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Autonomia universitaria

Ultimo Aggiornamento: 19/02/2010 11:13
18/02/2010 12:42
 
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YOANI SANCHEZ

Ho sentito dire centinaia di volte che lo spazio universitario - come un camposanto - non può essere invaso dai demoni della repressione. Mi sono immaginata che volteggiavano intorno alla scalinata, senza poter entrare in un luogo di lettere e formule dove si proteggono gli alunni. In realtà questa presunta immunità viveva soltanto nelle mie fantasie, perché la storia cubana mette in evidenza ripetute trasgressioni subite dalle università del mio paese. Sotto lo sguardo di Pallade Atene, il castigo ideologico ha fatto irruzione un’infinità di volte in quei recinti destinati alla conoscenza e all’erudizione.

Nella prima metà del ventesimo secolo, varie proteste studentesche sono arrivate a esigere persino la rinuncia del presidente, evidenziando la forza sociale che proveniva dai banchi. Sopra i muri intorno alla Colina si vedono ancora le scritte, segno di un anticonformismo giovanile che le successive purghe rivoluzionarie hanno trasformato in apatia. La Federazione Studentesca Universitaria non è più quella sorgente di idee e azioni che in diverse occasioni ha scosso la città, ma si è trasformata in una rappresentazione del potere nei confronti dei collegiali. L’organizzazione ha perso ogni caratteristica ribelle e i leader non vengono più eletti in base a carisma e popolarità, ma secondo un giudizio di affidabilità politica. Lo slogan “l’università è per i rivoluzionari” ha contribuito a imporre la maschera come il metodo più sicuro per ottenere un diploma.

Raúl Castro ha preso il potere da due anni e negli istituti universitari si sono registrate ancora espulsioni per motivi ideologici, con una tendenza al rialzo. Quando hanno impedito a Sahily Navarro - figlia di un prigioniero della Primavera Nera - di ritornare nella sua aula, mi sono resa conto che la malridotta lega studentesca era passata dall’agonia alla cancrena. Pochi giorni dopo la lapide del settarismo ha coperto i resti della FEU, quando è stata rimossa dall’insegnamento Marta Bravo per aver chiesto riforme nel paese. Le note del requiem sono state eseguite da chi ha rimosso dalla docenza Darío Alejandro Paulino, colpevole di aver aperto un gruppo su Facebook per dibattere argomenti legati al corso di laurea in Comunicazioni Sociali. Con questi tristi successi, la federazione - che un tempo aveva avuto come leader Julio Antonio Mella - ha confermato la sua fine per mano dei mostri del dogmatismo e dell’intolleranza, che oggi passeggiano liberamente per il campus universitario.


18/02/2010 12:43
 
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Sono d'accordo.

Lo sarei ancora di piu' se l'universita' del mio paese non fosse ridotta come una del terzo mondo...ma questo e' un altro discorso...
19/02/2010 11:13
 
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Bilanci fragili, atenei che pareggiano a fatica i conti, altri costretti a vendere pezzi di patrimonio immobiliare, case e palazzi per saldare le spese, le rate dei mutui e le bollette. Sono diverse le università in rosso e l'iniezione di 400 milioni di euro promessi come una tantum e aggiunti in "zona cesarini" in Finanziaria saranno solo un po' di ossigeno. Per il 2011 il presidente della Crui, la conferenza dei rettori, Enrico De Cleva, lancia l'allarme: "Non siamo in grado di subire per il prossimo anno un taglio del 18-20% rispetto alle risorse del 2008, sarebbe il collasso dell'intero sistema universitario. Nessuno riuscirebbe a chiudere i bilanci". Del resto già ora la navigazione, per molti, è difficile. A Siena ogni mese si chiedono se ce la faranno a pagare gli stipendi del personale e il deficit di 32 milioni di euro sul 2010 è niente a confronto della montagna dei debiti pregressi valutata in oltre 100 milioni (su questo indaga pure la magistratura). Alla Federico II di Napoli il bilancio di previsione 2010 non l'hanno nemmeno approvato preferendo la gestione provvisoria. Lo stesso alla Sapienza di Roma dove lo sbilanciamento fra entrate e uscite è saldamente a due cifre con il segno meno davanti. A Bari e a Palermo idem. Genova, come altri atenei, ha chiuso il 2009 frugando fra le riserve messe da parte in cassaforte. La Statale di Milano approderà al pareggio quest'anno, "ma con tagli insopportabili se non dovessero arrivare i fondi promessi dal governo" spiega lo stesso rettore De Cleva.

I "fondi promessi" sono i 400 milioni di euro, provenienti dallo scudo fiscale, parziale reintegro della riduzione di 678 milioni al finanziamento ordinario, cioè ai soldi che servono a far funzionare gli atenei. "Il fatto è che non si conoscono i criteri di assegnazione e questa incertezza finanziaria lascia le università in stallo, ci impedisce ogni programmazione, ci costringe a ragionare come se quelle risorse non ci fossero" spiega il presidente della Crui. "La situazione è preoccupante - prosegue - se da un lato il nuovo disegno di legge mostra un'attenzione del governo per le università, dall'altro pesa questo non conoscere quando e quali saranno le risorse a disposizione: non possiamo pianificare nuovi investimenti edilizi, né un reclutamento. Avremo pensionamenti massicci, ma casuali, cattedre vuote qua e là: se non programmiamo le assunzioni rischiamo di lasciare sguarniti interi settori disciplinari".

Alla Federico II di Napoli coi soldi risparmiati dai pensionamenti, spiega il rettore Guido Trombetti, riusciranno appena a coprire gli incrementi degli stipendi di chi resta. Questo per il futuro immediato. Il peggio è per gli anni a venire se le forbici continueranno a tagliare l'Ffo, il fondo di finanziamento ordinario. Il rettore dell'università di Firenze, Alberto Tesi, alla cerimonia di inaugurazione dell'anno accademico un mese fa ha mostrato un grafico con due curve: una in salita, l'altra in discesa. La prima rappresenta il costo del personale, l'altra i finanziamenti dello Stato per l'università. "Il grafico è stato mostrato nel rapporto del Comitato nazionale di valutazione - ha detto Tesi, a capo di un ateneo che da anni vende immobili per pareggiare il bilancio - mostra con chiarezza che, fra il 2010 e il 2011, anche in assenza di nuove assunzioni il costo del personale supererà quello del fondo statale". Va detto che gli atenei dal 2002 sono costretti a pagare gli aumenti stipendiali dei dipendenti senza essere più rimborsati e questo, combinato a una passata politica di assunzioni non sempre attenta ai soldi in cassa, è stato un pozzo in cui sono finite parte delle risorse. "Raccogliamo l'eredità di tempi in cui le università hanno vissuto al di sopra delle proprie possibilità - spiega il rettore di Bari, Corrado Petrocelli, ateneo con un deficit di 52 milioni di euro - Da tre anni noi attuiamo un turnover del 20%, abbiamo messo in vendita alcuni immobili, abbiamo varato un piano di rientro pluriennale, ma noi dobbiamo dire chiaro che vogliamo continuare a essere una università, a fare ricerca e didattica e questo non sarà possibile se ogni anno ci vengono tagliate le risorse". Fanno i conti con la crisi anche gli atenei virtuosi, come Torino o Bologna: quest'ultimo ha ricevuto 32 milioni in meno (-8%) rispetto al 2009 e ha chiuso il bilancio 2010 tagliando spese per 10 milioni soprattutto sulla didattica, ma salvaguardando il diritto allo studio, i dipartimenti e le relazioni internazionali. Tutto ciò è stato possibile grazie a un "tesoretto" (avanzi di bilancio del 2008 e 2009) accumulato per la gestione "virtuosa" e una quota di trasferimenti premiali. Il prossimo anno, però, al taglio lineare della Finanziaria Tremonti (-32 milioni) sull'Ffo rischia di aggiungersi un'ulteriore riduzione di 27 milioni se sarà eliminato il fondo interministeriale Padoa Schioppa. Il rettore Ivano Dionigi dice: "Se verranno confermati questi numeri per il 2011, in assenza di tesoretto pregresso e dello scudo fiscale, rischia di essere messo in ginocchio anche un ateneo virtuoso come Bologna".
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