La repubblica delle banane

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aston villa
00sabato 6 marzo 2010 08:47
«Sono soddisfatto per la collaborazione tra le istituzioni al fine di garantire a tutti il diritto di voto». Silvio Berlusconi si è congedato così - dopo una nuova, lunga, giornata di intenso lavoro - dai suoi ministri chiamati a Palazzo Chigi per esaminare e approvare il decreto "salvaliste". Una corsa contro il tempo dopo il ’pasticciò di Roma e Milano che ha costretto il governo a marciare a tappe forzate e dentro gli spazi strettissimi che il Quirinale aveva imposto come "conditio sine qua non" interventi legislativi non sarebbero stati nemmeno presi in considerazione. Una maratona anche diplomatica con continui e frequentissimi contatti tra palazzo Chigi e il colle più alto che alla fine, ha portato al varo del decreto «interpretativo» e, poco prima della mezzanotte, alla firma di Napolitano. E già oggi, dunque in tempo per poter essere utilizzato dai Tar, sarà pubblicato, come annunciato dal ministro dell’Interno in conferenza stampa, in Gazzetta Ufficiale.

Un epilogo, però, non del tutto scontato, se solo si pensa che solo ieri sera il colloquio del premier con Giorgio Napolitano si era concluso talmente male da richiedere questa mattina una telefonata di scuse del Cavaliere all’inquilino del Colle. In molti nel governo, infatti, ancora oggi riferivano di un Berlusconi «molto deciso», «determinato ad andare avanti» da solo. Ritrovata la vena diplomatica e ricucita la linea del dialogo con il Quirinale, non sono però mancati nuovi problemi attorno al testo. E ancora questa sera il consiglio dei ministri ha dovuto subire uno slittamento - dalle 18 alle 19,30 - per poi cominciare definitivamente solo dopo le 21. Secondo quanto riferito ci sarebbe stata l’insistenza di alcuni ministri per modificare parte del testo. Ma le limature venute dai contatti con il Colle sono state presentate come «intoccabili» dal ministro Maroni. Nessun assalto e nessuna modifica, dunque. E questo ha permesso a Maroni di scandire in conferenza stampa che il decreto «non porta alcuna modifica di norme di legge. Il governo - ha detto - si è limitato a dire qual è la interpretazione corretta da dare alle norme vigenti» in modo che «gli organi della giustizia amministrativa possano decidere serenamente se accettare o no i ricorsi».

Berlusconi, che si era visto bocciare ieri dal Quirinale un decreto sulla possibile riapertura dei termini di presentazione delle liste, per tutto il pomeriggio ha mantenuto un profilo basso ed è stato al lavoro con ministri, tenendo il punto però sul grave vulnus alla democrazia che la mancata presentazione delle liste in Lazio e Lombardia avrebbe aperto, facendo prevalere i "formalismi" sul diritto di voto attivo e passivo. «Speriamo di poter ritornare a dare il diritto di voto anche ai nostri elettori del Lazio e della Lombardia», ha affermato il premier a consiglio dei ministri in corso, intervenendo al telefono alla convention del Pdl organizzata a Bari in sostegno del candidato Rocco Palese. «Riteniamo che alcune norme non siano state applicate in modo corretto» ha spiegato al termine del cdm Maroni che ha portato come esempio quanto accaduto «alla presentazione delle liste a Roma: una circolare del ministero dell’Interno - ha ricordato - stabilisce che il Cancelliere non può rifiutarsi di ricevere liste e contrassegni, neppure se li ritenga irregolari o presentati tardivamente. Deve farlo e semmai rilevare che sono stati presentati fuori termine. A Roma ciò non è avvenuto».

La scelta di ricorrere al decreto interpretativo fa insorgere l’opposizione. Pier Luigi Bersani parla di «un trucco», ribadendo il no del Pd a «scorciatoie». Mentre Antonio Di Pietro invoca la piazza e annuncia una «chiamata alle armi democratica». Poi in serata alza ancora il tiro: l’intervento del governo è un «abuso di potere» che in un paese civile «andrebbe fermato con le forze armate». L’Udc con Pier Ferdinando Casini lancia un appello a far lavorare i magistrati che devono decidere sulle liste escluse. I centristi, di fronte a un gesto di distensione del governo si dicono però pronti a ragionare. Qualsiasi scelta, però, deve essere presa con «il consenso», sottolinea Rocco Buttiglione.
daiquiri
00sabato 6 marzo 2010 11:33
Io ero contrario a farli rientrare dalla finestra, se uno non è neppure in grado di presentare una lista non vedo come possa amministrare la cosa pubblica.
Tuttavia, non a discolpa di costoro che attenuanti non ne hanno, ma a colpa di qualcun altro:

- Simili ddl sono già stati attuati in altre circostanze, da Dini, Scalfaro e Violante.
- I Radicali hanno chiesto di violare la legge in altre circostanze del tutto uguali ed è stato loro concesso. Ripeto non significa allora non è colpa di nessuno, significa che se mi dici che la legge è uguale per tutti, ti faccio notare che quando non ti conveniva chiedevi di violare la legge.

Non ho ancora capito cosa sia successo a Roma, perchè la Polverini ha usato 6 strategie diverse cambiandole ogni mezza giornata.

A Milano mi risulta che i radicali abbiano denunciato oltre la lista di Formigoni anche quella del PD, solo che pare che la corte d'appello o chi controlla queste cose abbia usato due pesi e due misure.
Dico questo e perchè lo ha dichiarato Formigoni e perchè prima di questo mi sembrava che ci fossero da parte del Pd e dell'IDV dichiarazioni da volemose bene, dichiarazione di Penati di ritirarsi dalla competizione se ci fosse stata qualche irregolarità ecc e mi facevano sospettare non poco.
Pare (e dico PARE) che Formigoni dopo aver chiesto il controllo di tutte le liste ed aver scoperto firme non valide abbia proposto di attaccare chiedendo come mai firme illegali sulla lista di Penati fossero state accettate dal magistrato della Procura di Milano.

In ogni caso concordo che sia una figura da cioccolatai per l'intero paese. Timbri che per legge a Milano devono essere rotondi e a Firenze quadrati, leggi e leggine che cambiano da comune a comune per cui esporre i fiori è vietato a Torino e concesso il paese dopo. Una corte d'appello composta dagli stessi giudici che hanno giudicato il grado precedente 24 ore prima. Inquisiti e direi più che inquisiti presenti in tutte le liste, IDV in testa. Risse in Parlamento, linguaggi da caserma, valanghe di magistrati coinvolti nell'utlimo scandalo, politici che non sanno quanto costa un litro di latte, gente che non conosce non dico l'inglese, ma neppure l'italiano. E se può passare per l'eletto che faceva l'operaio alla Feroce, è inammissibile per avvocati, magistrati, professionisti ecc
aston villa
00sabato 6 marzo 2010 14:05
Daiquiri credimi sulla parola che avrei aperto questo post a prescindere dalle parti politiche in causa.

La legge e' legge e lo e' per tutti,se sgarri sei fuori,siamo al punto che per ovviare alla stupidaggine si fanno decreti ad hoc...

Queste cose le facevano Bokassa e Amin...
daiquiri
00sabato 6 marzo 2010 14:29
Non ho dubbi che tu lo abbia aperto senza preclusioni politiche. Concordo anche che chi sbaglia paga. Naturalmente vale anche per il magistrato che pare non si sia accorto che 800 e rotte firme delle altre liste avevano difetti ben più gravi e le abbia avallate tutte. Quindi chi sbaglia paga, e visto che costui tradisce la costituzione dire e che 30 anni di carcere mi paiono il minimo. E siccome il "non potevano non sapere" i 30 anni li prendano anche i suoi degni compari visto che insieme sventolano la costituzione, e che insieme la violano
daiquiri
00sabato 6 marzo 2010 14:47
Re:
aston villa, 06/03/2010 14.05:

Daiquiri credimi sulla parola che avrei aperto questo post a prescindere dalle parti politiche in causa.

La legge e' legge e lo e' per tutti,se sgarri sei fuori,siamo al punto che per ovviare alla stupidaggine si fanno decreti ad hoc...

Queste cose le facevano Bokassa e Amin...




Le hanno fatte Violante (comunista) Scalfaro (degno presidente dell'associazione partigiani) Dini (colui che tradì Berlusconi per passare con i compagni) senza che nessuno dicesse Beh.

Mi pare anche di ricordare non molto tempo fa una deputata di estrema destra, nipote di un tale Mussolini, che raccolse e presentò delle firme smaccatamente false. Mi risulta che siccome protestò e siccome faceva comodo che togliesse voti al PDL fu riammessa.

Chi firmò la riammissione? Scegli tra queste risposte

A) Idi Amin Dada
B) Jean Bokassa
c) Dei valorosi magistrati che non bisogna contestare. (Almeno quando i loro figli stanno nello stesso centro sociale dei nostri)
aston villa
00sabato 6 marzo 2010 15:20
Al di la' delle nostre,per altro note,idee politiche credo che siamo d'accordo che queste sono porcate che un paese civile non dovrebbe inventarsi.
daiquiri
00sabato 6 marzo 2010 15:54
Concordo assolutamente. In effetti all'inizio del post scrissi "Io ero contrario a farli rientrare dalla finestra, se uno non è neppure in grado di presentare una lista non vedo come possa amministrare la cosa pubblica."

Non ho cambiato idea
aston villa
00martedì 9 marzo 2010 09:55
La decisione della seconda sezione bis del Tar Lazio si abbatte sulla lista Pdl per Roma e provincia. La richiesta di sospensiva è respinta, hanno detto i giudici amministrativi presieduti da Eduardo Pugliese. Nel merito si deciderà a maggio ma, allo stato non c'è abbastanza "fumus" a favore del ricorrente per sospendere l'esclusione della lista dalle elezioni regionali del 28-29 marzo decisa dall'ufficio elettorale del tribunale e, poi, dalla Corte d'Appello.

Non solo, il decreto "interpretativo" approvato in fretta e furia dal governo Berlusconi, non è applicabile in questo caso "perché le elezioni regionali del Lazio sono disciplinate dalla legge regionale numero 2 del 2005" e non dalla normativa nazionale "interpretata" dal governo. Quella legge, dice la sentenza, "prevedeva la presentazione dei documenti necessari alla candidatura della lista entro le ore 12 dello scorso 27 febbraio", ma "nel verbale dei carabinieri presenti nell'ufficio elettorale della corte di appello di Roma è scritto che alle ore 12 erano presenti solo 4 delegati di lista e che tra questi non risultava il delegato della parte ricorrente". Insomma, niente da fare. La lista non è stata presentata in tempo e l'interpretazione successiva è carta straccia.

Tutto finito, dunque e Pdl fuori dalle elezioni nel Lazio? Le cose non stanno neppure così, perché la lista Pdl e Renata Polverini possono ancora sperare in un recupero (per quanto difficile) per un'altra strada. La strada è stata aperta proprio dal decreto interpretativo del governo che ha dato 24 ore di tempo dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale per la presentazione di liste in chiave riparatoria. Al quarto punto vi si dice, infatti, che "i delegati che si siano trovati nelle condizioni di cui al comma 1 (cioé che fossero entrati nei locali del Tribunale entro le 12 di sabato l'altro; ndr) possono effettuare la presentazione delle liste dalle ore otto alle ore venti del primo giorno non festivo successivo (cioé oggi) a quello di entrata in vigore del presente decreto".

Ed è proprio questa la via che sta tenendo vive le speranze del centrodestra e del suo candidato governatore. Oggi pomeriggio, infatti, i presentatori che l'altro sabato sparirono per poi ricomparire fuori tempo massimo, si sono ripresentati per ritentare la presentazione del faldone rosso con le i nomi dei candidati e le relative firme. In base al decreto pare che lo possano fare, in base alla decisione di oggi del Tar non sembrano titolati a farlo. Bisogna vedere, adesso, cosa deciderà l'ufficio elettorale del tribunale di Roma che dovrebbe pronunciarsi domani mattina. Contro quella decisione c'è ancora la possibilità di appello. Sicuramente, se il tribunale darà il via libera alla lista Pdl, partirà subito il ricorso della controparte politica. Insomma: un botta e risposta giudiziario che potrebbe avere come risultato il rinvio delle elezioni regionali.

In subordine, il Pdl ha già annunciato il ricorso al Consiglio di Stato contro la decisione del Tar.

La "riconsegna". L'innocente faldone rosso, incellophanato e sigillato da giorni, è stato letteralmente scortato dai carabinieri fino all'ufficio elettorale per il deposito definitivo. Una processione silenziosa e veloce per i corridoi del Palazzo di Giustizia - i militari davanti col plico in mano, i politici Pdl a seguire - che si è conclusa in quella stanza 23, dove tutto cominciò due sabati fa con un'apertura pubblica sotto gli occhi dell'ufficiale comandante. Un pacco che però, secondo i legali del Partito Democratico, porterebbe con sè anche la chiave per scardinare la ripresentazione degli elenchi da parte del Pdl. Il plico, spiega l'avvocato Gianluigi Pellegrino, che ha presentato una "diffida" e cita un verbale dei carabinieri del 27 febbraio, "due sabati fa sarebbe rimasto incustodito dalle 12:00 alle 14:30, per poi essere vigilato dai militari. Alle 17 però il delegato Pdl lo avrebbe portato via, per poi riconsegnarlo alle 19:30". Solo allora il pacco sarebbe stato sigillato dai militari. "Chi può essere sicuro allora - conclude il legale - che quello che è stato consegnato corrisponde a quanto era stato portato in tribunale entro le 12 del 27 febbraio?" E non basta: in base alle indicazioni del nuovo dl la lista non può essere ammessa - spiega Pellegrino - "perchè la documentazione doveva essere in mano al Pdl fino alle 12:00, ma loro ne sarebbero stati in possesso, invece, fino alle 19:30". "Inoltre nel ricorso al Tar sarebbero gli stessi delegati del Pdl ad ammettere che il famoso plico conteneva una documentazione incompleta": insomma, conclude l'avvocato, sarebbe proprio il dettato del dl del governo a escludere la lista Pdl. Una ricostruzione che però i vertici del Pdl smentiscono precisamente. "Il pacco - dice il coordinatore del Lazio, Vincenzo Piso - è stato preso in custodia dai carabinieri, ma su questo avremo da dire tante altre cose, qualcuno dovrà rispondere delle tante falsità dette".

Ma ora, la decisione del Tar rimette tutto sotto una luce diversa. Se l'ufficio elettorale accetta l'interpretazione del governo, la lista Pdl potrebbe essere riammessa salvo gli ulteriori ricorsi degli avversari. Se, invece, l'ufficio elettorale si allinea alla posizione del Tar e ritiene che il decreto non possa essere applicato alla legge regionale del Lazio, la lista Pdl potrebbe essere definitivamente fuori dai giochi.

Le Regioni alla Consulta. Com'era prevedibile, dopo il Lazio, anche altre regioni si preparano al ricorso alla Corte Costituzionale contro il decreto. Oggi si sono fatte avanti Piemonte e Toscana entrambe governate dal centrosinistra e chiamate al voto il 28 e 29 marzo. Sia il governatore piemontese Mercedes Bresso che il presidente toscano Claudio Martini sono intenzionati a muoversi per un conflitto tra Stato e regioni in una materia, quella delle elezioni, che è di competenza regionale e non statale. In Piemonte la decisione è già stata presa dalla giunta. "Non possiamo accettare - ha spiegato infatti Bresso - ingerenze del Governo in una materia che in Piemonte è già regolamentata dalla legge regionale. Noi abbiamo attivato la procedura della legge elettorale regionale, tanto è vero che sono stata io a convocare i comizi elettorali e quindi a indire le elezioni".

Maroni. Qualche ora prima della decisione, lo stesso ministro degli Interni Maroni aveva spiegato che il Tar aveva piena autonomia di giudizio: "Se il Tar decide che la lista è fuori, quella lista resta fuori nonostante il nostro decreto. Noi non abbiamo deciso di salvare le liste. Abbiamo invece conservato i termini e abbiamo detto ai giudici di decidere loro sulla base di come la legge è stata interpretata dal governo. Mi auguro che entro pochissimi giorni il quadro sia completo, in modo da poter svolgere quel che resta della campagna elettorale e, serenamente, farla svolgere a chi ha diritto di farla".
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Il moschetto al momento resta in cantina....
daiquiri
00martedì 9 marzo 2010 13:32
Aggiungo alcuni particolari che hanno del comico.

- Il tar del Lazio ha rinviato ad una decisione che ci sarà a maggio, cioè due mesi dopo che le elezioni saranno finite

- La Polverini è credo al 4 o 5 ricorso, ma penso ce ne siano ancora altri due.

- Per il primo grado di giudizio Formigoni aveva firme non valide. Per il secondo grado di giudizio (cioè gli stessi giudici del giorno prima) le firme non erano valide. Per il tar le firme erano perfettamente regolari.

- La giudice che ha bocciato le lsite della Polverini si è fatta intervistare con una foto del Che sullo sfondo. Nella sua carriera ha dato solo 4 interviste, tutte a radio radicale. Nessuno lo vieta, ma quando il CSM dice che i magistrati sono apolitici, pensa che gli italiani siano cretini come i suoi rappresentanti.

- Secondo la corte costituzionale (quella dove i giudici sono apolitici ed imparziali) circa il 50% dei magistrati giudica il ddl del governo anti costituzionale, l'altro 50% assolutamente legittimo. E parliamo di un decreto legge, non di 400 articoli. Quindi oserei dire che nella migliore delle ipotesi, il 50% di magistrati che guadagna qualche decina di milioni al mese, non capisce una mazza di legge, oppure è lì a far politica. C'è una terza ipotesi, che non capisca una mazza e sia lì per fare politica.
Vincente Garcia
00martedì 9 marzo 2010 14:43
Credo che da questa storia ne esca male il paese intero,senza distinzioni
daiquiri
00martedì 9 marzo 2010 15:11
VEDI TITOLO
El Tr3n
00martedì 9 marzo 2010 15:37
Siamo un Paese di zulu.

aston villa
00martedì 9 marzo 2010 23:27
Il Pdl incassa il secondo cartellino rosso: dopo lo stop di ieri del Tar, l’ufficio circoscrizionale elettorale della Capitale oggi non ha ammesso la lista del partito di Roma e Provincia alle prossime elezioni regionali del Lazio. La lista era stata presentata ieri pomeriggio, per effetto del nuovo decreto legge, cosiddetto "salva-liste", dopo il mancato deposito del 27 febbraio scorso.

«Io continuo la mia campagna elettorale. C’è una coalizione ampia che mi sostiene», commenta la candidata del centrodestra alla presidenza della Regione Lazio, Renata Polverini. Mentre per la sua rivale, Emma Bonino, «dopo la motivazione di ieri del Tar mi pare che la decisione di oggi fosse abbastanza prevedibile». Un’altra doccia fredda per il Pdl dopo che ieri il Tar aveva bocciato il ricorso contro l’esclusione della lista dalla tornata elettorale. E ora gli avvocati del partito stanno lavorando per predisporre l’appello al Consiglio di Stato che verrà depositato domani mattina. Proprio alla luce della bocciatura del Tar, oggi, i legali del Pd, sono andati in Tribunale per consegnare l’ordinanza del Tar ai magistrati dell’ufficio elettorale.

Sono ore di riunioni tra i quadri del Pdl per decidere il da farsi dopo l’ennesima giornata no. Proprio per fare il punto sulle regionali domani dovrebbe tenersi una conferenza stampa del premier Silvio Berlusconi nella sede del Pdl, con la Polverini. Ma, a prescindere delle decisioni dei vari tribunali, la parola d’ordine ora, in casa Pdl, sarebbe quella di concentrarsi sulla campagna elettorale e pensare al voto. Ed è questa la conclusione alla quale è giunto il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi durante un vertice, nel pomeriggio, a Palazzo Grazioli, nella sua residenza romana, con la Polverini, e i dirigenti nazionali e laziali del partito. E proprio oggi, prima della notizia sulla mancata ammissione della lista, Alfredo Milioni, responsabile elettorale del Pdl e protagonista della mancata iscrizione della lista era andato a Palazzo Grazioli per firmare con il responsabile elettorale nazionale del Pdl, Ignazio Abrignani «l’eventuale nuovo ricorso al Consiglio di Stato nel caso venisse respinta la nostra richiesta».

Proprio Milioni e l’altro rappresentante di lista, Polesi, dopo aver incassato la decisione dell’ufficio elettorale circoscrizionale, hanno lasciato il Tribunale senza riferire l’esito, inseguiti dai giornalisti fino a piazzale Clodio, protetti da un cordone di forze dell’ordine. Le polemiche hanno investito anche la presidente dell’ufficio elettorale circoscrizionale del Lazio, Anna Argento - quello che oggi ha respinto la lista del Pdl - perchè nel suo studio c’è un ritratto di Ernesto Che Guevara. «Non ho mai notato che fosse lì, probabilmente - si difende - è stato lasciato dai miei predecessori o non so da chi, e in ogni caso, se anche l’avessi visto, non avrebbe condizionato certamente le mie decisioni». È stata una giornata per tirare le somme anche in casa Radicale. «Non è pensabile che si decida di andare avanti come se niente fosse successo», ha tuonato durante il suo intervento Emma Bonino. Ma il leader storico dei Radicali, Marco Pannella, dice un no chiaro e tondo all’ipotesi del ritiro della Bonino dalle elezioni regionali e propone di rinviare le elezioni.
chiavitos
00mercoledì 10 marzo 2010 14:09
Re:
El Tr3n, 09/03/2010 15.37:

Siamo un Paese di zulu.





che amano andare spesso in un'altro paese di Zulee [SM=x1571569] , ragazzi appena posso scappo dall'italia, ma comincio ad avere problemi per dove fare il biglietto [SM=x1495865]
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