ore."

E lo sai cosa mi ha detto una patriota sessantenne, una che ha fatto la rivoluzione? "C'è una cosa che non perdono, a Fidel: che i miei figli adolescenti desiderino essere americani".

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09/07/2008 14:41
 
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La dentista dell'ospedale di provincia.


Ha circa quarant'anni, occhi dolcissimi e azzurri, un gran seno materno. Scommetto che i bambini si affidano volentieri a lei: fa la estomatóloga, la dentista, in un ospedale di provincia, e sono sicuro che riesce a essere tranquillizzante anche con in mano il trapano.
Le chiedo se mi porta a visitare l'ambulatorio.
"Certo" sorride.

Nell'atrio dell'ospedale una mamma la ferma. Lei le parla con dolcezza, mettendoci tutto il tempo necessario, toccandole il braccio, facendole una carezza sulla guancia.

L'ambulatorio è messo veramente male: quattro poltrone vecchie, strappate qua e là, trapani che hanno visto tempi migliori. Pulitissimo, ma si sente la fatica che fanno per tenerlo in condizioni igieniche decenti.

Vedo dei guanti usa e getta a bagno in bacinelle di plastica:
"E questi?"
"Questi li laviamo con l'ipoclorito, poi li avvolgiamo nella carta oleata e li sterilizziamo in autoclave."
L'ipoclorito è la varecchina. Guardo i pacchettini di carta oleata pronti per l'uso. In una vaschetta, delle siringhe di vetro.
"Siringhe di vetro?"
"Purtroppo. Le sterilizziamo ogni volta. Certo, dopo un po' gli aghi si spuntano."
"E cosa usate per le anestesie? Novocaina? Lidocaina?"
"Sono mesi che non vedo una fiala di lidocaina."
"Buscopan? Voltaren?"
"Magari avessimo del Voltaren..."
"E allora?"
"Omeopatia. Diamo al paziente qualche goccia di camomilla 24 ore prima. In alcuni ospedali usano l'agopuntura."
"Funziona?"
Si stringe nelle spalle, mi guarda come per dire: "C'è un'alternativa?"


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