Dal latte al parapetto

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stuwhima
00domenica 11 aprile 2010 16:36
YOANI SANCHEZ

Con la fuga in massa degli investitori stranieri, gli scaffali dei negozi mostrano la consistenza effettiva delle nostre finanze. Mia madre mi chiama presto per avvertirmi che in un mercato lontano si può trovare la carta igienica; dice che devo fare in fretta perché si è già sparsa la voce e presto finirà. Esco guardando a destra e a sinistra come un ventilatore, per vedere di trovare qualche tipo di succo da mettere nella tazza di Teo per colazione. Ma la mancanza di rifornimenti è notevole e sono scomparsi dai negozi i contenitori in tetrapack marca Río Zaza, vecchia impresa mista oggi in primo piano per un episodio di corruzione. Il mercato nero è andato in tilt, perché non è un segreto per nessuno che si alimenta delle risorse sottratte alle fabbriche e dei furti durante il trasporto delle mercanzie verso i punti vendita.

Persino i più pazienti impresari stranieri, come lo spagnolo che amministrava l’azienda Vima, hanno fatto le valige e sono tornati a casa. Il consorzio tra la profumeria Suchel e il capitale iberico portato da Camacho si sta estinguendo e le mie amiche sfoggiano capelli bianchi vista l’assenza di tinture. I tempi in cui il paese prima comprava e dopo pagava sono finiti. Adesso abbiamo così tanti debiti che non è facile attirare investimenti e prendere fiato. Gli effetti della crisi si sentono con forza nella vita quotidiana, perché un pezzo di sapone costa il trenta per cento in più di appena un anno fa. Le donne di casa si grattano la testa davanti alla padella, mentre gridano che il salario scorre via come l’acqua dopo averlo riscosso a fine mese. Non è facile neppure per chi è aiutato da rimesse estere e per gli ingegnosi commercianti del mercato informale. Pochi ricordano quel discorso pronunciato tre anni fa a Camagüey da Raúl Castro che prospettava la possibilità di ottenere un bicchiere di latte per ogni cubano. Al contrario, le parole che ha detto la scorsa domenica hanno evocato trincee, parapetti e immagini apocalittiche di un’Isola sprofondata nel mare. Rincorrendo gli sfuggenti alimenti, abbiamo avuto poco tempo per riflettere sul discorso pronunciato nel Palazzo delle Convenzioni, ma le sue minacce catastrofiche pesano su di noi come macigni. Interpretate in senso letterale, fanno presagire che ci aspetta una fossa umida circondata da sacchi di rena e un fucile per sparare a un ipotetico nemico, mentre l’ultimo colpo dobbiamo usarlo contro di noi. Nel frattempo, il Generale se ne starà ben saldo al suo posto per verificare - a debita distanza - che porteremo a termine l’ordine di compiere il sacrificio finale.


nat11
00lunedì 12 aprile 2010 21:56
Re:
stuwhima, 11/04/2010 16.36:

YOANI SANCHEZ

Con la fuga in massa degli investitori stranieri, gli scaffali dei negozi mostrano la consistenza effettiva delle nostre finanze. Mia madre mi chiama presto per avvertirmi che in un mercato lontano si può trovare la carta igienica; dice che devo fare in fretta perché si è già sparsa la voce e presto finirà. Esco guardando a destra e a sinistra come un ventilatore, per vedere di trovare qualche tipo di succo da mettere nella tazza di Teo per colazione. Ma la mancanza di rifornimenti è notevole e sono scomparsi dai negozi i contenitori in tetrapack marca Río Zaza, vecchia impresa mista oggi in primo piano per un episodio di corruzione. Il mercato nero è andato in tilt, perché non è un segreto per nessuno che si alimenta delle risorse sottratte alle fabbriche e dei furti durante il trasporto delle mercanzie verso i punti vendita.

Persino i più pazienti impresari stranieri, come lo spagnolo che amministrava l’azienda Vima, hanno fatto le valige e sono tornati a casa. Il consorzio tra la profumeria Suchel e il capitale iberico portato da Camacho si sta estinguendo e le mie amiche sfoggiano capelli bianchi vista l’assenza di tinture. I tempi in cui il paese prima comprava e dopo pagava sono finiti. Adesso abbiamo così tanti debiti che non è facile attirare investimenti e prendere fiato. Gli effetti della crisi si sentono con forza nella vita quotidiana, perché un pezzo di sapone costa il trenta per cento in più di appena un anno fa. Le donne di casa si grattano la testa davanti alla padella, mentre gridano che il salario scorre via come l’acqua dopo averlo riscosso a fine mese. Non è facile neppure per chi è aiutato da rimesse estere e per gli ingegnosi commercianti del mercato informale. Pochi ricordano quel discorso pronunciato tre anni fa a Camagüey da Raúl Castro che prospettava la possibilità di ottenere un bicchiere di latte per ogni cubano. Al contrario, le parole che ha detto la scorsa domenica hanno evocato trincee, parapetti e immagini apocalittiche di un’Isola sprofondata nel mare. Rincorrendo gli sfuggenti alimenti, abbiamo avuto poco tempo per riflettere sul discorso pronunciato nel Palazzo delle Convenzioni, ma le sue minacce catastrofiche pesano su di noi come macigni. Interpretate in senso letterale, fanno presagire che ci aspetta una fossa umida circondata da sacchi di rena e un fucile per sparare a un ipotetico nemico, mentre l’ultimo colpo dobbiamo usarlo contro di noi. Nel frattempo, il Generale se ne starà ben saldo al suo posto per verificare - a debita distanza - che porteremo a termine l’ordine di compiere il sacrificio finale.






E' inutile dire che come ce la stiamo vedendo brutta noi con la recessione, sarà ancora peggio per loro.
Speriamo bene
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