Wall Street, la riforma di Obama "Cambiare, o saranno guai"

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stuwhima
00giovedì 22 aprile 2010 17:09
Il presidente presenta la sua ricetta per evitare il ripetersi della crisi. Oltre mille pagine per la più profonda revisione del sistema bancario e de
NEW YORK - Barack Obama scende nella "tana del leone", oggi viene a Wall Street per un discorso di battaglia: parte la sua manovra di sfondamento per far passare la riforma dei mercati, superando le resistenze che l'hanno bloccata finora. Il presidente denuncia "i furiosi sforzi delle lobby" per boicottare le nuove regole. I rapporti di forze gli sono favorevoli più di prima: le accuse di frode a Goldman Sachs, la crisi della Grecia che sarà al centro del vertice del Fondo monetario, l'indignazione dell'opinione pubblica verso i superstipendi dei banchieri, tutto gioca in suo favore, mettendo Wall Street e la destra repubblicana sulla difensiva. E' la battaglia ideale per Obama, su un terreno meno insidioso della riforma sanitaria.

"La causa principale della recessione - dice Obama - è stata la crisi finanziaria, la più grave da molte generazioni. E dietro ci fu un fallimento delle responsabilità, da parte di Wall Street così come dei governi di Washington. In passato, sia sotto le Amministrazioni repubblicane che democratiche, è venuta meno la vigilanza contro comportamenti che premiavano le manipolazioni finanziarie, a scapito della produttività e dell'imprenditoria onesta. Guai se lasciamo passare questo momento, questa opportunità di cambiare".

1.336 pagine: è la più profonda riforma del settore bancario e delle regole della finanza dai tempi del New Deal di Franklin Roosevelt, dopo la Grande Depressione. E' di questa portata il disegno legislativo voluto da Obama, e già passato al vaglio di un voto importante: quello della Commissione bancaria del Senato. Un voto significativo perché ha segnalato il primo "cedimento" repubblicano, un senatore dell'opposizione è passato dalla parte dei democratici.

In quelle 1.336 pagine ci sono quattro capisaldi fondamentali per sanare la finanza ed evitare le patologie dell'ultima crisi. Primo: più controlli e trasparenza saranno imposti agli hedge fund. Secondo: le banche avranno una libertà di manovra molto più limitata per il trading nei titoli derivati, quelli che tra l'altro consentono di speculare su petrolio e materie prime. Terzo: sarà creata una nuova authority, l'agenzia per la protezione del consumatore di servizi finanziari. Quarto: una tassa speciale sulle banche andrà ad alimentare il fondo per eventuali salvataggi di colossi in crisi, sicché in futuro non debba più essere il contribuente a pagare il conto per i disastri dei banchieri. All'istituzione di questo fondo si accompagna un nuovo potere per la banca centrale, la Federal Reserve: quello di commissariare e poi smembrare un istituto di credito troppo grosso, qualora diventi un pericolo per la stabilità sistemica.

Perfetta o sospetta, a seconda dei punti di vista, fa discutere la coincidenza tra questo affondo di Obama e l'accusa mossa venerdì scorso alla Goldman Sachs da parte dell'organo di vigilanza sulla Borsa, la Securities and Exchange Commission (Sec). Un'accusa grave: quella di aver frodato i propri clienti, rifilandogli dei titoli "tossici" legati ai mutui subprime. Quei titoli ad alto rischio d'insolvenza, la Goldman li aveva fatti selezionare da un gestore di hedge fund che puntava proprio sul loro tracollo. La Goldman si difende con vigore, rifiuta di patteggiare, e la sua battaglia legale contro la Sec sarà avvincente. Ma quell'accusa di frode ha macchiato la reputazione della più potente banca di Wall Street, l'unica che nella recessione si era addirittura rafforzata. L'offensiva della vigilanza su Goldman si aggiunge all'indagine del Congresso sul crac Lehman che ha fatto emergere dei falsi in bilancio. Viene dopo le rivelazioni sul ruolo che la stessa Goldman ebbe nel truccare i conti pubblici della Grecia, ingannando la Commissione europea sulla vera entità del deficit di Atene. E nello stesso periodo rialza la testa l'inflazione del petrolio e di altre materie prime, un altro terreno dove la speculazione finanziaria gioca un ruolo nefasto.

E' la congiunzione astrale perfetta per lanciare l'offensiva finale sulla riforma dei mercati. Obama coglie al balzo l'opportunità per "divincolarsi" dall'abbraccio dei banchieri, che avevano cercato di condizionare anche la sua Amministrazione come tutti i governi precedenti. Lo stesso presidente, all'epoca della sua campagna elettorale, ricevette quasi un milione di dollari di finanziamenti solo da Goldman Sachs. La quale ha appena assoldato un ex-consigliere di Obama per rafforzare la sua squadra di esperti nelle relazioni esterne e nel lobbismo politico. In passato Obama era stato troppo poco vigilante verso gli "infiltrati" di Wall Street: in campagna elettorale aveva ingaggiato come consigliere economico Robert Rubin, ex segretario al Tesoro di Bill Clinton nonché ex top manager di Goldman e Citigroup. Ora il presidente dimostra con i fatti di essere libero dai conflitti d'interesse, e capace di castigare Wall Street.

Su questo terreno Obama sa di mettere in serie difficoltà l'opposizione repubblicana. Da una parte, la destra populista del Tea Party accusa il governo di avere sussidiato generosamente i banchieri. D'altra parte l'establishment repubblicano vicino a Wall Street tenta di boicottare la riforma dei mercati. Il pretesto è che questa riforma sarebbe troppo "statalista". In realtà Obama si colloca nel solco di una nobile tradizione bi-partisan, che va dal repubblicano Teddy Roosevelt al democratico Franklin Delano Roosevelt: è l'America del libero mercato, della piccola impresa, del consumatore e del risparmiatore, che vanno difesi contro i monopoli, gli oligopoli, le collusioni, i conflitti d'interessi tra potentati della finanza e mondo politico. In vista delle elezioni legislative di novembre, Obama è convinto che l'attacco a Wall Street può spostare l'attenzione dell'opinione pubblica sul terreno dove la destra è più vulnerabile.
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