In quale modo silenzioso

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aston villa
00mercoledì 17 marzo 2010 20:26
YOANI SANCHEZ

Muoversi sul limite e dire le cose fino a un certo punto è un comportamento normale per certi artisti critici che ancora vivono a Cuba. Di tanto in tanto ci regalano una frase dal sapore anticonformista pubblicata sui periodici stranieri, anche se i mezzi di comunicazione nazionali non contribuiscono a diffonderla. Con un piede fuori e l’altro dentro l’Isola, non deve essere facile passare dal potersi esprimere a voce alta a farlo sussurrando. I lunghi periodi di permanenza all’estero si sono trasformati in un catalizzatore di opinioni per alcuni rappresentanti della nostra cultura.

Evidentemente, interagire con risultati e problemi di altre realtà fa sì che le parole d’ordine trionfaliste suonino molto lontane e che l’intolleranza del cortile di casa propria divenga insopportabile. L’ultima intervista di Pablo Milanés(http://www.elmundo.es/america/2010/03/13/cuba/1268442243.htm) mostra, da un lato, la misura che evita di bruciare le navi del ritorno e dall’altro la sfrontatezza di chi è molto preoccupato per quel che accade nel suo paese. Rischia molto, senza dubbio, quando definisce come “reazionari delle loro stese idee” i nostri governanti, che in passato hanno censurato tanti scrittori, musicisti e attori per aver detto cose di minor gravità.

L’autore di Yolanda resta in bilico su un terreno minato, dove altri hanno finito per distruggersi. In questa professione di sincerità si vede protetto dalla sua notorietà internazionale e dalla simpatia che gli dimostrano persone di ogni parte del mondo e di diverse generazioni. A uno sconosciuto cantante di quartiere l’avrebbero fatta pagare molto cara, ma con Pablo non possono permetterselo. L’emigrazione ha caratterizzato fin troppo il livello artistico delle nostre scene. Non solo se ne sono andati in massa i miei colleghi universitari e i miei amici del quartiere, ma soprattutto la cultura cubana vede una percentuale dei suoi rappresentanti - che alcuni definiscono maggioritaria - fuori delle nostre frontiere.

Perdere adesso anche questa voce potente sarebbe come riconoscere che coloro che hanno composto il sottofondo musicale che accompagnava la costruzione dell’utopia hanno smesso di crederci. Per questo motivo non è stata pubblicata sul sito di nessuna istituzione ufficiale una polemica aggressiva e minacciosa contro la sincerità dell’intervistato. A Pablo Milanés non verrà reso noto nel consolato di Madrid che non è più gradito in patria, né lo accuseranno di usare le parole del “Padrone del Nord”. Nessuna strategia di rimprovero ufficiale sarà messa in atto contro Pablo, ma nelle riunioni ministeriali e nei circoli chiusi del potere non gli verrà perdonato di essersi comportato come un uomo libero.


Nota del traduttore: Yoani Sánchez si riferisce all’intervista che il famoso cantautore cubano Pablo Milanés - icona della nueva trova - ha rilasciato sabato 13 marzo al quotidiano spagnolo El Mundo, nella quale ha affermato alcuni concetti interessanti che provo a sintetizzare: “Vorrei che a Cuba le cose cambiassero quanto prima. Il mio popolo deve avere più opportunità di poter parlare, vorrei che a Cuba tutti avessero lo stesso accesso alle informazioni di cui io dispongo.

Le idee si discutono, si combattono, ma non si mettono in prigione. Se Fariñas morirà durante il suo sciopero della fame sarà una nuova ferita per la Rivoluzione. I rivoluzionari sono rimasti fermi nel tempo, si sono trasformati in reazionari delle loro stesse idee, per questo serve un’altra rivoluzione che produca una vera modernizzazione. Non credo neppure nelle elezioni, che spesso si trasformano in una farsa, ma credo nella necessità del cambiamento”.


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