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NOTIZIE SUI NOSTRI AMICI ANIMALI

Ultimo Aggiornamento: 13/08/2009 07:17
16/01/2009 10:20
 
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Qua' non scappa nulla cara Viceadmin.... [SM=x1272156]
16/01/2009 14:02
 
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Salsa Picante
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aston villa, 16/01/2009 10.20:

Qua' non scappa nulla cara Viceadmin.... [SM=x1272156]



[SM=x1272126]

16/01/2009 20:35
 
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TORINO - Aver perseguitato l'ex fidanzata per mesi con telefonate, appostamenti, minacce e persino con il rapimento del gatto è costato a un uomo residente a Iseo (Brescia), S.P., 46 anni, un processo per violenza privata. La causa, che riguarda il fenomeno chiamato 'stalking', si è aperta a Torino, dove abita la parte lesa, ma è stata subito rinviata per un impedimento dell'avvocato difensore. I capi d'accusa preparati dal pm Carlo Pellicano sono un lungo elenco di episodi avvenuti la scorsa primavera.

La donna, dopo una relazione di nove anni, aveva deciso di troncare e S.P. ha cominciato a tormentarla chiamandola ripetutamente a casa e in ufficio e spedendole sms con insulti; alle minacce di distribuire volantini infamanti ha poi aggiunto il rapimento del gatto, che ha chiuso in una valigia riducendolo in fin di vita. Per sottrarsi alle molestie la signora si è messa in ferie e si é stabilita in casa di amiche, ma è stato inutile. A fine giugno si è ritrovata di fronte S.P., che si è ferito con il coltello che aveva con sé. In quell'occasione l'uomo è stato arrestato. "Purtroppo - dice l'avvocato della donna, Andrea Voltolini - il reato di stalking non è ancora presente nei nostri codici, ma l'impostazione del pm è pienamente condivisibile".

S.P. ora è soggetto al divieto di entrare a Torino ma, nonostante questo, alla vigilia del processo su un muro davanti all'abitazione della donna è comparsa una scritta di "scuse" per il trattamento riservato al gatto.
20/01/2009 13:12
 
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Dedicheranno il loro tempo libero per fare volontariato nei canili. Utilizzeranno lo spazio della loro trasmissione per dare ampio spazio ai temi della salvaguardia e della tutela degli animali. E si impegneranno per dare vita ad una grande alleanza con gli ascoltatori per lanciare e sostenere i diritti degli animali. Nel frattempo, chiedono scusa a tutti con un videomessaggio a pagamento sull'home page di YouTube. Marco Mazzoli e altri due conduttori dello «Zoo di 105», Paolo Noise e Wender, hanno deciso di fare un nuovo pubblico «mea culpa», dopo quello già andato in onda in radio nella puntata di mercoledì scorso, l'ultima prima della decisione del loro editore, il gruppo Finelco che edita Radio 105, di sospendere le dirette del programma. Con un grande obiettivo: far capire di essere veramente pentiti per aver dedicato parte della loro trasmissione di lunedì scorso ai molti modi per torturare gatti, rospi e altri animali.

IL VIDEOMESSAGGIO - «Abbiamo deciso di acquistare questo spazio su YouTube come prima sanzione da pagare per scusarci pubblicamente con tutti, con gli animalisti, chi ama gli animali, chi si è sentito offeso - hanno detto Mazzoli e Noise -. E dire che non era nostra intenzione incitare alla violenza contro gli animali, siamo noi stessi persone che amano gli animali e che posseggono animali. Nessuno di noi vorrebbe mai vedere gatti nel microonde o animali con petardi in quel posto e cose del genere. Purtroppo è stato un errore, uno scivolone da cui vorremmo partire per cercare di ricostruire». Di qui l'idea di impegnarsi in prima persona nella propaganda a favore del benessere degli animali. «Andremo personalmente nei canili e invitiamo i nostri ascoltatori a seguirci e darci una mano - ha aggiunto Marco Mazzoli - . Cercheremo trasformare questo grosso errore che abbiamo commesso in una cosa positiva». L'idea è appunto quella di una grande sinergia tra lo staff del programma, la radio e gli stessi ascoltatori «per riparare a questa cretinata che abbiamo fatto». «Ci scusiamo ancora - hanno concluso -. Questa cosa non si ripeterà mai più».

LA RIPRESA DEL PROGRAMMA - «Attualmente il programma è sospeso e riprenderà soltanto nel momento in cui le intenzioni dello Zoo si trasformeranno in realtà» si legge in una nota dell'ufficio stampa di Radio 105 . Ma sia Mazzoli nel vido su YouTube sia la stessa Finelco nel comunicato lasciano intendere che il programma dovrebbe ripartire: «Una nuova era dello Zoo è pronta a cominciare - si legge ancora in una nota -, un’era di maggiore coscienza civile e di impegno nei confronti degli animali». Lo stesso Mazzoli interviene nel comunicato ufficiale dell'emittente: «Purtroppo si è trattato di una goliardata: abbiamo voluto scherzare su un argomento importante e, senza rendercene conto, ci siamo fatti prendere la mano dicendo cretinate una più grossa dell’altra che naturalmente non pensiamo; purtroppo la situazione è degenerata e non siamo riusciti a riprenderla in mano». Di qui i buoni propositi per voltare pagina: «Andremo personalmente nei canili, studieremo iniziative ad hoc insieme ad ogni associazione, ci occuperemo delle adozioni dei cuccioli e faremo del nostro meglio affinché ogni organismo abbia la possibilità di comunicare al meglio la propria attività, certi che tali concrete iniziative ci avvicineranno, anche idealmente, alla moltitudine di persone che nutrono, nel proprio intimo, amorevole sensibilità verso gli animali».

20/01/2009 13:56
 
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Salsa Picante
Re:
aston villa, 20/01/2009 13.12:

Dedicheranno il loro tempo libero per fare volontariato nei canili. Utilizzeranno lo spazio della loro trasmissione per dare ampio spazio ai temi della salvaguardia e della tutela degli animali. E si impegneranno per dare vita ad una grande alleanza con gli ascoltatori per lanciare e sostenere i diritti degli animali. Nel frattempo, chiedono scusa a tutti con un videomessaggio a pagamento sull'home page di YouTube. Marco Mazzoli e altri due conduttori dello «Zoo di 105», Paolo Noise e Wender, hanno deciso di fare un nuovo pubblico «mea culpa», dopo quello già andato in onda in radio nella puntata di mercoledì scorso, l'ultima prima della decisione del loro editore, il gruppo Finelco che edita Radio 105, di sospendere le dirette del programma. Con un grande obiettivo: far capire di essere veramente pentiti per aver dedicato parte della loro trasmissione di lunedì scorso ai molti modi per torturare gatti, rospi e altri animali.

IL VIDEOMESSAGGIO - «Abbiamo deciso di acquistare questo spazio su YouTube come prima sanzione da pagare per scusarci pubblicamente con tutti, con gli animalisti, chi ama gli animali, chi si è sentito offeso - hanno detto Mazzoli e Noise -. E dire che non era nostra intenzione incitare alla violenza contro gli animali, siamo noi stessi persone che amano gli animali e che posseggono animali. Nessuno di noi vorrebbe mai vedere gatti nel microonde o animali con petardi in quel posto e cose del genere. Purtroppo è stato un errore, uno scivolone da cui vorremmo partire per cercare di ricostruire». Di qui l'idea di impegnarsi in prima persona nella propaganda a favore del benessere degli animali. «Andremo personalmente nei canili e invitiamo i nostri ascoltatori a seguirci e darci una mano - ha aggiunto Marco Mazzoli - . Cercheremo trasformare questo grosso errore che abbiamo commesso in una cosa positiva». L'idea è appunto quella di una grande sinergia tra lo staff del programma, la radio e gli stessi ascoltatori «per riparare a questa cretinata che abbiamo fatto». «Ci scusiamo ancora - hanno concluso -. Questa cosa non si ripeterà mai più».

LA RIPRESA DEL PROGRAMMA - «Attualmente il programma è sospeso e riprenderà soltanto nel momento in cui le intenzioni dello Zoo si trasformeranno in realtà» si legge in una nota dell'ufficio stampa di Radio 105 . Ma sia Mazzoli nel vido su YouTube sia la stessa Finelco nel comunicato lasciano intendere che il programma dovrebbe ripartire: «Una nuova era dello Zoo è pronta a cominciare - si legge ancora in una nota -, un’era di maggiore coscienza civile e di impegno nei confronti degli animali». Lo stesso Mazzoli interviene nel comunicato ufficiale dell'emittente: «Purtroppo si è trattato di una goliardata: abbiamo voluto scherzare su un argomento importante e, senza rendercene conto, ci siamo fatti prendere la mano dicendo cretinate una più grossa dell’altra che naturalmente non pensiamo; purtroppo la situazione è degenerata e non siamo riusciti a riprenderla in mano». Di qui i buoni propositi per voltare pagina: «Andremo personalmente nei canili, studieremo iniziative ad hoc insieme ad ogni associazione, ci occuperemo delle adozioni dei cuccioli e faremo del nostro meglio affinché ogni organismo abbia la possibilità di comunicare al meglio la propria attività, certi che tali concrete iniziative ci avvicineranno, anche idealmente, alla moltitudine di persone che nutrono, nel proprio intimo, amorevole sensibilità verso gli animali».




Non so cosa pensare. Bisognerebbe vedere i fatti prima di fare concessioni... e cmq penso a quanti, ascoltando la trasmissione, abbiano effettivamente provato a torturare gli animali nei modi indicati.


20/01/2009 14:37
 
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Simia habilis, verrebbe da dire dopo aver visto i filmati su queste scimmie che si presentano sul posto di lavoro con la precisione dell'ingegnere. Si piazzano davanti alla noce da rompere e cominciano a manipolare con cura da artigiano la pietra con cui assestare il colpo. Se sul livello di abilità abbiamo tracciato la discriminante per individuare il momento in cui la nostra specie si è separata dai più pelosi cugini, vedendo queste scene è difficile non sentire aria di famiglia (con buona pace degli anti darwiniani che negli ultimi otto anni hanno cercato di accreditarsi negli Stati Uniti).

"La scimmia che ha inventato lo schiaccianoci" potrebbe essere il titolo che sintetizza il paziente lavoro svolto nella regione brasiliana del Piauì dai ricercatori dell'Istituto di scienze e tecnologie della cognizione del Cnr di Roma. Protagonisti i cebi, parenti che sono cronologicamente lontani (35 milioni di anni) ma hanno in comune con noi un bel pezzo di Dna (lo scimpanzè, antenato più prossimo, arriva a circa il 98 per cento).
"Abbiamo impostato la ricerca facendo sì che ogni scimmia dovesse scegliere tra due o tre sassi diversi quello adatto a rompere una noce molto dura", spiega Elisabetta Visalberghi, la primatologa che ha partecipato all'esperimento. "Da subito i cebi non hanno mostrato dubbi: trasportavano i sassi resistenti e non quelli fragili, quelli grandi e pesanti e non quelli più piccoli e leggeri che si sarebbero frantumati in mille pezzi nell'urto con la noce. Ma è stato fantastico quando abbiamo visto che le nostre scimmie erano capaci di scegliere il sasso giusto anche quando abbiamo cambiato le carte in tavola e reso il problema ambiguo o addirittura contro-intuitivo".

I ricercatori hanno costruito sassi in resina riempiti con materiale più o meno pesante in modo da far trovare i cebi di fronte a due sassi identici ma di peso differente: e solo quello più pesante serviva a rompere la noce. Ce l'hanno fatta, fin dalle primissime prove hanno scelto il sasso giusto. E hanno continuato a superare le difficoltà indovinando l'attrezzo giusto anche quando, per complicargli ulteriormente la vita, i ricercatori li hanno messi davanti a un sasso piccolo e pesante e a un sasso grande e leggero: hanno scelto quello piccolo e pesante.

23/01/2009 14:20
 
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Una nuova, oscura, strage di balene in Australia: 50 cetacei appartenenti alla specie sperm whale, si sono arenate lungo una spiaggia in Tasmania dopo aver perso l'orientamento e solo due sono riuscite a sopravvivere.

OPERAZIONI DI SOCCORSO - Il portavoce del Tasmanian Parks e Wildlife Services, Liz Wren, ha spiegato che le operazioni di soccorso sono state ostacolate dalla grande massa delle balene, 18 metri di lunghezza per i maschi, 12 per le femmine e peso tra le 20 e le 50 tonnellate. La spiaggia dove si sono arenate è inoltre accessibile solo dall'acqua e questo ha reso ancora più complicati

25/01/2009 20:17
 
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L'atmosfera è quella del Far West, con tanto di piccolo villaggio. E soprattutto con la possibilità, per gli appassionati, di provare l'emozione della caccia più tipica della prateria americana: quella al bisonte. Il tutto senza volare oltreoceano ma raggiungendo la più vicina Bulgaria, dove ha aperto a Orlov Dol, a poche decine di chilometri dal confine con la Turchia, la prima «bison farm» dell’Europa dell’Est. Inaugurata nel dicembre scorso con l’arrivo di una decina di bisonti maschi dal Nordamerica la struttura, gestita dalla società svizzera-bulgara Eurobison, funziona già a pieno ritmo ispirandosi al modello di analoghe tenute statunitensi o canadesi. Per i visitatori che vogliono respirare un po’ di atmosfera da vecchio West sono previsti safari fotografici ed escursioni con la jeep per osservare da vicino i bisonti ospitati nel parco. E, soprattutto, vere e proprie battute di caccia: al prezzo di 4.000 euro e i nostalgici dei film western avranno il diritto di abbattere uno dei bisonti della tenuta. Il trofeo della battuta, testa e pelliccia dell’animale, spetta al cacciatore mentre la carne da macellare (meno grassa e piu’ proteica di quella del manzo) va alla società, a meno che non la desideri acquistare lui stesso.



260 CAPI - I visitatori che vogliono cimentarsi nella caccia al bisonte possono farlo su richiesta: la candidatura, sarà vagliata in modo da regolare l'afflusso secondo i limiti consentiti dallo sviluppo della fattoria. Entro la fine di febbraio è previsto l’arrivo di ulteriori capi di bestiame per formare una mandria di 190 bisonti: fra questi ci saranno anche 70 femmine già gravide, per cui alla fine di giugno il numero crescerà ulteriormente arrivando a 260 animali. La società Eurobison, che secondo i media bulgari ha investito nella creazione della «bison farm» circa un milione di euro, ha preso in concessione una tenuta di circa 1,500 ettari intorno a Orlov Dol per consentire lo sviluppo e l’ampliamento dell’allevamento. La società sta prendendo accordi con diversi tour operator per inserire una visita alla fattoria negli itinerari turistici, soprattutto con quelli che operano nella vicina città di Burgas (insieme a Varna, principale centro turistico bulgaro sul Mar Nero) che dista solo 130 km da Orlov Dol. Il target previsto? Prevalentemente turisti occidentali. Mentre per quanto riguarda il commercio e la vendita della carne macellata non serve recarsi alla «bison farm»: basta un clic nell'area di shopping online del sito web e ordinare bistecche, hamburger, carne macinata e tartare di bisonte.

28/01/2009 09:58
 
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Un raro rettile della Nuova Zelanda é diventato padre per la prima volta all'eta di 111 anni, offrendo un valido contributo alla sopravvivenza della specie. Il tuatara di nome Henry, ospite dal 1970 del Southland Museum di Invercargill nell'isola del sud, ha stupito gli zoologi, convinti che avesse ampiamente superatò l'età riproduttiva, quando lo scorso anno ha ceduto al fascino dell'80/enne Mildred, che ha deposto 12 uova e ieri, dopo 223 giorni di incubazione, sono venuti alla luce 11 piccoli tuatara.

Il rettile, nativo della Nuova Zelanda, ha l'aspetto di una lucertola ma discende direttamente da una linea di rettili che percorrevano la Terra con i dinosauri 225 milioni di anni fa. Il loro numero si è ridotto a circa 50 mila, che per lo più vivono in aree protette dai predatori, tra cui alcune isolette.

Henry aveva almeno 70 anni quando è arrivato al museo, da 'vecchio scontroso' che attaccava gli altri tuatara e non mostrava alcun interesse per l'altro sesso, finché non gli è stato scoperto un tumore ai genitali, che gli è stato rimosso nel 2002. Da allora, spiega il curatore dei rettili Lindsay Hazley, non è stato più aggressivo e ha cominciato ad apprezzare la compagnia di Mildred, già madre di 80 piccoli da molti differenti padri
28/01/2009 10:19
 
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Salsa Picante
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aston villa, 28/01/2009 9.58:

Un raro rettile della Nuova Zelanda é diventato padre per la prima volta all'eta di 111 anni, offrendo un valido contributo alla sopravvivenza della specie. Il tuatara di nome Henry, ospite dal 1970 del Southland Museum di Invercargill nell'isola del sud, ha stupito gli zoologi, convinti che avesse ampiamente superatò l'età riproduttiva, quando lo scorso anno ha ceduto al fascino dell'80/enne Mildred, che ha deposto 12 uova e ieri, dopo 223 giorni di incubazione, sono venuti alla luce 11 piccoli tuatara.

Il rettile, nativo della Nuova Zelanda, ha l'aspetto di una lucertola ma discende direttamente da una linea di rettili che percorrevano la Terra con i dinosauri 225 milioni di anni fa. Il loro numero si è ridotto a circa 50 mila, che per lo più vivono in aree protette dai predatori, tra cui alcune isolette.

Henry aveva almeno 70 anni quando è arrivato al museo, da 'vecchio scontroso' che attaccava gli altri tuatara e non mostrava alcun interesse per l'altro sesso, finché non gli è stato scoperto un tumore ai genitali, che gli è stato rimosso nel 2002. Da allora, spiega il curatore dei rettili Lindsay Hazley, non è stato più aggressivo e ha cominciato ad apprezzare la compagnia di Mildred, già madre di 80 piccoli da molti differenti padri



Alla faccia del viagra! [SM=x1496801]


29/01/2009 09:40
 
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Una coppia della Florida che aveva pagato 155 mila dollari per clonare l'amato Labrador ha ricevuto questa settimana dall'Asia la copia esatta dell'animale.

Ed e Nina Otto avevano prelevato campioni di Dna dell'adorato Golden Labrador 'Lancillotto' cinque anni fa, nella speranza di riuscire a riprodurre l'animale dopo la sua morte. Il cane era morto un anno fa all'età di undici anni, e in luglio la coppia aveva partecipato ad un'asta organizzata da una compagnia californiana per clonare cinque cani.

Il 'Lancillotto bis', creato in un laboratorio della Corea del Sud usando i campioni Dna forniti dalla coppia, è stato consegnato questa settimana ai coniugi Otto. "Lancillotto era un cane umano, gli mancava solo la parola - ha spiegato Ed Otto -. Poteva capire l'inglese e il linguaggio dei gesti".

Il cane clonato ha trovato ad attenderlo in Florida, nella proprietà da sei ettari della coppia a Boca Raton, un autentico zoo: una decina di cani, altrettanti gatti, sei pecore e quattro pappagalli. La clonazione del cane è stata criticata dalla Società Usa per la protezione degli animali: "E' un territorio pieno di false promesse: la clonazione non può sostituire la unicità della personalità di un animale".
02/02/2009 10:20
 
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Sneezing Panda



[SM=x1543497] [SM=x1543497] [SM=x1543497]

02/02/2009 19:08
 
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per la marmotta è ancora presto.... [SM=x1543720]

www.repubblica.it/2006/12/gallerie/ambiente/phil-la-marmott...


P.S.
chi non ricorda il bel con Bill Murray [SM=x1543497]



03/02/2009 15:05
 
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Era meglio se restava a dormire. Ci sono creature a cui non piace proprio esser svegliati, neanche se a farlo è il sindaco di New York. Ma probabilmente la marmottina tirata fuori dalla sua gabbietta di legno era inconsapevole del fatto che proprio tre giorni prima, il primo cittadino, Michael Bloomberg, aveva tagliato del 15% i fondi allo zoo (riducendoli a 1,2 milioni dollari, da 1,6 dell'anno precedente). Fatto è che alla marmottina non è piaciuto affatto essere tirata fuori dalla gabbia, neppure dal sindaco che si è parzialmente salvato grazie al fatto di indossare un paio di guanti di pelle nera.

IRONIA - «Mi ha morso abbastanza per bene», ha ammesso successivamente il sindaco sconsolato. Che poi ha ironizzato: «Si tratta sicuramente di un roditore terrorista addestrato in uno dei campi di Al Qaeda». E alla domanda scherzosa dei giornalisti se volesse vedere la marmotta in prigione ha replicato: «Se il procuratore volesse incriminarla non mi opporrei di certo».



05/02/2009 09:11
 
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Che si chiami Wendy o Carolina poco importa: basta che una mucca abbia un nome e produrra' piu' latte di una 'collega' che invece un nome non ce l'ha. Queste le conclusioni di uno studio della Newcastle University, pubblicato sul sito della rivista Anthrozoos. ''Cosi' come la gente reagisce meglio se viene trattata con un tocco personale, le mucche sono piu' felici e rilassate se ricevono un'attenzione piu' individuale'' spiega Catherine Douglas, della Scuola di agricoltura, cibo e sviluppo rurale presso l'Universita' di Newcastle. ''Quello che dimostra il nostro studio - aggiunge Douglas - e' quanto tanti allevatori attenti sanno da tempo.

Dando maggiore importanza al singolo animale, con comportamenti come chiamare una mucca con il suo nome o interagire durante la sua crescita, non solo possono migliorare il benessere dell'animale e la sua percezione degli esseri umani, ma anche aumentare la produzione di latte''. Lo studio dell'Universita' di Newcastl, riferisce ScienceDaily, ha svolto un'indagine su 516 produttori di latte inglesi. Quasi la meta', il 46%, ha affermato di chiamare per nome le mucche nella propria fattoria, ottenendo, per lo stesso numero di animali, 258 litri in piu' di latte di chi invece non lo fa. Il 66% degli allevatori ha detto di ''conoscere tutte le mucche della mandria'' e il 48% era d'accordo sul fatto che un contatto umano positivo e' piu' probabile che condizioni mucche con una buona tendenza a produrre latte.

''I nostri dati - spiega Douglas - suggeriscono che nell' intera Gran Bretagna i produttori di latte considerano le loro mucche come esseri intelligenti capaci di sperimentare una gamma di emozioni. E dare piu' importanza alla conoscenza dei singoli animali e chiamarli per nome puo' - a costo zero per l' allevatore - anche incrementare in modo significativo la produzione di latte''. ''Qualsiasi tipo di contatto personale con l'animale lo mette in condizioni di vivere meglio - conferma Giancarlo Belluzzi, vicepresidente dell'Associazione nazionale medici veterinari italiani (Anmvi) - si pensi ad esempio alla musica, alle carezze prima della mungitura, o comunque ad un approccio diretto e personale, che rientra nelle linee del benessere animale e di una maggiore empatia di questo con l'ambiente''.

Guardando alla realta' pero' ''e' impensabile oggi dare nomi agli animali nei moderni sistemi di allevamento, che nel caso dei bovini contiene oltre 500 esemplari e nel caso dei suini alcune migliaia''. Il punto e' guardare al contesto piu' ampio del benessere dell'animale, che si tratti di una mucca o di un maiale poco importa: ''E' obbligatorio - aggiunge il vicepresidente dell' Anmvi - per il rispetto delle leggi ma anche per una vita funzionale dell'animale produttivo, trattarlo in modo corretto. Si parte innanzitutto dal comfort dell'ambiente, pulizia e igiene, dalle condizioni della lettiera. Poi si tratta di fornire adeguati spazi di movimento e di riposo, oltre a quello della mangiatoia, dove bisogna evitare lotte fra i singoli animali''. Da non sottovalutare anche luci e suoni: ''Luci fioche la notte e niente rumori fastidiosi e toni acuti'' conclude Belluzzi.
15/02/2009 18:23
 
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Un recente blitz del Corpo Forestale e dei Carabinieri al canile di Santa Brera di San Giuliano Milanese, comune alle porte di Milano, ripropone il tema dei cuccioli che arrivano dall’Est europeo. Un flusso che spesso elude le regole e che tiene in scarso conto la salute degli animali. L’Ufficio Diritti Animali della Provincia di Milano ha stilato un decalogo per evitare di essere "gabbati" e, soprattutto, di essere complici di questa triste speculazione. Poche e semplici regole che possono rivelarsi molto utili.
1) Non acquistare animali a mercati, mercatini o fiere itineranti;
2) non comprare cagnolini o micetti di età inferiore ai tre mesi;
3) non comprare cuccioli nei negozi, è meglio rivolgersi a un allevatore serio, riconosciuto dall’Enci (Ente Nazionale Cinofilia Italiana);
4) insospettirsi se il prezzo del cucciolo di cane è inferiore ai 250 euro;
5) esigere immediatamente il documento di acquisto;
6) non farsi allettare da un attestato internazionale;
7) richiedere la documentazione delle vaccinazioni;
8) firmare un contratto d’acquisto e leggerlo tutto con attenzione;
9) è sempre preferibile scegliere un cagnolino di canile;
10) portare comunque il nuovo arrivato subito da un veterinario, per una bella visita.

Il mercato dei cuccioli dall'est ricostruito in un dossier
La tratta dei cuccioli è molto diffusa. La Provincia di Milano l’ha ricostruita in un dossier. Basta andare in una piazza di mercato di Budapest o di qualche altra città ungherese, polacca o ceca. Ci sono gli importatori italiani, che arrivano con i furgoni, c’è il mediatore, ci sono i «produttori» locali, con la «merce» da piazzare, che arrivano in trattore dalle campagne circostanti: si tratta di allevatori di pecore o contadini, che sanno ben poco di allevamento di cani, di razze, di genealogia, men che meno di diritti degli animali.

Infine c’è il veterinario ungherese (o polacco ecc.) che arriva con un tavolino, pieno di fogli e timbri. Inizia la contrattazione. I contadini magnificano la loro merce, il traduttore traduce, gli italiani abbassano il prezzo. Quanto? In genere, sui 25 Euro a «pezzo». Per pezzo si intende un cucciolo di uno o due mesi appena strappato alle cure della mamma. Verrà rivenduto in Italia a dieci volte tanto. I documenti di espatrio, sostengono alcune associazioni animaliste che si sono occupate della vicenda, vengono fatti al momento dal veterinario, che spesso timbra libretti di vaccinazioni mai fatte.

Di vaccini nemmeno l’ombra, d’altronde, al veterinario non importa, i cuccioli stanno per uscire dal suo Paese. Conclusa la tratta, l’importatore italiano paga in contanti i contadini e il traduttore, lascia una mancia al veterinario e carica sul furgone la sua mercanzia. Inzia poi il viaggio, spesso un’ecatombe. Imballati come saponette, dentro cassette di cartone o di legno, ammassati, al buio, senz’acqua nè cibo, i cuccioli arrivano a destinazione dopo trenta-trentacinque ore di viaggio, in condizioni igieniche talvolta drammatiche.

Alla frontiera sarebbe necessario verificare che i trasportatori non violino le leggi a tutela degli animali. Che sono due. La 189/2004 contro il maltrattamento di animali e il decreto legislativo 532/92 per la protezione degli stessi durante il trasporto. Si importa dall’Est perchè, allevati in maniera approssimativa, i cuccioli costano poco. Per questo consentono un margine di utile maggiore rispetto ai cani provenienti da allevamenti nostrani. Costano di meno, anche se spesso muoiono poco dopo l’uscita dal negozio. Già, perchè molti, troppi cuccioli, pochi giorni dopo l’acquisto stanno male.

Sottratti con troppo anticipo - sempre sotto i tre mesi - alle cure delle madri, subiscono, oltre a condizioni stressanti di viaggio, lo stravolgimento dell’alimentazione e un vero e proprio bombardamento farmacologico. Questo serve a fare arrivare il «prodotto» in buono stato sui mercati. «Grazie a immunizzanti, cortisonici e altri farmaci, tra i quali uno con gammaglobuline che ritarda gli effetti di eventuali patologie in corso, i cani non muoiono quasi mai in negozio o dall’importatore», è l’accusa dell’associazione Gaia Animali & Ambienti.

«Ma una serie infinita di patologie acquisite nei Paesi di provenienza, l’assenza di vaccinazioni e di qualsivolglia credibile cura veterinaria portano la mortalità dei cuccioli fino, e oltre, il 50% dei casi. L’ultimo guaito avviene, dopo costosi trattamenti e cure, tra le braccia dello sprovveduto acquirente». Già, spesso finito l’effetto del farmaco, al cucciolo vengono le più diverse malattie. I cani muoiono un pò alla volta, giorno dopo giorno. È un’agonia straziante: tra vomito e diarrea emorragica. Ed è uno choc, perchè al piccolo, nel frattempo, ci si è affezionati.

Ma c’è anche la truffa del pedigree. I cuccioli dell’Est, spesso, vengono venduti con la promessa del fantomatico pedigree. Per gli acquirenti fortunati, il pedigree arriva dopo circa otto mesi-un anno, ma è incomprensibile. Si tratta infatti di un pezzo di carta scritto in ungherese o in polacco sul quale potrebbe anche esserci scritto: «bravo, italiano, hai comprato un cucciolo malato con un pezzo di carta insignificante». Una truffa che ricorda quella epica della «moneta romana antica» venduta ai turisti americani all’ombra del Colosseo, oppure, sempre per citare Totò, la vendita della fontana di Trevi.

Se si acquista un animale bisogna sottoscrivere un contratto e leggere attentamente ciò che si firma. Nel caso il quattrozampe dovesse morire, e se il vizio fosse riconducibile alla vendita, bisogna comunicare entro dieci giorni con lettera raccomandata il danno subito. Poi si ha tempo un anno per adire le vie legali.

Il documento di vendita, insomma, va sempre richiesto, all’allevatore o al negoziante perchè serve ad attestare la provenienza del cucciolo. In Italia un cucciolo di due o tre mesi non può ancora avere il pedigree, ma il negoziante è tenuto a certificare la sua fonte d’acquisto. Il documento deve poi attestare che il cucciolo sia regolarmente iscritto a un albero genealogico e, infine, deve fornire una garanzia sanitaria di almeno venti giorni contro l’eventuale insorgenza di cimurro, epatite, leptospirosi e parvovirosi.

Queste micidiali malattie virali hanno infatti un periodo di incubazione piuttosto lungo: da 15 a 20 giorni. Un cucciolo che abbia contratto una di queste malattie potrebbe apparire sanissimo al momento dell’acquisto, ma ammalarsi e morire nel giro di poche settimane.

Contro tutte queste malattie esistono vaccini perfettamente funzionali, e se il cucciolo viene allevato in modo corretto e vaccinato all’età giusta non contrarrà mai queste gravi patologie: quindi un rivenditore onesto, conscio che il piccolo è stato regolarmente vaccinato, non farà mai obiezioni di fronte a questa richiesta.
21/02/2009 20:38
 
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Socks, il felino più popolare degli Stati Uniti è morto. L'ex first cat dei Clinton aveva più di 20 anni. E' stato il più fotografato degli animali domestici presidenziali della storia e anche ora che è morto i media americani dedicano ampio spazio al gattone a macchie bianche e nere. Il micio era da tempo malato di cancro e aveva seguito i Clinton fin da quando Bill era ancora governatore dell'Arkansas. «Socks ci ha offerto molta felicità negli anni, a Chelsea, a noi, e gioia ai bambini e agli amanti dei gatti ovunque. Gli siamo grati per questi ricordi», hanno dichiarato i Clinton, in un comunicato diffuso alla stampa per annunciare la triste notizia.

TUXEDO - Il gatto, un tuxedo, era diventato negli anni molto famoso, assieme a Buddy il first dog, con diversi fan club; ai due era addirittura stato dedicato il libro «Dear Socks, Dear Buddy» firmato da mamma Hillary per raccogliere fondi per opere caritatevoli. Chelsea, la figlia, lo aveva raccolto per strada a Little Rock nel '91. Dal 2001, dopo la partenza della famiglia dalla Casa Bianca, l'ex «primo felino» viveva la sua meritata pensione nella cittadina di Hollywood, nel Maryland, con l'allora segretaria personale di Bill Clinton, Betty Currie. Qualche tempo fa si tornò nuovamente a parlare di lui: la stampa inglese accusò l'ex first lady Hillary - oggi segretario di Stato - ma allora in corsa per la presidenza, di averlo «abbandonato» alle cure della ex segretaria. I media si scagliarono contro Hillary scrivendo che lei «in fatto di amore per gli animali ha predicato bene e razzolato male» e dipingendola così come «fredda e calcolatrice». Resta memorabile la foto scattata a Socks sul leggio nella sala stampa della Casa Bianca.



23/03/2009 23:54
 
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Gli asparagi e l’immortalità dell’anima, avrebbe detto Achille Campanile: la National Geographic Society non c’entra niente con la tv italiana. Una ha l’aria così austera, l’altra così leggera, da non presupporre gemellaggi felici. E invece, strano ma vero: l’Italia, con la sua tv delle donne nude, forse proprio come reazione alla tv delle donne nude, è il primo mercato al mondo dei canali di National Geographic. Lo dice Sydney Suissa, che ne è il responsabile universale: «L’Italia è l’unico paese dove, sulla piattaforma Sky, si trasmettono tutte e cinque le reti: National Geographic Channel, Adventure, Wild, Music e HD». Anzi, Nat Geo Music ha a Roma il suo quartier generale. E come mai questo successo? «I nostri programmi hanno una buona reputazione, gli italiani cercano un’informazione seria e amano in modo particolare i documentari. Nuovo e fresco: questo vogliamo dalla tv». E noi che ci immaginiamo quali facili prede di vecchi reality: se ce li danno gratis. Ma se c’è da comprare qualcosa, allora cerchiamo lo scioglimento dei ghiacci, la vita del baby mammuth, quella del cobra reale e i sofisticati reportage di Diego Buñuel, nipote di Luis. Tutti girati benissimo, con una forza spettacolare di immagini e di suoni che conquista ragione ed emozione.

Evidentemente, caro signor Suissa, voi non badate agli ascolti. Ci mancherebbe se non ci badano, loro sono americani, hanno il «business» dell’«entertainment» che gli scorre nelle vene. E dunque: «Gli ascolti sono la cosa fondamentale. Senza ascolti, non c’è nuovo e fresco che tenga. Per questo continuiamo a investire in Italia: il seguito va benissimo e la pubblicità non manca». Nemmeno in tempo di crisi? Risponde John Bredar, produttore esecutivo di Nat Geo Tv. La sua struttura ha appena realizzato il documentario Ghiaccio estremo, di James Balog, che andrà in onda nell’«Earth Day», la giornata per la salute del pianeta il 22 aprile: «Intanto, abbiamo un sistema di finanziamenti a lunga scadenza». Beati voi. «Poi è proprio in tempo di crisi che vale la pena investire su questo mezzo: la gente non ha soldi, sta a casa e guarda la tele».

Una parola che nel vecchio edificio washingtoniano della National Geographic Society si usa come un mantra è: sinergia. E’ come se gli investimenti respirassero, si spostassero da una parte all’altra della grande fondazione, secondo i momenti. Divisi fra canali televisivi, internet, musica, la rivista che conta ancora moltissimi abbonati. E dove un servizio, favoleggiano, impiega anche due anni per andare in pagina. Tempi biblici che si contrappongono consapevolmente alla frenesia contemporanea, al bombardamento informativo. Loro dicono che puntare sulla qualità paga. Per la velocità hanno la tv ma soprattutto il web, per la lentezza il magazine. In controtendenza con l’aria che tira, non sembrano in crisi, la lobby ha l’aria potente. Dice John Fahey, presidente della Society: «Lo spirito della Fondazione è cambiato negli anni, è diventato più popolare, meno elitario. E, naturalmente, la scelta dei canali tv è funzionale alla popolarità».

La Society nacque nel 1888 per promuovere la geografia. Tra i suoi fondatori, Alexander Graham Bell, quello che a noi italiani non sta tanto simpatico perché rubò a Meucci l’invenzione del telefono. Ancora adesso, nonostante le mappe di Google, la geografia resta un fine e un cruccio: nella consapevolezza, e lo riconoscono presidenti e vicepresidenti assortiti, che la materia sia tuttora un segreto per molti americani. E che gli allievi delle scuole pubbliche spesso non sappiano dove collocare non si dica qualche piccola nuova repubblica dell’Asia Centrale ex sovietica, ma l’Oceano Pacifico. Di strada da fare, insomma, ce n’è tanta. E la percorrono anche grazie a concorsi lanciati nelle scuole medie, vere gare di geografia, come quelle di spelling che vediamo sempre nei film.

Poi c’è la musica, il respiro del mondo. Nat Geo Music punta sul glocal. I suoi contenuti sono diffusi su tutta la piattaforma (sinergia, sinergia), e quindi via web, radio, video, cinema; diventa una vera etichetta musicale, una risposta ai talent show della tv. In Italia collabora con Jovanotti, protagonista di uno speciale in onda a maggio. Intanto, da Washington, grande lancio per gli Ozomatli, una band nata a Los Angeles che fonde rap e salsa, samba e funk, reggae giamaicano e raga indiani. Sono divertenti, se li senti ti metti a ballare, usano una grande fisicità, non hanno (ancora) paura del contatto con la folla, terminano il loro concerto percorrendo la platea, in un accenno, addirittura, di Ballo del qua qua. Poi ci sono i giganti, gli U2: National Geographic Entertaiment ha prodotto U2 3d, uno di quei film tridimensionali da vedere con gli occhialini. Si diventa tutti buffi, ma quando Bono sembra che ruvidamente ti accarezzi, sei emozionato e in mezzo alla folla virtuale che tanto realisticamente ti circonda, ti senti immerso nella Sunday Bloody Sunday. E ti viene voglia di andare al concerto davvero. Se non fosse che è già tutto esaurito. Meno male il 3D.
30/03/2009 15:23
 
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Chissà se aveva davvero ragione lui, Publio Ovidio Nasone detto Ovidio: «Crudelitas in animalia est tirocinium crudelitatis contra homines», «la crudeltà contro gli animali è un apprendistato della crudeltà contro gli uomini». O il professor Albert Einstein: «Vivisezione, nessuno scopo è così alto da giustificare metodi così indegni». Sono frasi assai citate dagli animalisti. Ma che Ovidio ed Einstein avessero ragione o no, il loro pensiero non sembra aver cambiato l'Europa: la sperimentazione animale è ancora oggi il perno della ricerca scientifica.

Dice Stavros Dimas, commissario europeo all'Ambiente: «È di cruciale importanza metter fine agli esperimenti sugli animali». I numeri dicono però che ci vorrà ancora molto tempo. Ogni anno, nei laboratori dell'Unione europea, si compiono esperimenti su oltre 12 milioni di animali. Dati del 2005, gli ultimi disponibili: su 12,1 milioni di animali in generale, 6.430.346 topi, 2.336.032 ratti, 31.535 criceti, 312.681 conigli e lepri, 3.898 gatti, 24.119 cani, 5.312 cavalli e asini, e così via. E ancora: proscimmie e scimmie di piccole-medie dimensioni come le «saimiri» brasiliane, 10.443; grandi scimmie antropomorfe come l'orango, lo scimpanzé e il gorilla: zero (da anni, la Ue vieta ogni esperimento su di loro); serpenti e tartarughe, 2.477; pesci, 1.749.178. Negli Stati della zona euro, dal 2002 al 2005 il numero degli animali-cavia è aumentato di 399.279 unità, pari al 3,1%. I roditori sono il 77,5% del totale. Seguono gli animali a sangue freddo (15%) e gli uccelli (5,4%). Alcune specie sono calate: criceti, capre, proscimmie, quaglie e rettili erano prima il 40% del totale e sono ora il 22%. È invece aumentato del 36% il numero dei bovini. E sono comparsi «nuovi» animali: foche, lontre, scoiattoli, pappagalli, uccelli diamantini. In due parole: nei laboratori si agita un mare di pellicce, gusci, pelli e scaglie, che per gli animalisti cela un massacro intollerabile, e per i ricercatori è una miniera di conoscenza indispensabile per battere le malattie.

Lo scontro ruota su due domande: è giusto, eticamente, far soffrire un essere capace di soffrire? E quanto questa sofferenza può essere giustificata dalla sua utilità scientifica? Una prima risposta è appena giunta da Bruxelles, con il bando dei test nel campo dei cosmetici. Per il resto, ogni Paese ha le sue norme, spesso simili alle «gride» manzoniane. La Ue sta come sempre nel guado, e deve mediare. A volte, fin nei minimi dettagli: in questi giorni, alcuni eurodeputati chiedono alla Commissione Europea di «metter fine immediatamente alla spennatura delle oche vive, causa di irragionevoli dolori». La stessa Commissione propone di aggiornare la direttiva già esistente sulla sperimentazione animale: se verranno accolte le sue proposte, diverrà obbligatoria una «valutazione sofferenza-utilità scientifica», da parte di comitati etici, per ogni ricerca; verrà confermato il bando agli esperimenti sulle grandi scimmie, permessi «eccezionalmente» solo in caso di epidemie mortali. E infine, si promette di migliorare le condizioni ambientali nei laboratori.

Oggi, ammette la proposta Ue, «è impossibile vietare completamente l'uso di animali nelle prove di innocuità o nella ricerca biomedica». E perciò, spiega il commissario Dimas, «la ricerca deve fare il possibile per trovare metodi alternativi e, in assenza di tali metodi, la situazione degli animali ancora impiegati per esperimenti deve essere migliorata». Per gli animalisti non basta, puntano il dito contro «le lobbies farmaceutiche». L'eurodeputata slovena Mojca Drcar Murko, incaricata di stilare il rapporto parlamentare sulle nuove norme, ha ritirato il suo nome dal documento: «L'ambiente dell'industria e della ricerca ha svolto un'intensa azione di lobby contro le regole più severe per i test che causano "severa e prolungata sofferenza". E io mi sono sentita accusare di "avere ucciso la ricerca, dunque i bambini"...».

La Ceaea, Coalizione europea per l'abolizione degli esperimenti sugli animali, vorrebbe vietare i test su tutte le scimmie, grandi e piccole. Troppo presto, dicono gli esperti incaricati dalla Ue: secondo il Comitato sui rischi ambientali e sanitari, copresieduto da uno scienziato tedesco e da un'italiana, Emanuela Testai, «oggi l'uso di primati non umanoidi è essenziale per il progresso scientifico in diverse aree importanti della ricerca sulle malattie». In particolare, «nella comprensione della pato-fisiologia di malattie infettive come l'Hiv-Aids», per le quali queste scimmie sono «l'unica specie suscettibile» (di contrarre il virus, ndr) e perciò «l'unico modello animale utile per studiare la malattia, e per sviluppare vaccini e terapie sicuri ed efficaci». Il Comitato riconosce che «vi sono sviluppi promettenti, per sostituire l'uso delle scimmie, e certi metodi alternativi, come lo studio in vitro o l'uso di altri animali, sono stati sviluppati nell'ultimo decennio».

Conclusione: «Gli animali dovrebbero essere usati nella ricerca medica quando è inevitabile e quando non sono disponibili validi metodi alternativi»: ma giungere a rimpiazzarli nei laboratori sarà «un processo lungo e difficile». Le posizioni sono dunque ancora distanti. Ma c'è anche chi intravede un compromesso. Per esempio Andrea Chiti-Batelli, autore di uno dei libri più completi sul tema (Sperimentazione animale, problema europeo, Cedam), propone dei comitati etici aperti ad esperti esterni, e soprattutto la centralizzazione dei test: «È vero che molti esperimenti sono ancora utili e si devono fare (ma se ne fanno anche di molti inutili). E molti dovranno, per varie ragioni, essere ripetuti. Ma perché farli contemporaneamente in più centri di ricerca? Ce ne sono una cinquantina, o poco meno, solo a Milano, e pochi hanno le attrezzature adatte e moderne...».



24/04/2009 14:53
 
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Il Governo vuole liberalizzare la caccia. E ci sta provando da un po' di tempo. Ora tenta di sferrare un nuovo colpo con il disegno di legge presentato dal senatore Franco Orsi (Pdl) che in questi giorni viene discusso in Senato. Un decreto che vorrebbe riformare l'attuale legge sulla caccia, la 157 del 1992, e che sta infiammando gli animi degli ambientalisti di tutta Italia. Roberto Piana, vicepresidente della Lac, la Lega per l'abolizione della caccia, sostiene che se questo disegno diventasse legge, metterebbe "a rischio tutte le specie protette: anche l'orso, il lupo e la lince potrebbero essere cacciati". Sull'argomento abbiamo intervistato anche il presidente della Lida Giovanni Porta e il presidente nazionale dell'Arcicaccia Osvaldo Veneziani.

Piana, perché?
Questo disegno di legge rappresenta una generale deregolamentazione dell'attività venatoria volta a favorire l'estremismo venatorio. Anche le associazioni per la caccia più moderate non vedono di buon occhio questa deregolamentazione. Nell'attuale legge la caccia è una concessione dello Stato, nel disegno di legge Orsi la caccia è un diritto dei cacciatori. Questo la dice lunga... Scompaiono i limiti per gli appostamenti fissi di caccia, una forma di caccia particolarmente distruttiva. E ci sono tutta una serie di norme che sembra non incidano: per esempio il trasporto di armi nei parchi purché scariche e in custodia. Oggi la legge vieta il trasporto di armi di qualunque tipo nei parchi.

Altre norme dannose?
C'è l'articolo 21 che consente ai prefetti di disporre la cattura e l'abbattimento di animali di qualunque genere quando questi provocano danni. Oggi questa possibilità di intervento nei confronti delle specie che procurano danni (cornacchie o cinghiali per esempio) è consentito come extrema ratio, se non sono attuabili interventi di tipo preventivo autorizzati dalle province. In questo modo, deregolamentando non si può sapere su quali specie e in che modo intervengano le prefetture .

Sono anche previste deroghe temporali alla stagione venatoria, è vero?
La cosa grave che molti non sanno è che questo disegno di legge del senatore Franco Orsi (Pdl) consentirà l'attività venatoria tutto l'anno, compatibilmente con la possibilità di sopravvivenza delle specie. Ogni regione si metterà a fare quello che vuole.

Nella cultura dei cacciatori c'è un'attenzione particolare anche ai trofei di caccia che oggi sono soggetti a una regolamentazione molto severa. Il disegno dice che: "il cacciatore che prepara trofei di capi dallo stesso abbattuti al fine della detenzione o altro uso personale non è soggetto ad alcuna autorizzazione". Gli ambientalisti sostengono che questa sia una liberalizzazione dell'imbalsamazione. Lei cosa ne pensa?
Oggi l'imbalsamatore deve avere un'autorizzazione regionale, deve superare un esame. Chi detiene animali imbalsamati deve dimostrarne la legittima provenienza. Devono esserci registri di carico e scarico degli animali imbalsamati. Si aprono le porte al commercio in nero dei trofei.

C'è un'apertura anche a zone prima off limits per i cacciatori?
L'articolo 22 consente inoltre di cacciare la fauna stanziale sui valichi su cui la caccia ai migratori è vietata. Nelle zone in cui c'è poco controllo diventa facile per i cacciatori diventare bracconieri. Sono norme non accettabili.

E quindi chi controllerebbe i cacciatori?
L'articolo 28 esclude le guardie dei parchi nazionali così come le guardie zoofile e le guardie ecologiche dal controllo. Quindi si controllerebbero da soli, esiste già la vigilanza venatoria effettuata dalle guardie delle associazioni venatorie. Che sono più attenti al fatto che i cacciatori non si rubino tra di loro la cacciagione, piuttosto che al rispetto della fauna protetta. La legge 353 vietava per 10 anni la caccia sui terreni boscati percorsi dal fuoco. Questo limite viene abolito. Consentire la caccia anche lì significa far andare i cacciatori a cacciare ovunque.

Che ci dice sul ritorno del nomadismo venatorio?
Oggi i cacciatori possono cacciare solo negli ambiti territoriali in cui hanno accesso. Con questa legge invece per 20 giorni all'anno per i migratori si esclude il limite territoriali. Il cacciatore legato al territorio era uno dei punti forti della legge del 1992: sia lui il responsabile del territorio in cui va a caccia. Con questo disegno di legge ritorna il nomadismo. Dalla Lombardia, per quei venti giorni all'anno si potrà andare a cacciare in Sicilia o in Puglia. Così in quei luoghi in cui è più intensa la migrazione si andranno a concentrare la maggior parte dei cacciatori.

E che senso ha estendere l'orario di caccia per mezz'ora dopo il tramonto?
Non si vede cosa si spara, non si vede nulla, è proprio un nonsenso. Ma non è il solo: la possibilità di caccia dei minori accompagnati non è l'unico e nemmeno il primo danno di questo disegno di legge. Sicuramente andare a caccia a 16 anni è dovuto al fatto che i cacciatori si riducono di numero. Non è molto educativo avvicinare i giovani all'uso delle armi e ad ammazzare gli animali. A 16 anni si può fare qualcosa di più utile e di culturalmente più valido.

La caccia è di per sé una pratica crudele, ma a quanto pare questo Ddl favorirebbe la crudeltà...
Si introduce la possibilità di cacciare con la civetta, costretta a svolazzare costantemente legata, su un palo per consentire al cacciatore di sparare. Questo comportamento è al limite del maltrattamento degli animali. Oltretutto le civette sono specie protette.

Sul dibattito interviene anche il presidente della Lida (la Lega italiana dei diritti dell'animale) Giovanni Porta che di recente ha denunciato il sindaco di Ragusa per l'abbattimento dei cani-killer e si sta occupando del salvataggio degli animali colpiti dal terremoto dell'Abruzzo. Porta, cosa ne pensa di questo disegno?
Intanto è inopportuno. Siamo già in mora con la Comunità europea per tutte le tipologia di caccia che abbiamo in deroga e sono anni che praticamente paghiamo dei dazi che non sarebbe necessario. Non le so dire esattamente la cifra, ma so che è uno sproposito. Poi c'è da dire che non ci sembra opportuno l'allargamento ad altre specie, e l'allargamento del periodo.

E rispetto all'ampliamento ai 16enni della caccia?
Non solo c'è un pericolo per le specie ma anche per gli umani in questo caso. Anche se sono seguiti dai genitori, sicuramente un minore con un fucile in mano è un pericolo.

Anche i cacciatori sarebbero contrari al disegno di legge Orsi, vero?
E sì perché diventa una caccia selvaggia e oltretutto la legge comunitaria non lo prevede. Non solo ma vengono coinvolti anche i migratori.

Quali sono le specie a rischio?
Ce ne sono parecchie. Il discorso è che intanto questo signore qua (il senatore Orsi - ndr) cerca di far passare la caccia come uno sport. E non è uno sport assolutamente. Secondo, apre la caccia a tutte le specie anche ad animali che finora sono stati in deroga e che gli stessi cacciatori dicono che non li caccerebbero, proprio perché anche loro (qualcuno di loro) ha un po' di buon senso. E poi questo discorso di apertura all'età che proprio non sta in piedi. Come, ci lamentiamo che ci sono troppi incidenti sulla caccia e allarghiamo? In più esiste un emendamento che prevede la modifica delle leggi comunitarie in tema di caccia con una precisa normativa sui migratori. Questi vogliono sparare anche ai migratori. Cioè, è una liberalizzazione totale a tutte le specie che non ha senso.

Anche i cacciatori sono contrari a una legge così estrema. Il presidente nazionale dell'Arcicaccia Osvaldo Veneziano chiarisce alcuni punti controversi e si schiera contro il disegno di legge Orsi.
Sinceramente è quasi incomprensibile un disegno del genere: è riuscito a provocare una rissa nel Paese che è solo paragonabile al periodo antireferendario. Torniamo al referendum del 1990 quando riuscimmo ad avere tanta opinione pubblica contraria. Nel Ddl ci sono una serie di provocazioni, anche dal punto di vista venatorio, inutili. Se propongo al cacciatore di andare a cacciare sulla neve i fagiani, non solo è contrario lui ma anche il suo cane. C'è poi un sistema di organizzazione della caccia che è assai più burocratico dell'attuale: si parla di 8 licenze di caccia.

Presidente Veneziano, cosa ne pensa delle nuove tendenze della caccia che si sta trasformando in attività d'elite, con cacciatori sempre più vestiti come Rambo e carichi di attrezzature costosissime?
Darei un giudizio un po' articolato. Abbiamo nelle realtà rurali il nostro buon pensionato (l'età media degli iscritti oscilla tra i 60 e i 70 anni) che essendo abituato alle tradizioni di quel posto vanno in giro con un abbigliamento che si compra anche al mercatino. Nelle realtà di città c'è una tendenza a un look più qualificato e costoso (ma niente di male, intendiamoci) e in alcuni giovani c'è l'idea di essere vestiti in modo più tecnico. C'è un rischio sì, che a oggi possiamo contenere, che la caccia diventi esclusivamente per un ceto più abbiente. Questa legge Orsi guarda a loro. Però laddove c'è un cacciatore che gestisce il territorio perché fa volotariato, lì siamo a cifre rispetto all'europa assai più modeste.

Che consigli si sente di dare in questo clima acceso?
Io se posso dare un consiglio a tutti noi è quello di fermare tutto e consentire di rimetterci intorno a un tavolo (Arcicaccia, Federcaccia, Lipu, Lega ambiente e le associazioni ambientaliste) per individuare le migliorie alla legge che trovavano le più ampie condivisioni. Abbiamo bisogno che il Governo ci dia le informazioni sulla legge: il livello di bracconaggio, il numero di cacciatori che praticano davvero. Poi abbiamo bisogno del supporto scientifico. Ci mettiamo intorno a un tavolo e decidiamo le migliorie. Tutte le altre vie appartengono all'avanspettacolo della politica e non fa bene né al Paese né a chi ha a cuore la tutela della fauna selvatica. La fauna selvatica italiana è patrimonio dello Stato e quindi di tutti i cittadini italiani. La caccia è una deroga e va esercitato nel rispetto dell'agricoltura e di tutti i principi scientifici.
07/07/2009 07:44
 
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Cane geloso
Una lite tra cani ha rischiato di trasformarsi in tragedia per la proprietaria degli animali e la figlia, che vivono in una villa del Villaggio Ciarma, sulle montagne di Rubiana, in bassa Valle di Susa. Le due donne, madre e figlia, possiedono quattro cani che vivono nel giardino. Tre sono adulti, tra cui un rottweiler, e un cucciolo di pochi mesi, un pinscher nano appena acquistato. Nella mattinata di ieri, verso le 10, nel cortile della casa è successo il finimondo. Non si sa per quale motivo, forse per gelosia verso l'ultimo arrivato, i tre cani adulti hanno iniziato ad inseguire il piccolo cagnolino lungo il giardino. La bestiola, di nome Cloe, nel tentativo di mettersi in salvo è corsa verso la sua padrona Giulia Cantamessa, 22 anni, che l’ha raccolta e ha cercato di proteggerla tra le braccia. I tre cani inferociti e con fare minaccioso hanno tentato di azzannare la ragazza, che spaventata ha cercato di scappare. Per la fretta Giulia è inciampata ed è caduta a terra.

La mamma, Rita Marino, 55 anni, che si trovava in casa, è accorsa alle urla della figlia, per prestarle soccorso e per cercare di allontanare gli animali, che ormai avevano perso ogni controllo. Il rottweiler, una femmina di nome Thessa, non si è fermato e con un balzo ha azzannato violentemente la donna alle braccia, strappandole brandelli di carne e procurandole profonde ferite. Alle grida della mamma e della figlia è accorso il fidanzato della ragazza Luca Barbaro, ma il cane aveva già mollato la presa e si era allontanato.

Rita Marino sanguinante per le lacerazioni subite è stata aiutata dai familiari a tamponare le ferite, mentre la figlia Giulia aveva poco prima richiesto l'intervento delle ambulanze del 118. Il medico ha prestato le prime cure alle due donne e, vista la gravità della madre, l’ha fatta trasportare all'ospedale Maria Vittoria di Torino, dove è stata sottoposta ad un delicato intervento chirurgico alle braccia. La figlia ha riportato solo lievi ferite alle mani e in alcune parti del corpo. I medici del pronto soccorso di Rivoli dopo la medicazione l'hanno dimessa.

Anche la piccola cagnetta Cloe ha avuto bisogno di cure perché ferita agli arti posteriori. In tarda mattinata è stata portata con un auto ad un centro veterinario di Avigliana per la suturazione delle ferite. Il fidanzato di Giulia Cantamessa, Luca Barbaro, descrive il rottweiler come un cane tranquillo: «Non capisco come sia successo. Thessa è sempre stata buona e docile. Mai un movimento o una mossa sbagliata. Non ha mai dato segni di intolleranza o insofferenza da giustificare una simile reazione. Quando l'abbiamo portata a casa dal canile di Collegno aveva circa un anno, ora ne ha quattro ed è sempre stata fedele alla famiglia».

Nella villa sono giunti i carabinieri di Almese con il comandante della stazione, il maresciallo Filippo De Santi, che ha eseguito i rilievi. I veterinari dell'Asl To3 hanno preso in custodia il rottweiler e l’hanno condotto nel canile di Collegno a disposizione dell'autorità giudiziaria. Sul luogo dell'incidente sono stati trovati brandelli di cute con capelli. Forse il cane durante l'attacco ha colpito la donna anche alla testa
13/08/2009 07:17
 
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Libe­ro cavallo in libero stato. Dopo sette anni trascorsi a crescere e moltiplicarsi tra i prati sopra il lago di Como, per una trentina di esemplari di razza aveligne­se è forse finita la pacchia: il lo­ro destino potrebbe essere quello di essere catturati e fini­re in qualche maneggio o alle­vamento. Ma a difesa dei caval­li si stanno schierando ambien­­talisti, animalisti e abitanti dei paesi attorno ai quali i quadru­pedi sono soliti gironzolare.

Da due giorni volontari pre­sidiano le strade che salgono al monte Bisbino, vet­ta che separa Lombar­dia e Canton Ticino: vogliono impedire la cattura degli animali, vogliono — romanti­camente — che la vita selvaggia abbia la me­glio su briglie e redini. E la storia assume un gusto, a seconda dei punti di vista, un po’ western e un po’ Disney. La situazione è precipitata in seguito a due episodi. Il pri­mo: al termine di una compli­cata lite ereditaria è stato indi­viduato un proprietario re­sponsabile degli equini, che in origine appartenevano a un agriturismo. Il secondo: Pup­py, l’esemplare più mansueto che da mesi stazionava attorno al piccolo abitato di Rovenna e che in cambio di una mela si fa­ceva accarezzare dai bambini, da domenica è scomparso. Te­stimoni giurano di averlo visto caricato su un furgone per ignota destinazione. Si teme che la sorte di Puppy sia presto la stessa di tutti i suoi «paren­ti ».


«Quello che sta avvenendo è un abuso — si infervora Mas­simo Bianchi, responsabile del­l’associazione animalista Auro­ra — noi chiediamo che il ca­vallo torni a Rovenna e che tut­ti gli altri siano lasciati liberi perché il Bisbino è ormai la lo­ro casa». Occorre mettere d’accordo diritti degli animali, tutela del­la salute pubblica e anche dirit­ti di chi nel frattempo si è tro­vato sulle spalle la folta fami­gliola avelignese: lancette del­l’orologio indietro fino al 2002 quando muore Roberto Della Torre, proprietario di un’azien­da agricola sul Bisbino che ospita una dozzina di cavalli. Il suo testamento è oggetto di una impugnazione, quel che re­sta dell’azienda langue ma le bestie «orfane» del loro padro­ne, già abituate a vivere in uno stato semi - brado non ne ri­sentono: cominciano a vivere facendo a meno dell’uomo, si nutrono di quel che i pascoli of­frono, fanno i puledri, vagano a seconda delle stagioni per le pendici del Bisbino. Ai primi di agosto il tribuna­le di Como stabilisce che i beni di Della Torre vadano a una sua cognata, cavalli compresi.


Le proteste in paese (Cavicchi)
E a questo fatto è probabilmen­te legata la sparizione di Pup­py. Diciamo «probabilmente» perché i diretti interessati fino a oggi non hanno voluto rila­sciare dichiarazioni. «Una cosa possiamo escludere fin da adesso: i cavalli non finiranno al macello come qualcuno pa­venta, perché la legge lo impe­disce » assicura Oscar Gandola, fino a un mese fa presidente della Comunità Montana del Lario. Potranno rimanere libe­ri sulla montagna? «È possibile — prosegue — ma qui siamo nell’ambito di una trattativa privata». Qualche grattacapo, però, i neo proprietari potrebbero averlo. «Finché la causa eredi­taria è rimasta in piedi — spie­ga Guido Gridavilla, dirigente veterinario dell’Asl di Como— i cavalli erano senza padrone. Ora il proprietario ne risponde davanti alla legge sotto il profi­lo sanitario ma anche dei dan­ni che potrebbero essere causa­ti ». Danni erano stati lamenta­ti da alcuni agricoltori del ver­sante svizzero, tanto che la que­stione ha mobilitato David Vo­gelsanger, console elvetico a Milano: «Ho chiesto che le be­stie siano adottate dall’artiglie­ria a cavallo di di Milano, con il quale siamo in ottimi rappor­ti ». Ma a Rovenna questa solu­zione non piace affatto. Per lo­ro i cavalli sono nati senza pa­drone e tali devono restare.

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