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Addio Enzo

Ultimo Aggiornamento: 21/12/2010 18:26
21/12/2010 12:55
 
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Addio ad Enzo Bearzot, ct dell'Italia mondiale nel 1982

Lutto nel mondo del calcio italiano, a 83 anni si spegne il ct del Mundial

TORINO, 21 dicembre - Lutto nel mondo del calcio italiano. A 83 anni si è spento Enzo Bearzot, storico ct dell'Italia campione del mondo nel Mondiale 1982 in Spagna. 'Il Vecio', com'era soprannominato, guidò gli azzurri dal 1975 al 1986. Suo il record di panchine azzurre: 104, davanti alle 97 di Vittorio Pozzo, anche lui scomparso il 21 dicembre, del 1968.

DECESSO IN CASA, ERA GRAVEMENTE MALATO - Enzo Bearzot è morto a Milano, nella sua casa in zona Vigentina. Secondo quanto si è appreso l'ex commissario tecnico della nazionale di calcio campione del mondo nell'82 era gravemente malato. Da quanto si è appreso la famiglia ha deciso di mantenere il più stretto riserbo. Era gravemente malato da diversi anni. Aveva avuto anche un intervento chirurgico nel 2004 e recentemente le sue condizioni di salute erano peggiorate. Bearzot viveva con la moglie Luisa da cui ha avuto i figli Glauco e Cinzia.

ROSSI IN LACRIME, 'A LUI DEVO TUTTO' - «Enzo Bearzot è stato uno dei grandi italiani del '900, su questo non ho dubbi». Paolo Rossi trattiene a stento commozione e lacrime, al telefono con l'ANSA, nel raccontare il suo dolore per la scomparso del Ct campione del mondo nell'82. «Per me è stato come un padre - dice Pablito, cui Bearzot diede fiducia fino all'esplosione del goal nella parte finale del mondiale - io a lui devo tutto, senza di lui non avrei fatto quel che ho fatto. Era una persona di una onestà incredibile e un tecnico di grande spessore. Incarnava la figura dell'italiano popolare, e anche se non è stato uno scienziato o un artista, rimarrà nella storia dei nostri grandi del secolo scorso».

UN 'VECIO' SENZA ETA' - Il suo naso, da boxeur, e la pipa, perennemente accesa, hanno fatto la felicità dei vignettisti per anni. Erano i segni distintivi di Enzo Bearzot, scomparso oggi ad 83 anni. Detto il 'Veciò, come si fa per tutti i friulani doc (era nato ad Aiello del Friuli il 26 settembre '27), anche per quelli che vecchi non sono. Ed in effetti lui non lo è stato mai, in questo aiutato dalla passione del calcio, che lo aveva preso da ragazzino, quando in un collegio di Gorizia dormiva con la foto di Campetelli, centromediano dell'Inter, sotto il cuscino. E non era taciturno, nè introverso - come sostenevano i suoi denigratori -, soltanto non gli piaceva sprecare le parole. Fosse stato come lo dipingevano, non avrebbe mai creato il gruppo che conquistò il terzo titolo mondiale del calcio italiano nel 1982 in Spagna. Un gruppo che non si è mai sciolto, neanche quando qualcuno si è allontanato dal pallone (come Paolo Rossi), oppure è stato prematuramente rapito dalla morte (come Scirea).

Un gruppo che ha mantenuto i contatti con l'uomo che l'ha plasmato e che continuerà a considerarlo vivo. Un legame veramente speciale quello che legava gli azzurri a Enzo Bearzot, riconoscenti perchè prima di condurli al traguardo più importante della loro carriera, aveva saputo difenderli da critiche feroci. E li aveva sostenuti quando decisero quel clamoroso e innovativo silenzio stampa che anche oggi, di tanto in tanto, viene imitato da questa o quella squadra di club. Portavoce era Dino Zoff, altro friulano di poche parole, che Bearzot considerava il suo terzo figlio, e che un giorno si sarebbe seduto sulla panchina azzurra con minor fortuna. Nel dicembre del 2000 il gruppo si strinse ancora una volta intorno a Bearzot, che presentava (con l'autore Gigi Garanzini) il libro biografico, 'Il romanzo del veciò. In quella serata il tecnico sorprese i suoi vecchi allievi rivelando che il calcio non gli mancava, pur amandolo, perchè «sentivo di non appartenervi più». C'era amarezza nelle sue parole, un pò di malinconia, forse stimolata dalle note del jazz (questa musica era la sua seconda passione, naturalmente dopo il football). Quella sera Bearzot parlava del calcio al passato remoto, come di una storia finita tanto tempo prima. Ma dopo poco più di un anno - a gennaio del 2002 -, mettendo fine a un distacco ventennale, Bearzot aveva accettato con rinnovato entusiasmo l'invito della Federcalcio ad assumere la responsabilità di presidente del settore tecnico della Figc. In quell'occasione Claudio Gentile, uno del gruppo, allora tecnico della Under 21, ricordando il bel gioco espresso dalla nazionale nei mondiali del '78 (Argentina, azzurri quarti) e dell"82, lo definì il miglior ct azzurro dopo Pozzo (morto come lui il 21 dicembre, del 1968), sostenendo che «Enzo Bearzot non deve restare lontano dal calcio, perchè il calcio è il suo mondo». E lui: «Sono contento perchè l'indicazione viene dal mio mondo».

La sua avventura nel calcio era cominciata come giocatore: dalla Pro Gorizia, era passato, ventenne, all'Inter, poi al Catania, poi all'Inter nuovamente, ed aveva terminato la carriera al Torino. Era un difensore grintoso ma corretto, non privo di tecnica. Delle sue esperienze di calciatore seppe far tesoro alla guida della nazionale, riuscendo ad utilizzare al meglio i giocatori che sceglieva, incurante dei suggerimenti e delle critiche della stampa, anche quando i risultati non gli davano ragione. Fautore del 'primo non prenderle' non fu mai catenacciaro. Fu maestro invece nell'esaltare l'arte del contropiede con cui nell'82, nel Mundial, di Spagna schiantò una dopo l'altra Argentina, Brasile e Germania. Indimenticabili le imprese dei terzini-ala Cabrini e Gentile, delle ali a tutto campo Conti-Graziani, di Tardelli, giocatore universale, di Zoff portiere-saracinesca, di Paolo Rossi guizzante, imprendibile opportunista sotto rete, di Scirea, direttore d'orchestra di un gioco che a tratti ricordava il free-jazz per la sua impr evedibilità. Paradossalmente, però, quattro anni dopo, l'attaccamento al gruppo, e la conseguente incapacità a rinnovare, fu fatale a Enzo Bearzot. Al cospetto di risultati negativi (mancata qualificazione agli Europei '84, eliminazione negli ottavi del mondiale messicano '86), attaccato dalla critica e di fronte all'ostilità del vertice federale, preferì lasciare anzichè rinunciare alle sue convinzioni. Ma nella storia del calcio, e non solo, rimarranno sempre le immagini delle imprese precedenti. L'urlo e la corsa pazza di Tardelli, dopo il gol alla Germania. E quel giovane Vecio, dal naso di boxeur e dalla pipa eternamente accesa, che sull'aereo degli eroi di Madrid, gioca a briscola con Causio, Zoff e il presidente della Repubblica Pertini, un altro celebre appassionato della pipa, un altro Vecio che, come lui, non invecchiò mai.


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Quel Mondiale rimarrà nella storia. Le grandi vittorie sull'Argentina di Maradona, Passarella e Kempes e sul Brasile di Zico, Socrates, Falcao e delle mine di Eder. Paolo Rossi capocannoniere. L'urlo di Tardelli nella finale vinta contro la Germania.

Grazie Enzo. [SM=x1539166]

Riposa in pace. [SM=x1571575]

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"Mama mama, me dijeron puta barata!"
"Mi amor, cobra mas caro!"
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21/12/2010 18:26
 
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Una bella persona e un grandissimo professionista, come non ne esistono quasi più.

Gli uomini buoni vanno in Paradiso, quelli cattivi a Patong
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