"Io, ex feto malato, e l'aborto": una lettera a Ferrara

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barbi.
00sabato 23 febbraio 2008 10:57


Ho 40 anni e sono madre adottiva di un bellissimo bambino di 7 anni e mezzo con ritardo psicomotorio.
Quando 10 anni fa io e mio marito abbiamo fatto domanda di adozione, abbiamo dichiarato di non voler adottare un minore con handicap.
Il ritardo di nostro figlio è stato diagnosticato dopo circa un anno e mezzo che Daniele, questo è il suo nome, è arrivato a casa nostra perché il suo è uno di quegli handicap che non ha “segni di riconoscimento” come per esempio la sindrome di Down. Da subito ci siamo messi all’opera per trovare professionisti che aiutassero Daniele, noi genitori e tutta la famiglia (nonni, zii, cugini), impresa difficilissima che a volte molti genitori abbandonano a discapito del proprio figlio e di loro stessi e perché cadono nelle reti dei ciarlatani. Alcuni esperti hanno detto che il bambino è autistico, altri che mostra solo atteggiamenti autistici, altri ancora che i suoi problemi sono dovuti ai quasi due anni trascorsi in orfanotrofio, altri che l’abbandono da parte della sua mamma è avvenuto in una età fondamentale per una crescita equilibrata. Fatto sta che da 5 anni stiamo combattendo giorno per giorno e a volte ora per ora per inserire nostro figlio nella società.
E così ho cambiato il mio contratto di lavoro da full-time a part-time per seguire Daniele in tutti gli impegni giornalieri, con mio marito abbiamo dovuto lottare con gli psicologi perché a scuola sia seguito da un’insegnante di sostegno e da un’accudiente, lotta che si ripete per ogni anno scolastico, abbiamo lottato con la scuola privata che voleva farci pagare l’insegnante di sostegno (cosa illegale, inoltre molte scuole dell’obbligo private tengono in sospeso le pre-iscrizione dell’alunno con handicap e si riservano di accoglierlo solo se rimane posto), abbiamo lottato col Ministero dell’Istruzione che ha ridotto i costi della scuola del 50%, di fatto dimezzando il numero degli insegnanti di sostegno, abbiamo lottato con la direzione scolastica e le insegnanti della scuola dell’obbligo perché dopo quasi due mesi dall’inizio dell’anno scolastico nessuna di loro (5 insegnanti, più 1 insegnante di sostegno, più 1 accudiente=7) aveva ancora letto la relazione dello psicologo che spiega chiaramente l’handicap di nostro figlio. Lottiamo tutte le volte che andiamo al parco quando altri bambini invitano Daniele a giocare, ma non ricevendo risposta pensano che lo faccia apposta, quindi cominciano a fargli dispetti sotto gli occhi indifferenti dei loro genitori che si permettono di classificare maleducato il comportamento di nostro figlio. Lottiamo quando vorremmo far svolgere un’attività sportiva al bambino, ma non è facile far coincidere gli orari, le palestre preparate ad accogliere questi bambini, l’attività, il gruppo in cui Daniele può essere inserito. Abbiamo smesso di lottare per dare un fratello a Daniele, perché non sarebbe giusto trasferire questa eredità al secondo figlio e soprattutto perché non riusciremmo a dedicargli la giusta attenzione.
E quello di nostro figlio non è un handicap grave.
Resta il fatto che io e mio marito siamo felici, siamo genitori di un meraviglioso bambino che amiamo oltre la nostra vita. Vorrei però che Giuliano Ferrara, che si professa “essere umano razionale” e tutti quelli che la pensano come lui sulla L. 194/78, provino solo a immaginare una giornata di un bambino con handicap, delle lotte, delle frustrazioni, dell’ignoranza che ogni momento si scontrano con lui. Nella nostra società le barriere verso l’handicap non sono solo architettoniche ma soprattutto e purtroppo sono barriere di civiltà.
Quando una donna o una coppia decide di abortire lo fa dopo una profonda autoanalisi, delusione verso se stessa, paure e non perché non vuole ma perché non può. Non può, perché non si sente capace di crescere un figlio con handicap o perché non ha i mezzi economici o perché la sopravvivenza della madre e del bambino sono a rischio. Come la donna che decide di dare in adozione il proprio figlio perché non può prendersene cura e certo non perché non vuole. La possibilità di abortire tutela anche quelle donne che ancora non hanno l’età per essere madri o che restano incinte dopo uno stupro.
Fa arrabbiare vedere l’uso che Giuliano Ferrara fa dei media solo perché ha un suo giornale e un programma tv. Perché con le sue disponibilità economiche, le sue conoscenze non ha mai pensato di adottare un minore con handicap? Perché il suo giornale non dedica almeno una colonna a chi non ha voce? Perché si permette di giudicare la donna, essere umano razionale e non incubatrice, che a Napoli nel pieno rispetto della Legge, ha deciso di rinunciare al suo bambino perché handicappato?
Ferrara ci faccia il piacere, taccia e se vuole darsi alla politica si interessi ad argomenti più urgenti e non oltraggi la dignità delle persone!

Ultima modifica di claudia_67 (Ieri 14:16)
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