Riforma sanitaria in USA

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Buenavista
00lunedì 22 marzo 2010 10:11
"Questa non è una riforma radicale ma è una grande riforma. Questo è il vero cambiamento". Così a mezzanotte, ora di Washington, Barack Obama ha salutato lo storico voto della Camera. Un'ora prima con 219 sì contro 212 no, sotto la presidenza di Nancy Pelosi la Camera aveva approvato la sua sofferta riforma sanitaria. E' passata una legge di straordinaria portata, che dopo l'approvazione del Senato estenderà a 32 milioni di americani un'assistenza medica di cui erano finora sprovvisti. E' la fine di un incubo, 14 mesi in cui il presidente si era giocato la sua immagine su questo "cantiere progressista".

LA SCHEDA: IL TESTO DELLA RIFORMA

Obama ce l'ha fatta su un terreno dove da mezzo secolo tutti i presidenti erano stati sconfitti. Ha affrontato una piaga sociale, che vede l'America molto più indietro degli altri paesi ricchi per la qualità delle cure mediche offerte all'insieme della popolazione. Forse il suo partito pagherà qualche prezzo alle elezioni legislative di novembre, ma i democratici hanno messo la loro firma esclusiva (senza un solo voto repubblicano) su una delle più ambiziose normative sociali del paese. 34 di loro hanno votato contro, per paura di giocarsi la rielezione a novembre, di fronte all'offensiva della destra che dipinge questa legge come la "socializzazione delle cure mediche" e l'anticamera di una bancarotta di Stato. Ma fino all'ultimo le defezioni nel partito di maggioranza hanno rischiato di essere ben più elevate.

La pattuglia più numerosa dei "dissidenti" era quella degli antiabortisti, guidati dal deputato Bart Stupak del Michigan. E' stato decisivo l'intervento di Barack Obama nelle ultimissime ore. Rinviato il suo viaggio in Indonesia, il presidente ha fatto pressione personalmente su ciascuno dei deputati incerti. Agli antiabortisti ha offerto una garanzia speciale: proprio mentre la Camera era riunita per le votazioni, ieri Obama ha firmato un "ordine esecutivo" che rafforza il divieto di usare i fondi federali per rimborsare le spese delle interruzioni di gravidanza. A quel punto Stupak e la pattuglia di antiabortisti sono passati a favore della riforma, garantendo la maggioranza per l'approvazione della legge. L'ultimo voto al Senato è previsto in pochi giorni, ed entro questa settimana Obama dovrebbe firmare la legge.


I primi effetti di questa riforma, in vigore da subito, colpiranno gli abusi più odiosi delle assicurazioni. Sarà vietato alle compagnie assicurative rescindere una polizza quando il paziente si ammala, una pratica fin qui tristemente consueta. Sarà illegale rifiutarsi di assicurare un bambino invocando le sue malattie pre-esistenti.

Diventeranno fuorilegge anche i tetti massimi di spesa, usati dalle assicurazioni per rifiutare i rimborsi oltre un certo ammontare (un costume particolarmente deleterio per i pazienti con patologie gravi che richiedono terapie costose, come il cancro). I genitori avranno il diritto di mantenere nella copertura della propria assicurazione sanitaria i figli fino al compimento del 26esimo anno di età, una norma particolarmente attesa in una fase in cui i giovani stentano a trovare un posto di lavoro (e quindi non hanno accesso all'assicurazione che di solito è connessa a un impiego stabile). Più avanti, entro il 2014, scatteranno gli altri aspetti della riforma, quelli che porteranno 32 milioni di americani ad avere finalmente diritto a un'assistenza. Di questi, la metà circa entreranno sotto la copertura della mutua di Stato per i meno abbienti, il Medicaid. Quest'ultimo garantirà cure gratuite fino alla soglia di 29.000 dollari di reddito annuo lordo, per una famiglia di quattro persone. Altri 16 milioni dovranno invece comprarsi una polizza assicurativa. Ma potranno farlo scegliendo in una nuova Borsa competitiva sorvegliata dallo Stato, e riceveranno sussidi pubblici fino a 6.000 dollari, onde evitare che l'assicurazione gli costi più del 9,5% del loro reddito. Multe salate per le aziende con oltre 50 dipendenti che non offrono l'assicurazione sanitaria ai dipendenti. Perché questo resterà comunque anche dopo la riforma il tratto distintivo del sistema sanitario americano, imperniato sulle assicurazioni private, e ben lontano dai servizi sanitari nazionali dei paesi europei.

Manca, nella riforma, quello che all'origine doveva essere l'aspetto più radicalmente innovativo: la cosiddetta opzione pubblica. Di fronte alle accuse di voler imporre un "socialismo medico di tipo cubano" - secondo uno slogan usato dalla destra populista del Tea Party Movement - i democratici hanno abbandonato quell'idea, che avrebbe creato un'assicurazione di Stato disponibile a tutti, a costi contenuti, per far concorrenza alle assicurazioni private. In compenso ci sarà una stangata fiscale sulle multinazionali farmaceutiche, per finanziare una parte dei costi della riforma.

Il voto compatto di tutti i repubblicani contro la riforma sancisce la sconfitta di Obama su un terreno: la ricerca di larghe intese bipartisan per fare avanzare le sue riforme. Questo potrebbe danneggiare un presidente che nel novembre 2008 conquistò la Casa Bianca anche grazie ai voti degli indipendenti, l'elettorato fluttuante di centro. Ma la destra è scivolata su posizioni estreme e Obama ha dovuto fare un calcolo diverso: rinunciare a questa riforma avrebbe deluso la base più progressista e militante del partito democratico, spingendola all'astensionismo alle elezioni di novembre. La vittoria alla Camera ha del miracoloso perché appena due mesi fa la riforma sembrava condannata, quando i democratici persero un'elezione cruciale nel seggio senatoriale del Massachusetts che era stato di Ted Kennedy. Proprio le compagnie assicurative hanno fornito a Obama l'opportunità per riprendere l'iniziativa: il rincaro del 39% delle tariffe imposto dal colosso assicurativo Blue Cross in California un mese fa è diventato il simbolo di un sistema iniquo e perverso. Da quell'episodio è cominciata la riscossa di Obama, che ha accusato i repubblicani di essere al servizio di un capitalismo sanitario che accumula profitti speculando sulle sofferenze dei cittadini.
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aston villa
00mercoledì 24 marzo 2010 09:04
Barack Obama firma nella East Room la legge sulla riforma della Sanità parlando di «inizio di una nuova era» e i repubblicani rispondono con l’offensiva legale di 13 Stati che denunciano il governo federale per aver compiuto «un atto anticostituzionale».

Quando Obama e il vice Joe Biden entrano nella East Room della Casa Bianca, ad accoglierli sono le grida di gioia di un folla di circa 300 fra deputati, senatori, stretti collaboratori e alti funzionari, che si sono battuti senza risparmio per la riforma. Il canto ritmato è quello delle marce di Martin Luther King fatto proprio dalla campagna presidenziale del 2008, con una voce che dice «Fire Up?» e il coro di risposta «Ready to Go!» che incarna la mobilitazione collettiva. «Questa è una sala felice» esordisce Biden, parlando di una «giornata storica resa possibile da Barack Obama, che è riuscito lì dove in molti avevano fallito». Il volto di Obama tradisce la soddisfazione del momento e la fatica accumulata: «Siamo all’inizio di una nuova era, grazie alla riforma avanzano i sogni di tutti in una nazione come la nostra, che è fra le più diverse come composizione».

Nell’aula c’è un’emozione in crescendo. La leader della Camera Nancy Pelosi prende per mano Harry Reid, capo dei senatori. Patrick Kennedy, figlio di Ted, abbraccia la madre Vicky. Chuck Schumer, senatore di New York, non riesce a frenare le lacrime. David Axelrod le trattiene, guardando a terra. E’ il momento della firma. Il presidente ricorda due persone che non ci sono più: «Firmo per mia madre che, malata di tumore, lottò fino ai suoi ultimi giorni contro le assicurazioni sanitarie». E poi: «In questa sala parlai con Ted Kennedy di ciò che oggi si avvera, lui adesso è qui con noi».

Affiancato da Biden - che nell’emozione si lascia sfuggire un «This is a big fucking deal!», un affare fottutamente importante - Obama si siede al piccolo tavolo di legno con il ripiano di stoffa verde e firma la legge che destina nei prossimi 10 anni 938 miliardi ad assicurare 32 milioni di americani privi di ogni copertura. Il presidente adopera 20 diverse penne: 19 finiscono nelle mani di altrettanti leader del Congresso protagonisti della vittoria legislativa, l’ultima la tiene per sé.

Finisce la battaglia per approvare la legge e inizia quella per farla condividere agli americani che andranno alle urne in novembre per rinnovare il Congresso. Domani a Iowa City Obama parlerà lanciando la campagna elettorale dallo stesso luogo dove nel maggio 2007 svelò l’intenzione di varare la riforma. A dare fiducia alla Casa Bianca sono i nuovi sondaggi che suggeriscono un’inversione di tendenza: per Gallup il sostegno alla riforma è balzato al 49% con i contrari dietro di ben 9 punti.

I repubblicani sono in trincea. Ben 13 Stati da loro governati nei minuti seguenti la firma compiono, attraverso i rispettivi procuratori generali, il passo legale di denunciare il governo federale per «violazione della Costituzione». L’offensiva parte dalla Florida, il cui procuratore Bill McCollum spiega: «Il governo non può imporre ai cittadini l’obbligo di un’assicurazione sanitaria» perché è una «limitazione delle libertà non autorizzata dalla Costituzione». I legali della Casa Bianca non si preoccupano più di tanto perché «la legge federale prevale su quella statale» ma politicamente la mobilitazione degli Stati anti-riforma - che potrebbero diventare 37 su 50 - segna l’inizio di un braccio di ferro destinato a continuare fino all’apertura dei seggi in novembre.




elio13
00mercoledì 24 marzo 2010 11:16
Eè una conquista sociale.
Obama,rischiando,è riuscito dove i predecessori avevano tentato senza farcela. [SM=x1272128]
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