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Due amici felici

Ultimo Aggiornamento: 01/07/2011 12:14
01/07/2011 12:14
 
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Chi ha visto le immagini trasmesse sull’incontro di ieri tra Fidel e Chávez, ha anche ascoltato una conversazione amena, propria di due amici sinceri, scherzosa, una riflessione profonda, con aneddoti e ricordi condivisi, che ci hanno lasciato nuovamente il sapore della storia.

Lì, vestiti sportivamente, gioviali, commentando l’ampio ventaglio di notizie di Granma e Juventud Rebelde di martedì 28, giorno dell’incontro.

"Più di mille giovani di Guanatánamo inizieranno a studiare come operai della costruzione”.

“Quanti?”, ha chiesto Chávez ammirato.

“Più di mille”, ha confermato Fidel, che ha letto ancora: “Respinta la querela contro i torturatori di Abu Ghraib”.

“Guarda! È quello che ha promesso quel cavaliere là!”

“Ah! Il Premio Nobel”, ha puntualizzato il leader bolivariano, riferendosi a Barack Obama. “Il Nobel della guerra!”

Ridono, accompagnati da Rosita, Rosinés e Gabriela che ascoltano attente.

Chávez ricorda l’indimenticabile viaggio fatto con Fidel a Canaima, nel 2001, in coincidenza con i 75 anni del Comandante in Capo.

"Io guidavo una jeep militare, Fidel al mio fianco e la sicurezza dietro. Tu lo sai, è un villaggio indigeno, bosco e selva, con le cascate, il lago e il cammino di terra”, ricorda.

Condividono la complicità dell’intrepida avventura, quando il venezuelano disse al cubano: "Fidel, tu ed io non abbiamo mai camminato per la selva veramente. Dai, camminiamo”, e camminarono sfidando gli avvisi della sicurezza personale, in un sentiero di selva, con bejucos, alberi altissimi e Fidel davanti, avanguardia, saltando la pietra verde e scivolosa e dimostrando che ‘non si scivola’, dove poi passarono tutti gli altri.

E poi la cascata grande di El Sapo. Era pieno inverno, il 15 agosto", e Fidel, sempre con la sua incorreggibile ansia di sapere : “Che velocità avrà l’acqua cadendo da lì”?

Chávez ricorda, orgoglioso, la geografia della sua Patria, e che Fidel affermò allora: “Questo è il posto più bello del mondo”!

Lo stato d’animo molto buono e evidente. Chiedono a una delle bambine di leggere ad alta voce dal Granma una nota sulla chiusura dell’incontro di solidarietà con Cuba, in Brasile.

Rosinés legge visibilmente nervosa, sino a quando viene interrotta dal dinamico scambio con suo padre, che ascoltando delle lotte contro la dittatura brasiliana, ricorda ‘come un fulmine’ : “40 anni fa io stavo per diventare cadetto”.

“A quanti anni hai cominciato?”, gli chiede Fidel.

“Ne ho 56 e ne avevo 16. Terminavo il quinto anno e stavo preparandomi per andare alla scuola militare”.

Poi racconta che in quel momento non gli piaceva la scuola militare: “Io volevo fare il giocatore di baseball nella Grande Lega”.

Entrò con quell’aspirazione, ma poi gli piacque la scuola: “E allora sono giunto al mio: un soldato”.

Lì conobbe buoni maestri che lo illuminarono: “E mi scontrai con Bolívar”, e li cominciò a formarsi il leader politico.

Il panorama nazionale del Venezuela e l’internazionale marcarono il giovane cadetto: "Qui la Rivoluzione cubana, Fidel, Raúl e tutti; il Che era morto da poco, lo avevano assassinato e poi le dittature in sudamerica".

"Eravamo tre o quattro che c’identificavamo già con Bolívar".

Chávez ricorda un fatto che segnò quasi un avvenimento, quando : "Un gruppetto di cadetti, violando il regolamento, perchè alle 21.00 si doveva dormire, ascoltammo da Radio Habana Cuba un discorso di Fidel, quel discorso che terminò dicendo ‘Se ogni lavoratore, parlando del colpo militare in Cile e della morte di Allende, ‘se ogni operaio avesse avuto un fucile tra le mani, il colpo fascista non ci sarebbe stato”.

“E sentire quello ci stimolò molto. Udire Fidel”, ha detto il presidente del Venezuela con voce ferma e profonda.

Il dialogo è continuato poi con aneddoti che concentrano la realtà, su quando Chavez ‘s’inaugurò’ come paracadutista, senza nascondere che sentiva una gran paura, doppia perchè era la prima volta che saltava e anche la prima che prendeva un aereo.

Ma saltò per il Venezuela.

“Divenni comandante di un battaglione di paracadutisti, anche se non avevo una carriera come tale, ma accettai senza dubitare un attimo, perchè si deve sempre mettere al disopra la Rivoluzione, come dici tu Fidel!”

E Hugo racconta che dopo otto o dieci giorni: “Io stavo sulla porta dell’aereo, perchè il comandante doveva essere il primo”.

Ai cadetti davano lezioni in un’aula, nel cortile si giocava a baseball e io correvo e cantavo con loro e spiegavo la storia di Bolívar”.

Fidel e Hugo hanno conversato e scambiato ricordi su quando Fidel andò alla nomina di Chávez il 2 febbraio del 1989 e c’era anche Daniel, della Rivoluzione Sandinista e del sabotaggio economico, la guerra armata imposta dall’impero, senza la quale il sandinismo sarebbe continuato con successo.

Le immagini sono terminate così ma evidentemente il dialogo con dimensioni di storia continua tra Fidel e Chávez ...

(Traduzione Granma Int.)

Gli uomini buoni vanno in Paradiso, quelli cattivi a Patong
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