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Non ho dubbi, oggi sarà una lotta per l’oro tra Razzoli e Lizeroux». Il pronostico di Jacques Theolier è un po’ partigiano dal momento che il francese Lizeroux l’ha cresciuto lui e Razzoli è la punta della squadra italiana di slalom che gli è stata affidata in questa stagione. Bisogna fidarsi. La speranza è diventata davvero l’ultima dea per raddrizzare in meno di 48 ore l’Olimpiade peggiore della storia come piazzamento, con l’Italia sotto al ventesimo posto nel medagliere.
Non era mai successo, d’estate o d’inverno. In questo campo i paragoni non hanno scientificità: per esempio a Innsbruck, nel ’64, gli azzurri presero un argento e tre bronzi come qui ma c’erano 36 nazioni, a Vancouver i Paesi sono 82 e la concorrenza è diversa. Tuttavia c’è un risvolto di verità nei numeri e si può comprendere la fibrillazione di queste ore, prima che arrivino le rese dei conti nei palazzi romani e milanesi. Il malumore di Petrucci, quello sì, ha toccato livelli da podio: spendere 2 milioni e 817 mila euro, come ha fatto il Coni, per organizzare la trasferta in Canada e trovarsi con questi risultati e l’immagine che ne consegue è fallimentare. Così come si dovrà riflettere sui quasi 15 milioni dati nell’ultimo quadriennio alla Federazione degli sport invernali più i quasi 10 distribuiti a quella del ghiaccio. Sarà demagogico ma le quattro medaglie ottenute fino a ieri sono costate un milione e mezzo all’anno ciascuna e non sono nemmeno d’oro.
Con la Fontana che ha gareggiato nella notte, ci si aggrappa a chi potrebbe rattoppare il bilancio sportivo e rendere meno irritante quello economico. «Ho accettato l’incarico perché ero sicuro che a Vancouver avremmo ottenuto un grande risultato e sono convintissimo che lo faremo», insiste Theolier. «Ci siamo allenati a Nakiska, in Canada, su tutti i tipi di neve e provando in tutte le situazioni possibili perché non accada niente cui non siamo preparati». Razzoli più di Moelgg, che sembra scarico e ossessionato dalle figuracce dei giorni scorsi, imitato in questo dalla sorella, è l’uomo della possibile Provvidenza nello slalom che chiude il calendario di sci alpino, in cui si rischia di restare senza medaglie come a Torino: l’ultimo podio olimpico lo ottenne Tomba nel ’94, la suggestione che il digiuno sia rotto da un altro figlio dell’Appennino è forte. Sostengono che la pista è adatta a lui e che il tipo di neve non è un problema: è la prima volta che lo sentiamo dire di un italiano in queste Olimpiadi, magari è il segnale della svolta benchè di Razzoli si tema l’irrazionalità. O spacca il mondo o affonda.
Si può sperare in un piazzamento di Fischnaller nel parallelo dello snowboard e nella Longa per la 30 km a tecnica classica. «Mi sento in crescita - dice la fondista di Livigno - la frazione nella staffetta mi ha confermato che ce la posso fare». E Fischnaller sembra sicuro del terzo posto: «Primo un austriaco, secondo un canadese, terzo io - annuncia -. Sono alla terza Olimpiade, è la volta buona: i risultati di Coppa del Mondo dicono che sono tra i migliori, se alla partenza mi vedrete sorridere saprete che sono in forma». Ci si augura che lo sia più della fidanzata, Denise Karbon, che ha sballato lo slalom, dopo il gigante: ventisettesima dopo la prima manche, un po’ peggio persino della Costazza e della Moelgg, che pure stavano oltre il ventesimo posto. Tutte già fuori gara. Solo la Gius, con l’ottavo tempo, aveva minime ambizioni che tramontavano nella seconda manche. Dopo il disastro gigante, il disastro speciale. |