Essere onesti non paga

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aston villa
00lunedì 7 dicembre 2009 12:31
“Lo sport serio non ha nulla a che vedere con il fair play. È fatto di odio, gelosia, vanagloria, disprezzo di qualsiasi regola e del piacere sadico di assistere ad uno spettacolo violento. In altre parole, è guerra, meno le uccisioni». Forse l’allenatore dell’Ascoli Bepi Pillon non conosce George Orwell, ma da un paio di giorni sicuramente ne condivide il pessimismo. Sabato pomeriggio, dopo il gol «regalato» alla Reggina per compensare quello segnato da Antenucci con un avversario infortunato, dopo il pareggio a difesa immobile che ha aperto la strada al 3-1 finale per i calabresi, è rimasto due ore asserragliato negli spogliatoi. Contestato, amareggiato, solo. Soprattutto solo.

In campo aveva pensato di aver fatto «the right thing», la cosa giusta, negli spogliatoi si è accorto che una grossa fetta del mondo non la pensava così. Anzi. Si è ritrovato contro la società, i tifosi inferociti fuori dal Del Duca, persino gli 007 federali che hanno fatto rapporto al procuratore Palazzo. Forse la Figc aprirà un’inchiesta. Atto dovuto, possibile atto d’accusa, con un’imputazione crudele, un filo paradossale: eccesso di fair play. Un peccato mortale, nel più popolare, ma ormai meno nobile degli sport. Il regno ipocrita di Maradona e di Henry, di simulatori e cascatori, dove chi bara con destrezza è santo subito e gli onesti finiscono fuori dal Mondiale.

«Il fair play è inadatto al calcio», come sostiene il presidente del Cagliari Cellino? Prima di tutto urgerebbe capirsi su cosa si intende per fair play. «La decisione l’ho presa insieme con la squadra», insiste Pillon, che è ritornato sulla panchina ascolana a fine novembre. «Ed è stata una decisione difficile, perché in campo c’era tanta confusione e perché ho capito subito che ci avrebbero attaccati comunque. Se avessimo fatto finta di nulla, saremmo passati per disonesti. Abbiamo scelto di far segnare la Reggina, e siamo dei cretini. Ma la mia coscienza è sana, è il calcio che è malato, soffocato da troppe tensioni, da troppi interessi. Sono stato all’estero, in Inghilterra cose del genere non succedono, qui ad Ascoli la tensione si taglia con il coltello. Forse altrove sarebbe diverso, ma conosco la città, non mi stupisce. La squadra sta attraversando un momento difficile (non vince da 12 giornate, ndr), capisco la rabbia dei tifosi, ma questo è troppo. La mia coscienza è a posto, e sono anche pronto a pagare per le mie azioni, però lo ammetto: non so se domani rifarei la stessa scelta». La tragedia solitaria di un uomo integro.

Pure troppo, a giudicare dai commenti in Piazza del Popolo e dalle parole di Roberto Benigni, il presidente dell’Ascoli: «Sulla contestazione Pillon esagera. Saranno stato quattro gatti e ce l’avevano per la sconfitta, non per il fair play. La sua non è stata la scelta giusta, non la approvo. Il fair play deve valere per tutti, il primo ad essere aggredito è stato Sommese, che aveva tutto il diritto di continuare ad andare verso la porta e di servire Antenucci, chiariamolo. L’arbitro non aveva fischiato. Il calcio è agonismo all’interno delle regole, e le regole, quelle che sono state approvate, ci danno ragione. Il fair play è importante, ma di quello che succede nel tennis o nel rugby non m’interessa. E poi certe cose si possono fare sui campetti degli amatori, non in Serie B». Pillon ha già incassato il biasimo, forse rischia di più. Un esonero per troppa bontà d’animo? Sarebbe un inedito, nella storia tutt’altro che pura del nostro pallone: «Non lo so, vedremo. Di sicuro gli ripeterò che ha sbagliato».

Vincenzo Sommese è l’uomo che ha intercettato il tocco del reggino Valdez destinato all’out, la miccia dello scandalo. «Non ho visto nessuno a terra, ho continuato. E non mi sono accorto di nulla fino a quando sono stato aggredito dai giocatori dalla Reggina. L’arbitro, il guardalinee, il quarto uomo, se nessuno dei tre ha ritenuto di interrompere l’azione perché avremmo dovuto farlo noi? Non sono pentito dell’atteggiamento di fair play che ha avuto tutta la squadra, ma il gol era regolare, e ripensandoci a freddo... È vero, noi calciatori a volte simuliamo, ci buttiamo a terra per disturbare il gioco. Non è bello, ma alla fine contano le regole: se l’arbitro fischia un rigore che non c’è, io di certo non lo sbaglio apposta».

Che confini ha l’onestà sportiva? Gottfried von Cramm, il tennista tedesco degli anni Trenta che con il suo rispetto maniacale per gli avversari faceva infuriare i gerarchi nazisti, una volta rimproverò un Pillon con la racchetta che, per pareggiare generosamente una chiamata errata a suo favore aveva commesso volontariamente doppio fallo: «Hai messo in imbarazzo l’arbitro davanti a 15 mila persone. Non farlo mai più». Punti di vista. Il calcio ha tentato (malamente) di copiare il Terzo Tempo al rugby, ma anche ad Ovalia i tempi sono cambiati. Quando in un Inghilterra-All Blacks del 1925 l’arbitro gallese mostrò al neozelandese Cyril Brownlie il primo cartellino rosso della storia davanti al pubblico ammutolito, il Principe di Galles, il futuro Edoardo VIII scese negli spogliatoi chiedendo, vanamente, che il reprobo fosse riammesso in campo: giocare 15 contro 14 pareva poco elegante (ma l’Inghilterra perse lo stesso).

Quest’anno invece uno scandalo avvilente ha travolto la squadra inglese degli Harlequins. Due giocatori hanno finto un infortunio, con tanto di fialetta di sangue posticcio, per far rientrare al momento giusto l’esperto in calci piazzati del team. Una furbata all’italiana, una raffinatezza maligna a cui neppure i pallonari più cialtroni sono ancora approdati.

«A parte casi isolati, nel rugby il fair play fa comunque parte della tradizione, è tutt’uno con il gioco», butta lì Giancarlo Oresti, organizzatore proprio ad Ascoli una settimana fa del test-match fra Italia e Samoa. «Nel calcio purtroppo no, è un concetto che va e viene. Paradossalmente penso che Pillon abbia esagerato nel voler restituire il pareggio alla Reggina». Uno dei pochi a difendere senza se e senza ma Mister Correttezza è Carletto Mazzone, il patriarca degli allenatori italiani, che Ascoli la conosce benissimo: «Io ero in panchina durante quell’Ascoli-Bologna del 1975 in cui un raccattapalle (Domenico Citeroni, ndr) buttò fuori dalla rete un tiro di Savoldi. Allora io non mi accorsi di nulla, non capii quello che era successo, e per fortuna alla fine il Bologna vinse. Oggi dico che Pillon ha fatto benissimo, che la sua scelta fa onore alla città. Non deve avere rimpianti, se così fosse vorrebbe dire che nel calcio c’è il banditismo, non lo sport. Spero che la sua squadra sia ricompensata dalla buona fortuna, e mi raccomando, intendo solo da quella. Inchiesta federale? Ma che pensino alle cose serie. Piuttosto sono le grandi squadre come Juve, Inter e Milan che dovrebbero dare il buon esempio sul piano di fair play, ma da quello che ho visto sabato sera non mi pare che ci siamo…».

Nella trincea di provincia, attestato sulla scomodissima frontiera fra fair play e dabbenaggine, rimane il soldato Pillon, a combattere la sua guerra orwelliana senza morti ma piena d’astio. A difendere con molti dubbi, piccolo inconsapevole discendente di Antigone, la legge naturale contro il diritto dei codici, il fair play contro la classifica: «Telefonate di solidarietà ne ho ricevute, certo. Però chi deve confrontarsi con quello che è successo sono io. Davvero, non so se lo rifarei». Tempi duri, per i troppo buoni.
aston villa
00martedì 8 dicembre 2009 10:29
Contestato in città, lodato lontano da Ascoli, addirittura nominato per il Premio Fair Play della Fifa dall'estero. E a nominarlo non è un "elettore" qualsiasi, ma quello che è forse il più autorevole quotidiano del mondo: il New York Times. Che, nella sua edizione internazionale distribuita anche in Italia, l'Herald Tribune, fa un elogio quasi incredulo e commosso di Giuseppe Bepi Pillon, l'allenatore dell'Ascoli che sabato ha ordinato ai suoi giocatori di fermarsi in campo, per permettere alla Reggina di pareggiare il gol segnato poco prima approfittando platealmente dell'infortunio di un avversario. Quel gesto di onestà sportiva, com'è noto, non gli ha portato bene: la Reggina ha finito per vincere l'incontro, 3-1, e al termine della gara i tifosi dell'Ascoli hanno sonoramente contestato il coach e la squadra, non solo e non tanto per avere perso ma per avere regalato a quel modo il pareggio agli avversari. Epilogo che ha fatto commentare con amarezza a Pillon, intervistato stamane sulle pagine di Repubblica: "Non so se lo rifarei, perché l'Italia non è pronta per certi gesti, non conosciamo la lealtà sportiva e i valori morali".

Ma la vicenda potrebbe non essere ancora del tutto conclusa. Potrebbe ancora esserci, forse, un lieto fine, una ricompensa perlomeno morale. Pur senza nominare per nome l'allenatore, l'Herald Tribune si inchina davanti al gesto di Pillon. Scrive il suo columnist di calcio, Rob Hughes: "Il sorteggio dei Mondiali in Sud Africa è stato screditato dall'indifferenza per il plateale fallo di mano di Thierry Henry che ha qualificato la Francia, suggerendo che se un giocatore riesce a imbrogliare sul campo di gioco, non c'è niente che il potere calcistico possa fare. Ma i giocatori dell'Ascoli, una squadra che lotta in fondo alla seconda divisione italiana, hanno dimostrato che la lealtà esiste ancora". Dopo avere raccontato quanto è accaduto, il commentatore continua: "Quel gesto merita da solo il cosiddetto Trofeo Fair Play della Fifa alla fine della stagione. Può darsi che non glielo diano perché l'Ascoli è soltanto una squadra di serie B, lontana dai radar delle prime pagine occupate con Messi, Cristiano Ronaldo e, bè, sì, anche con lui, Thierry Henry. Ma per quel che vale, questo articolo di giornale elogia l'Ascoli e il suo fair play". Sarebbe bello se servisse a mettere in moto una campagna di stampa e di opinione, anche in Italia, in favore di Pillon e dei suoi giocatori.
beboroma
00martedì 8 dicembre 2009 12:29
non ero a conoscenza del fatto, merita un [SM=x1539166] un po' come fece Di Canio in una partita del campionato inglese che fermo' un'azione di gioco che palesemente finiva in gol, se non ricordo male anche lui venne premiato....

Comunque per chi ha giocato a calcio a un certo livello sa benissimo che pur di mandare dentro quel pallone si tenta di tutto, fa parte del gioco inutile nascondorsi dietro un dito...oggi si fa del moralismo accentuato da quella manica di stronzi giornalisti che con i loro replay, moviole e moviolone sono li a fare le pulci a qualsiasi azione gente che per la maggior parte non ha mai messo piede in un campo di calcio...

aston villa
00martedì 8 dicembre 2009 12:51
aston villa
00martedì 8 dicembre 2009 12:51
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