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Stato di agitazione

Ultimo Aggiornamento: 23/08/2011 10:22
23/08/2011 10:22
 
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YOANI SANCHEZ

“Nella Piragua la scorsa notte sono stati pugnalati tre ragazzi”, “non passare per Zapata y G, che stanno rapinando”; “un ex poliziotto ha ucciso un minorenne per rubargli alcuni mamoncillos (frutti tropicali)”; “non ti azzardare a passare per Centro Habana dopo le dieci”. Queste sono alcune frasi che compongono la nostra alternativa cronaca nera, parte del flusso informativo sulla violenza che i media ufficiali non raccontano. C’è un’esasperazione latente che non esplode in una protesta davanti a Piazza della Rivoluzione né in un sit-in di fronte al Consiglio di Stato, ma che si scarica nella punta del coltello che fende la pelle durante i carnevali e nella sbarra di ferro che si abbatte sulle spalle nel corso di un tumulto. Questa irritazione permanente - imputabile non solo al calore - fa estrarre i coltelli nei luoghi più impensati e spinge a fare a pugni persino i bambini che dovrebbero giocare pacificamente. Uno stato di agitazione che i turisti notano appena, circondati dai finti sorrisi di chi spera di ottenere qualche elargizione.

Alcuni giorni fa, due donne si tiravano i capelli per salire sopra un taxi collettivo, un ispettore di autobus impugnava un bastone per punire un utente che si era lamentato della sua gestione, una madre schiaffeggiava il figlio perché si era sporcato la camicia di gelato e un componente del CDR (Comitato di Difesa della Rivoluzione) di Santiago picchiava selvaggiamente un oppositore, fino a rompergli la mandibola. Che cosa ci sta succedendo? Perché questa furia che si scarica sugli altri? Perché questo silenzio istituzionale intorno a eventi che riguardano la nostra quotidianità? Ricordo di aver passato un paio d’ore in una stazione di polizia e di essermi sorpresa di fronte al gran numero di stranieri che si presentavano per denunciare una rapina. Arrivavano uno dopo l’altro, l’ufficiale di guardia si metteva le mani tra i capelli e mormorava: “Questo è troppo”.

Le autorità del nostro paese credono di far scomparire i pericoli non citando violenze e fatti di sangue? Pensano che non dare notizie sulla violenza cittadina basti a farla diminuire? Sono stufa di accendere la televisione e di vedere soltanto gli incidenti che accadono nelle strade di New York e di Berlino. Ho un figlio di 16 anni e voglio conoscere i pericoli che deve affrontare quando esce dalla porta di casa. Basta falsificare le statistiche, manipolare i certificati delle lesioni, nascondere i risultati della collera. Siamo una società nella quale i colpi e le grida hanno preso il posto delle parole. Confessiamolo e cominciamo a trovare soluzioni per risolvere questo problema.

Traduzione di Gordiano Lupi

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