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Sulla propria pelle....

Ultimo Aggiornamento: 03/08/2011 17:25
03/08/2011 17:25
 
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YOANI SANCHEZ

Il mio telefono mobile ha squillato proprio quando un militare dallo sguardo severo mi stava consegnando i moduli per richiedere il permesso d’uscita. Il grande caseggiato della calle 17 tra J e K era stato restaurato: nuove finestre di alluminio e cristallo, pareti dipinte di fresco e un maggior numero di sedie per la lunga attesa. Durante la giornata di lunedì, nei locali di quella struttura da poco rinnovata, niente faceva presagire novità positive in tema di restrizioni per entrare e uscire dal paese. Tutt’altro. Sembrava che l’enorme industria senza ciminiere delle limitazioni migratorie - che produce considerevoli dividendi in moneta convertibile - sarebbe rimasta in piedi per lunghi anni. Ho risposto al telefono di malavoglia, sfiancata da una burocrazia che mi faceva a pezzi dalle prime ore del mattino. Una voce quasi metallica, diffusa dai circuiti di Skype, mi ha chiesto: “Hai saputo quel che ha detto Raúl Castro?”.

Sono arrivata a casa e ho ascoltato il discorso del presidente cubano davanti all’Assemblea Nazionale. Quasi alla fine, ha detto che si stava “lavorando per modificare la vigente politica migratoria”. Tuttavia, ho ancora in mano tutti questi moduli per ottenere l’autorizzazione a viaggiare e un passaporto pieno di visti che non ho potuto usare. Giovedì prossimo dovrei partecipare all’evento BlogHer a San Diego, ma è impensabile che i cambiamenti in tema di viaggi all’estero siano così rapidi da farmi prendere in tempo l’aereo. Ascoltando il nuovo Leader Massimo, mi è venuto in mente un amico che diceva tra il serio e il faceto: “A Cuba le aperture non sono mai troppo aperte e le chiusure non sono mai troppo chiuse”. In questo caso, non posso abbandonare lo scetticismo frutto dalla mia esperienza personale, che conta 16 divieti di viaggiare all’estero in appena 4 anni.

La possibilità di uscire e di entrare nel nostro paese ha rappresentato per troppo tempo un elemento di costrizione ideologica. Ottenere la carta bianca per uscire da questa isola ed essere autorizzati a entrare nel territorio nazionale, ci ha condizionati a tenere comportamenti politicamente corretti. Non credo, in realtà, che il cambiamento di politica migratoria riguarderà tutti in ugual misura. Resterà in qualche cassetto un elenco di persone che non possono uscire e una scritta di colore rosso indicherà chi non potrà beneficiare di questa riforma. Nonostante tutto, qualcosa si muove nella direzione giusta. Conservo almeno la speranza che quando un maggior numero di cubani riuscirà a viaggiare liberamente, allora sarà più evidente l’umiliante immobilità forzata di altri.

Traduzione di Gordiano Lupi

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