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Nel corridoio di chi è condannato a restare

Ultimo Aggiornamento: 02/03/2010 19:32
02/03/2010 19:32
 
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YOANI SANCHEZ

La signora alza il timbro e lo avvicina al foglio, per poi metterlo da parte senza aver stampato il tuo permesso di uscita. “Lei non è autorizzata a viaggiare” - ti dice - e tutti nell’ufficio ascoltano la frase che ti condanna a restare reclusa in questa Isola. Nelle altre scrivanie, i richiedenti si guardano i piedi per evitare che i tuoi occhi incrocino i loro in cerca di solidarietà. I militari che passano ti scrutano dall’alto in basso con l’aria di chi pensa “qualcosa avrà fatto, se non la lasciano uscire”. Fino all’ultimo minuto hai pensato che forse gli archivi del Ministero degli Interni non fossero così organizzati e che la tua storia anticonformista non sarebbe venuta alla luce. Hai sperato che una segretaria avrebbe avuto voglia di mangiare una pizza proprio mentre valutava la tua pratica e che - spinta dal grande appetito - l’avrebbe inserita in tutta fretta nel mucchio di quelle approvate. Conosci bene l’effetto che producono il formaggio filante e la salsa di pomodoro in un burocrate che guarda il suo orologio alle tre del pomeriggio.

Tuttavia, questa volta l’opzione della negligenza statale non ha funzionato. Hanno individuato il tuo caso sin dal primo momento in cui hai presentato il progetto di fare un viaggio verso il Sud. Qualche capo con il rango di tenente colonnello avrà sorriso vedendo che finalmente eri nelle sue mani. Avevi creduto di poterti comportare come un uomo libero, dicendo le tue opinioni a voce alta e pubblicando senza pseudonimo, ma eri arrivato nel luogo dove ti avrebbero fatto sentire tutte le restrizioni, tutte le sbarre, tutte le catene. Non hai antecedenti penali, non sei mai stata condannata da un tribunale e i tuoi delitti più frequenti consistono nel comprare formaggio e latte sul mercato nero. Nonostante tutto ti sei appena resa conto che devi scontare una pena. La tua sentenza è restare tra le sbarre di questo arcipelago, reclusa in questo specchio di mare che alcuni ingenui considerano un ponte e non quella fossa senza salvezza che è realmente. Nessuno può lasciarti uscire, perché sei una reclusa con un numero attaccato sulle spalle, anche se credi di portare la maglietta che hai tirato fuori dall’armadio questa mattina. Sei nella cella dei “pellegrini immobili”, nella prigione degli obbligati a restare. Dalla finestra una voce ti rimprovera per non essere stata zitta, fingendo almeno un poco… indossando la maschera per poter viaggiare. Non potrai vedere la luce fino a quando non saranno abbattute tutte le carceri!

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