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Un ricordo di Giordano

Ultimo Aggiornamento: 21/03/2010 19:28
19/03/2010 14:22
 
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IL CANE DELLA NOVIA
Giordaloco 23/11/2005

Pianto dirotto, lacrime come una cataratta : la novia voleva far sapere al mondo che il suo cagnolino aveva lasciato questa terra.

Un cruza di una decina d’anni , il suo lignaggio spaziava dai cani dei conquistadores a quelli degli indios con intercalare di bassotti, volpini e non so chè; dopo essere sopravissuto a tutte le incognite , le insidie e alle varie patologie cubane aveva deciso di andarsene nel paradiso dei cani.

E ora chi doveva sorbirsi lacrime e dolore della chica ero io; il problema era grave, e prima che l’isola rischiasse di essere sommersa dalle lacrime, dovevo provvedere.

C’era un mio conoscente a cui avevo tolto il saluto perché allevava e addestrava cani per la lucha, la cui cagna aveva partorito da poco; il pensiero di togliere almeno un cucciolo dal destino che l’aspettava mi tentava ma non sapevo come fare : i contatti si erano interrotti e non in maniera amichevole.

Sarò uno yuma, ma gli inventi e le trampe locali mi avevano insegnato molto : prima cosa il prezzo, se traspariva che era per uno straniero e in particolar modo per me, sarebbe stato per lo meno simile ad una rapina, semprechè me lo avesse ceduto.

Ero rimasto in amicizia con la sorella del seviziaperros e quella forse era la strada da seguire; detto e fatto : mi presento con una confezione di profumo e , usando tutte le mie perfide arti, le spiego la situazione, abbondo con previsioni tragiche su come la novia pensasse al suicidio, alla triste fine dell’innocente creatura tra le fauci di feroci belve e nelle mani di perfidi hombres; insomma tutto il repertorio strappalacrime a uso e consumo di una ragazza dal cuore tenero.

Missione riuscita!!!!!! Mi promette che convincerà il fratello a regalarle o venderle il cane che poi mi passerà; il primo passo dell’opera consolatoria era stato fatto.

Un paio di giorni dopo arriva con in braccio una cosa rossiccia tutta lingua e pancia; i cani del fratello assomigliano a dei pitbull versione locale ma questo groviglio di zampe sembra di più un porquito che un perro; non importa , come la novia lo vede se ne innamora, nemmeno fosse un fusto ventenne da palestra, non lo molla più; sospiro di sollievo (da parte mia) , una decina di dollari, un bacio di ringraziamento alla portatrice di pace e la tranquillità è raggiunta.

Avessi saputo quello che sarebbe seguito lo avrei annegato nella prima pozza con coccodrilli raggiungibile.

Il piccolo era sporco, vomitava sia davanti che dietro, urgeva l’intervento del veterinario; di quello di Moron non mi potevo fidare : aveva già venduto acqua per vaccino e altre amenità del genere L’unico di fiducia era quello del paese della novia per cui in macchina e via per 70 chilometri.

Visita professionale e diagnosi : quella cosetta di due o tre mesi aveva di tutto o quasi; era necessario almeno una settimana sotto le sue cure e non era detto che se la cavasse ; si prendono accordi, si va a fare la spesa perché il vitto non è compreso : riso, carne , pesce, olio; quando il veterinario vede tutto questo allibisce; loro ai cani danno gli avanzi (pochi), patate dolci e teste di pesce; ho il dubbio che tutto possa finire sulla tavola del segaossa ma la novia mi rassicura : é serio.

Regolo il conto, consolo la compagna e si torna a casa.

Due giorni di attesa mi portano sull’orlo di un collasso, la novia mi asfissia, mi toglie il fiato, deve sapere; finalmente, nonostante le difficoltà di comunicazione a Cuba arrivano le notizie : si sta riprendendo e sembra fuori pericolo.

Mancano tre giorni al momento del ritiro e arriva la telefono/mazzata : "venite subito che non posso più tenerlo", si salta in macchina e via.

Il piccolo angelo si era ben ripreso e per festeggiare aveva spiumato un paio di galline e preso per il collo un agnello anche lui in cura; il veterinario si rifiutava di tenere oltre quella piccola belva, avrebbe messo in pericolo tutti i suoi pazienti.

Constatando che era sulla via della guarigione decidiamo di portarlo a casa, non mi soffermo a pensare cosa avrebbe potuto fare una volta in perfetta forma ma un certo dubbio mi veleggia nella mente; pazienza staremo a vedere.

Manca un mese al mio rientro in Italia e dedico questo tempo all’impossibile compito di educare l’affettuoso delinquente : è stato sistemato due case più in là da un parente/amico della novia perchè la padrona di casa non lo vuole; un bel giardino, palme e un paio di maiali.

Los puercos sono il doppio di lui ma questo non lo intimorisce per nulla : è sempre in caccia e non li lascia riposare, con quei dentini aguzzi ha già fatto danni; dopo una settimana di urla, scrollamenti, giornale arrotolato sembra aver capito che i maiali non erano cibo a lui destinato; meno male perchè l’amico di famiglia si stava stancando e non gradiva veder dimagrire il suo futuro pasto per troppo moto.

La vita torna vivibile, la novia tranquilla, la bestia molto affettuosa con tutti gli esseri umani dedica il suo tempo alla ricerca e al tentativo di uccisione di tutto quello che si muove e che possa anche lontanamente appartenere al regno animale; prevedo guai futuri.

Due giorni prima della mia partenza il dramma. Arriva trafelata la moglie dell’amico e reclama la nostra presenza : uno spettacolo da corrida , il porco che corre con attaccato a una chiappa l’angioletto fulvo , il sangue che esce, la vittima che lancia strilli da mattatoio, la moglie e la figlia del vicino che urlano; una bolgia infernale.

Dobbiamo metterci in caccia, si rischia di farsi male: il porco impazzito è sugli ottanta chili e se mi travolge sono guai; le urla al cane non sortiscono effetto, secchiate d’acqua neppure ; nel frattempo arriva gente; estrema ratio: si va all’assalto.

Fra ruzzoloni e fango si immobilizza il puerco poi io e un baldo giovane cerchiamo di togliere le mascelle del cane dal cosciotto della vittima, sembrano saldate, ringhia come un leone , fa quasi impressione; non so che fare se non prendere a bastonate la belva, ma non voglio arrivare a tanto ; lampo di genio : mi faccio passare la pompa dell’acqua usata per i secchi e gliela ficco in bocca : miracolo mezzo affogato molla la presa ; problema risolto ma il cane non può più stare lì.

Nessuno lo vuole più o per meglio dire nessuno lo vuole più tenere a balia ma molti si offrono di comprarlo : una bestia così sarà meravigliosa per la lotta; uso molto tatto per non inimicarmi mezzo paese, ma rifiuto le offerte, anche se la voglia che sento è quella di lanciargli contro il cane tanto per fargli provare cosa si sente ad essere morsi.

Il risultato è una separazione anticipata dalla novia che devo accompagnare a casa sua dove la belva potrà continuare la sua opera di cerca e distruggi nel giardino di casa senza creare scompiglio fra parenti e amici.

Sono in Italia da un paio di mesi e le notizie che arrivano sono buone: il cane senza più niente da distruggere è un giocherellone da salotto, è sufficiente non fargli passare sotto il naso niente di vivo.

Arrivano brutte notizie : il cucciolone ??? ha problemi gravi, il veterinario non riesce a risolvere, mancano le medicine adatte ( come se fosse una novità , mancano anche per i cristiani), avuto il tipo di farmaco mi attivo per l’invio con corriere aereo , arriva dopo sei giorni a cane ormai trapassato.

Mi spiace per il piccolo ma forse il destino ci si è messo di mezzo allo scopo di evitare futuri problemi con un cane ingestibile, non voglio pensare cosa sarebbe potuto succedere se avesse deciso di rivolgere le sue attenzioni agli uomini.

19/03/2010 14:24
 
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La prima volta

Giordaloco - 23/11/2005

Non è facile dimenticare la prima volta a Cuba; erano circa i primi degli anni 70 e l’Isla aveva da poco tempo riaperto i contatti turistici col mondo, le cose non erano come adesso : il dollaro non circolava e se qualche cubano ne fosse stato trovato in possesso avrebbe passato i guai suoi, ancora oggi c’è al gabbio qualche cubano arrestato mentre trafficava in dollari.

L’ingerenza del potere poi era totale e coinvolgeva anche i turisti : come arrivavi, sempre e comunque in gruppo come le pecore, ti veniva assegnato un consigliere o controllore politico che passava con noi tutto il periodo di permanenza cercando di limitare al minimo i contatti con i lavoratori cubani controllando quello che dicevi e quello che pensavi.

Le ragazze poi meglio scordarsele, per il turista non esistevano, e se qualche galletto insisteva sulla cosa e insidiava una lavoratrice dell’hotel, fuori non era possibile per via del controllore, la poveretta rischiava l’allontanamento immediato.

Ma è meglio andare con ordine : il viaggio, per me e mia moglie, era stato organizzato a scopo subacqueo: due settimane all’Hotel Colony sull’Isola della Gioventù, chiamata così perchè raccoglieva un gran numero di scuole , la maggior parte ad indirizzo agrario.

L’arrivo all’Avana mi aveva stordito, il profumo, i suoni , la lingua, il caldo , la gente, anche se ancora non me ne ero accorto mi erano già penetrati nella pelle e nel cuore, segnando per sempre il mio futuro.

La tratta Avana/Isola fu effettuata con un vecchio e scassatissimo Douglas dell’ultima guerra; gli sguardi preoccupati dei turisti avevano mosso a compassione la hostess: un donnone con pantaloni elasticizzati e maglietta a righe bianche e rosse che, prima della partenza ci ha rassicurato dicendo che il motore era nuovo, appena recuperato da un magazzino delle Filippine.

L’aria a bordo era mossa da piccoli ventilatori posti sopra i sedili; subito dopo il decollo da vari punti della carlinga incominciò ad uscire un vapore bianco terrorizzando i passeggeri; ci volle del bello e del buono perché la hostess, distribuendo caramelle, riuscisse a convincere la gente che tutto era normale e che era solo condensa dovuta alla differenza di temperatura.

Il panorama dall’aereo era magnifico, volando basso si riuscivano a vedere i fondali, le isole, le lagune, il tutto pervaso da una luminosità insolita e da colori a cui noi non eravamo abituati; ero già stato alle Maldive, nel Mar Rosso, in Africa, ma qui i colori e le impressioni erano diverse.

Il tragitto aeroporto hotel non fece altro che confermare la prima impressione: le palme, il mare, l’aria, tutto era nuovo e affascinante; l’unica cosa che stonava erano i bunker con mitragliere e cannoni antiarei rivolti verso il mare e coperti con teli mimetici; non so se per pudore verso i turisti, per segretezza o semplicemente per proteggerli dalla salsedine.

All’hotel primo scontro con la mentalità statal/social/politica dell’epoca : i tanto servizievoli omini, che da noi assolvono il compito di trasporto valige qui non ci sono, non è contemplato che i compagni facciano questo tipo di servizio schiavista, ognuno deve provvedere per se; bene, si risparmiano mance; tanto sono vietate perchè è un’altra forma di avvilimento capitalista.

La mattina dopo il secondo scontro culturale/amministrativo : alla colazione ci troviamo serviti dei salsicciotti unti, del pane tostato, del caffè e delle bibite (hotel 1° categoria); alle immancabili proteste : e il latte, la marmellata, la frutta? la candida risposta è : il rifornimento statale è in ritardo per cui oggi è così, scusate tanto.

Alla domanda : ma non c’è una città vicino ? non si può mandare a comprare latte e marmellata ? la risposta è uno sguardo allibito, meravigliato e offeso seguito da un secco : non è possibile, è un compito della gestione statale, non appena possono lo faranno.

Così per tutta la vacanza ci sarà un’alternanza di privazioni: una volta il pane "finita la farina", una volta il caffè, un’altra la frutta e così via.

L’hotel , secondo le assicurazioni era stato appena restaurato : la moquette faceva onde ed era un puzzle di macchie sospette, il soffitto si sfogliava, il bagno perdeva acqua, la porta finestra non chiudeva e mancavano le tende notturne; l’aria condizionata funzionava a singhiozzo. L’unica cosa perfettamente funzionante era la disco, frequentata da cubani e dai pochi turisti; per una birra io pagavo un dollaro e il cubano un peso, altri tempi.

Quando c’era la materia prima, la cucina era buona, niente di elaborato o molto variato però aragoste, tortuga e pesce non mancavano mai quello che ogni tanto faltava era il pollo e il maiale.

Finalmente Il primo giorno in barca , una cosa in ferrocemento da 20 metri risalente agli anni 40 (infatti tale tecnica di costruzione fu abbandonata nel 50) con un motore diesel che la scuoteva come un frullatore ; tubi e spuntoni si ergevano ovunque al solo scopo di riempirti di lividi a fine giornata.

Le attrezzature sub di buona qualità portavano i segni di una assoluta mancanza di manutenzione; gli strumenti in dotazione ai quatto accompagnatori/istruttori sarebbero bastati solo per due, nel senso che molti si erano rotti e mai sostituiti alla faccia della sicurezza del turista; proprio il giorno seguente sarebbe scoppiato il tubo manometro di un istruttore lasciandolo per sempre nell’impossibilità di sapere quanta aria avesse a disposizione durante l’immersione. Mosso a compassione , quando sono partito gli ho lasciato il mio unitamente al profondimetro e bussola.

Il personale di bordo, dal capitano all’ultimo mozzo, erano gentilissimi e sempre disponibili come sono e saranno sempre i cubani; interessati a quanto succedeva fuori isola erano affamanti di notizie e sempre pronti alla chiacchiera, se non fosse stato per la presenza del controllore che col solo sguardo li rendeva muti; dopo ogni immersione trovavamo pronta frutta sbucciata e caffè; quello che ci mandava dietro l’hotel, lo stesso che si consumava a terra, era terribile, sempre e soltanto liofilizzato; forse pensavano che i turisti non gradissero quello sano e naturale.

Per fortuna che il capitano, dopo accesa discussione col politico, è riuscito ad avere l’autorizzazione di prepararci il suo e proprio grazie al capitano ho potuto assaggiare per la prima volta boniato frito.

Le immersioni, d’altro canto, erano spettacolari; in special modo quella su un relitto dove ci aspettava la LOLA, un barracuda di quasi due metri, conosciuto in tutto il mondo subacqueo come attrattiva internazionale; come arrivava il barco usciva dal relitto e si metteva in attesa a mezz’acqua; a noi sub, ci veniva dato un sacco pieno di pesce da dare al mostro. Alzare il pesce e aspettare che quel tritacarne te lo levasse da mano era terrorizzante, quasi nessuno, tranne gli istruttori, lo faceva, la maggioranza, quando la picua era a un paio di metri mollava il pesce e tentava la fuga; vedere quella bocca enorme e piena di denti che ingurgitava il pesce faceva impressione; quando ce ne andavamo la picua aveva una barriga come se avesse ingurgitato un’anguria.

L’unico neo era la "presenza" , condizionava tutto, i rapporti, le risate, la spontaneità; gli accidenti e gli auguri che fluivano copiosi sia da noi che dai locali però giunsero a buon fine; dopo poco meno di una settimana il malcapitato fu colto da una colica renale e ricoverato in ospedale.

Non potè immaginare la gioia : prima, per portare a bordo qualche bottiglia di rum e qualche pacchetto di sigarette per l’equipaggio dovevamo farlo di nascosto; il capitano sapeva che quando, indicando la tanica dove lavavamo le mute, si diceva "agua sucia" poteva star sicuro che lì dentro avrebbe trovato il rum.

Le uscite senza il controllo furono spettacolari; il cibo portato a bordo dall’hotel era sempre il medesimo e faceva schifo: uno spezzatino che noi avevamo soprannominato Kit&Kat cibo per gatti; come sparì il politico saltarono fuori fucili, arpioni e rampini per aragoste più pentole e pentoloni; ogni giorno salivano a bordo pesce pregiato e non meno di 30-40 aragoste: mai mangiato meglio! E pensando al pobrecito nel suo letto di penitenza, tutto aveva un sapore migliore.

La cosa non durò per molto, solo quattro o cinque giorni, prima che arrivasse il sostituto ma diede un sapore e un tocco tutto particolare alla vacanza : mi fece innamorare in modo irreversibile dei cubani.

La gita a Nuova Gerona fu un fallimento: intruppati come scolaretti, ripresi ogni qual volta ci si fermava o per vedere qualcosa o per parlare con qualcuno stavamo per esplodere e già qualche battibecco al limite della rissa si era avuto; l’hijo de puta, con una calma imperturbabile incassava insulti e vav..... e scriveva su un libricino; cosa, perché o per chi non l’ho mai saputo.

La prima impressione del paese fu di squallore, sporcizia e mancanza di manutenzione; i negozi vuoti, qualche articolo qua e là sugli scaffali, qualche barattolo di marmellata bulgara, due o tre pentole, qualche stringa, qualche scarpa e pochi vestiti, all’epoca andavano di moda i jeans elasticizzati che facevano un fondoschiena da balena a buona parte delle cubane allevate a patate e boniato; souvenir nada ,sarebbe andata bene anche una tazza col piattino ma non c’era verso di trovarle appaiate.

Era il periodo in cui i cubani incominciavano a parlare che forse si sarebbe potuto comprare la casa dove vivevano o costruirsela: lo stato avrebbe fornito il prestito che poi sarebbe stato rimborsato negli anni, cosa assolutamente nuova per loro. Si parlava sempre di questo, loro non si fidavano molto, i dubbi erano tanti : e se poi cambiano idea ? Mio padre aveva una finca e la quitaron. Adesso la manutenzione la fanno loro poi devo pensarci io: pintura, tuberia y otro, dove trovo i soldi ? E se il prestito non mi basta ? insomma erano in una confusione totale.

La vacanza stava giungendo al termine e si poneva il problema di come ringraziare i gentilissimi marinai, rompipalle escluso : dollari non se ne potevano dare e non li volevano; l’unica cosa erano oggetti tangibili ; svuotammo la tienda : rum, sigarette , cappelli, saponi, profumi, orologi; svuotammo le valige : pantaloni ,magliette, vestiti per le mogli e figlie, attrezzature da sub, tutto quello di cui si poteva fare a meno prese il volo.

Di ritorno ci toccarono tre giorni all’Avana e lì le cose erano diverse : l’organizzazione turistica era impeccabile, per Cuba chiaro, si poteva girare soli, tutti erano gentili , in hotel si mangiava magnificamente e non mancava nulla, solo i negozi locali erano semivuoti, quasi come quelli di Nuova Gerona.

Per descrivere i giorni dell’Avana ci vorrebbero altre 10 pagine per cui lo rimando alla prossima; sono tornato molte altre volte : Avana, Cayo Largo, Santiago ecc. ma niente mi ha più colpito come la prima volta.



19/03/2010 14:25
 
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AVVENTURA AL LIMITE

Giordaloco - 23/11/2005

Ore 3 e 30, rimbombi cupi nel buio, il mio amico cubano cerca di svegliarmi sfondandomi la porta della stanza.

Hasta pronto! Caffè in piedi e si parte per la pesca che mi hanno assicurato favolosa visto che è in un posto che non ci va quasi nessuno (dopo mi sarà chiaro).

Ore 4 e incontriamo gli altri amici che ci aspettano in mezzo al nulla, sono venuti con un carrettone trainato da un cavallo e hanno dovuto alzarsi alle due per essere in orario.

Sono tutti vestiti pesantemente e con scarponi o scarpe da lavoro,ci sono 25 gradi e io, con pantaloni di cotone , camicia leggerissima più che altro contro zanzare e sandali di gomma incomincio a preoccuparmi ma vengo rassicurato, il no problem in tutti i miei viaggi è sempre stato l'avviso di catastrofi ma ormai.....

Parcheggiamo la macchina e il carrettone nel cortiletto di una scuola in mezzo ai campi (immancabile la statua a mezzo busto di Josè Martì) e incomincia la scarpinata.

Fango rossiccio finissimo e drucciolevole con pozze di anche mezzo metro sul sentiero dal quale non si può uscire perchè intorno vi sono piante con spine di 5 centimetri, aggiungiamo zanzare "corazi", sono corazzate davvero!! e dopo venti minuti sono in un bagno di sudore, fango graffi e bubboni.

"No Hay problema, ancora 30 minuti e ci siamo" Bene! il tempo per i cubani è una cosa molto aleatoria :30 minuti possono essere 10 minuti o tre ore; questa volta mi è andata bene,dopo 45 minuti la prima parte del calvario è finita.

Nel senso che è finito il sentiero e incomincia qualcosa che a definirla palude è un complimento: acqua sino ai fianchi, piante altissime da cui pendono festoni di cose irriconoscibili, fondo fangoso pieno di rami morti, radici ecc.

Sembra l'incrocio fra un film del terrore e uno di guerra in vietnam, costeggiamo un filo spinato rugginoso che a quanto dicono ci protegge dai bufali selvatici che vengono allevati in quel posto e sono alquanto pericolosi.

Sono anche preoccupato dai caimani ma ridono, assicurandomi che purtroppo scappano sempre perchè in un incontro con un cubano è il caimano a finire in padella, vedendoli con i machete non faccio fatica a crederlo. Dopo una ventina di minuti arriviamo a una striscia di terra relativamente asciutta e sopraelevata , non più di un paio di metri di larghezza e piena di alberi spinosi che delimita un corso d'acqua : il tanto agognato luogo di pesca.

10 secondi, lenze a mano e loro sono in pesca, usare una canna anche di due metri in quell'intrico è una lotta ma bene o male ci riesco, innesco una rana e dopo pochi secondi che ha toccato l'acqua già parte, ferro e già mi sento padrone di una "trucia" di qualche kilo, stano, non salta, non zizga, da solo qualche testata e tira come un mulo; alle mie spalle arriva un grido "gato" , mi svuoto completamente , non è un boccalone mega ma un pesce gatto africano che unitamente a migliaia di suoi fratelli era evaso da un allevamento l'anno prima durante una alluvione .

(questo tipo di pesce gatto africano , non mi ricordo il nome scientifico,è un animale che arriva a 35 Kg., molto buono da mangiare per noi intendo, i cubani non ne vogliono sapere e lo pescano per darlo ai maiali visto che quasi tutti hanno un porchito in casa.é un pesce molto vorace e in loco non ha nemici, in tre anni di latitanza ha spazzolato quasi tutto in una zona di 200/300 Km. Boccaloni, tilapie, lumache,rane e anche tartarughe, ne ho trovata una personalmente nella pancia di un gatto.)

Ma ora torniamo alla pesca, non mi avevano avvertito che andavano a rifornire la dispensa dei loro maiali,visto che conoscevano i miei gusti ho dato per scontato che mi portassero a boccaloni dato che anche a loro piacciono molto.

Dopo un'ora di mattanza, uno dietro l'altro, mi ero stancato e mi sono allontanato lungo l'argine lottando con piante e fango e, miracolo divino, uno slargo meraviglioso ; monto un vermone e al secondo lancio vola in aria una bestia con una bocca che sembra possa ingoiare la mia testa; adrenalina e lotta finalmente la mia cena è al sicuro: un boccalone di 4-5 chili cose che a Cuba non se ne vedevano da anni.

Ringalluzzito ci riprovo, ma purtroppo il fatto non si ripete, mi sposto ma senza esito, decido di provare con dei popper e gli attacchi ricominciano: in un paio di ore allamo altre 6 "truce" tutte fra il chilo e i due chili, ne trattengo una per la famiglia che mi ospita e mi dichiaro sazio.

Ritorni dai miei compagni di pesca che hanno finito la loro mattanza pro maiali non avendo altri sacchi da riempire (oltre 300 Kg: in 5)e incominciamo il ritorno.

Cose da incubo: il caldo ormai viaggiava sui 30/35 gradi, l'umido impediva di respirare ma per fortuna le zanzare erano andate a fare la siesta.

Ne valeva la pena? Sicuramente si.

Lo rifarei? sicuramente no!!!!

By Giordaloco



19/03/2010 14:27
 
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EL DIA DELLA PICUA

Giordaloco dal forum il 15.07.2005

Era l'ultimo giorno di pesca che mi sarei potuto permettere; il caro Dennis avrebbe fatto il suo ingresso a Cuba Venerdì notte e a me restava solo giovedì per l'ultima pescata; non che i segnali fossero buoni, già il giorno prima i pesci si comportavano in modo strano: mangiavano poco e s'imboscavano in prossimità delle isolette coperte di mangrovie e a stanarli c'era da perderci letteralmente il sangue visto i nugoli di zanzare fameliche che stazionavano nei pressi.

Altro incaglio il "Jefe" della pesca, unico autorizzato a ricevere i dindi e la prenotazione a Moron non si era fatto vedere durante la serata in quanto era in riunione tecnico gastronomica a Ciego de Avila e sarebbe stato reperibile direttamente sul luogo di pesca l'indomani "tempranito tempranito"; cosa preoccupante in quanto il PRESTO per un dirigente cubano ha connotati alquanto dubbi.

Ultima chicca il servizio meteo prevede temporali sparsi per la "tarde, ma sono o non sono un eroe. E, complice l'ansia di prossimo ritorno in Italia (quando pescherò la prossima volta ?) decido di tentare.

Mattina ore cinque la guida mi comunica il primo problema: nessuno (leggi Jefe) ha avvertito il "lancero" perciò tocca a noi andarlo a recuperare e portarlo sul posto; lo buttiamo dal letto, mentre mentalmente maledico l'organizzazione cubana pensando al tempo perso lì e quello che perderò, mentre prepara la barca.

Le ore migliori per la pesca stanno passando, mentre divoro i 70 chilometri che mi separano dall'imbarco a velocità folle schiacciando granchi ed evitando buche che se colte, potrebbero causare il divorzio definitivo tra macchina e ruote; per fortuna le conosco bene e le principali le evito.

Ore sei e mezzo, scarico il lancero davanti al pontile, mentre un nugolo di moschitos affamati entra in macchina, proseguo verso il centro di pesca sopportando stoicamente le azzannate zanzaresce, prima di scendere mi cospargo totalmente di autan e finalmente vado alla ricerca del Jefe.

Come mi aspettavo il suo tempranito non coincideva col mio; mentre prendo un caffè con sottofondo di ronzii vari mi diletto a pensare a 2300 modi vari per seviziare il responsabile dei ritardi che farà la sua comparsa solo dopo un'ora.

Imponendomi di restare calmo intavolo la discussione in modo da poterne almeno ricavare un tornaconto economico visto che le ore migliori se ne sono andate; devono aver fatto fare un corso speciale ai dirigenti cubani che gli addestra a sorridere anche quando il cliente li subissa di improperi e tira in ballo la loro discendenza risalendo ai conquistadores; dopo avermi concesso uno sconto di 20 dollari assicurandomi che è un piacere fattomi direttamente da Fidel autorizza l'uscita e mi passa il contratto con segnato il 50% dell'importo, chiaro dove finirà il resto.

Ore otto e trenta, siamo in una laguna con una profondità non superiore al metro nel cui centro c'è un bucone enorme profondissimo normalmente frequentato dai Tarpon e, infatti, eccoli lì a delfinare, bestiacce di 30/40 chili che sporgono le schiene a decine, dalla tensione le dita fanno fatica a gestire l'attrezzatura, ma finalmente l'artificiale vola nell'aria e si abbatte al centro del branco; il corpo è gia tutto in tensione per controbattere la sicura abboccata con successivo volo fuori dall'acqua della bestia ... i secondi passano e ... nulla !!! ??? Strano, quando gli cadi addosso il 90% delle volte picchiano duro.

Si va alla ricerca e si riprova: stessa scena, si prova di tutto: Jig, Minnow di tutti i tipi e marche, Popper, Ondulanti; il risultato sempre quello: niente, non vogliono saperne di attaccare; dopo un'ora desistiamo e proviamo altro.

Durante il trasferimento, fatto a velocità di traina, attacco tre barracuda di buona taglia e due piccoli (guaguancio) che sono rilasciati, il morale sale e le speranze pure; arriviamo ai soliti fondali rocciosi con pietroni enormi e l'entusiasmo è alle stelle: l'artificiale è seguito da gruppi di Pargo e Cubere di taglia mega.

Ma i malfidati non vogliono collaborare: seguono, fintano attacchi e se ne vanno; inutile cambiare esche il risultato è sempre quello: Niente.

Ore dodici , sole a picco, caldo bestiale , sei o sette posti battuti, sette o otto barracuda ma niente altro, sembra che il pesce pregiato sia in sciopero causa arrivo ciclone; unica nota divertente : una Rubirubia poco più grande dell'esca (18 cm) rimane allamata e durante il recupero vedo un barracuda avvicinarsi ; apro l'archetto e la lascio al suo destino; la picua azzanna e parte , la lascio allontanare e masticare tranquilla , dopo una ventina di metri la stoppo e ferro : presa!!! ; offesissima salta fuori dall'acqua e si esibisce in voli spettacolari nemmeno fosse un tarpon; una lotta discreta visto che al peso dichiarerà 14 chili.

L'accaduto mi stimola a provare un'altro tipo di pesca: visto che ci sono le rubirubia in giro forse il vivo è la soluzione per la giornata no; detto e fatto, con uno jig giallo catturo cinque o sei pescetti sui 20/25 cm che sbatto in un gavone allagato, monto un finale a due ami per vivo e calo il tutto: nemmeno cinque minuti e il filo scorre e il pesce ferrato; la scena si ripeterà per tutte le scorte ma sempre e solo per i barracuda certo, di buona taglia, ma ormai stancano.

A peggiorare le cose un insulso barracuda di non più di 5 chili mi fa esplodere letteralmente la canna in mille pezzi subito dopo la ferrata, d'accordo era vecchia, più di otto anni passati al calore Cubano e il sale e il sole l'avranno indebolita, ma una canna tanto gloriosa con alle spalle una storia di tarpon da 30/40 chili non meritava una fine simile, almeno fosse esplosa per una cubera maxi l'avrei capito, ma per una picua anemica non lo sopporto.

Ore due, si sta avvicinando un temporale, il mare monta e l'acqua ci raggiunge; in poco più di 10 minuti scarica in barca non meno di 15 centimetri di pioggia e poi se ne va; più rinfrescati continuiamo la pesca; davanti a un promontorio ho un aggancio duro: parte a razzo e sfila buoni trenta metri di filo, tende al fondo e fa sperare in una cubera, dopo una decina di minuti non cede e non vuole saperne di risalire, sono tranquillo e me la giostro paziente, ormai è agganciata e non ho pauta di perderla, mai sicurezza fu tanto mal riposta, sparita; recupero l'artificiale e ho la conferma della cubera: Yo Zury 18 cm arancione con pancia oro con uno sfondamento da un cm da una parte e buco da mezzo centimetro dall'altra, inconfondibile segno di un dente di cubera.

Mentre smoccolo abbondantemente cambiando l'artificiale il lancero gira la barca con l'intenzione di ripassare sul posto; senza nessuna speranza filo la lenza e mentre controllo la frizione un altro treno espresso parte alla grande quasi bruciandomi la mano; questa volta non dura molto, poche decine di secondi e non ho più niente in canna, recuperata l'esca anche questa mostra un buco di mezzo centimetro in testa e due buchetti da 3 millimetri dal lato opposto segno certo di cuberà, niente sbreghi o tagli tipo barracuda, forse era la sorella dell'altra; inutile riprovare non mangerà altro in quella zona.

La giornata continua senza storia fra barracuda, temporali e calore; tirando le somme in barca ci sono 17 barracuda di buona e ottima taglia e un'altra decina sono stati rilasciati perchè piccoli o facilmente sdamabili; mentre la guida e il lacero filettano i pesci che saranno regalati o venduti o scambiati per futuri favori (è un problema loro) sfido gli elicotteri di combattimento e carico le attrezzature in macchina, causa prossimo arrivo di Tennis le mie avventure di pesca finiscono qui; questo giorno sarà ricordato da tutti come: " EL DIA DELLA PICUA "

19/03/2010 14:30
 
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Caibarien 1988

By Giordaloco dal forum 10.05.2005

Mi avevano raccontato di un nuovo posto di pesca eccezionale, a un centinaio di chilometri da Moron, stavano finendo la costruzione di un terraplen con carreteras y puentes che aveva congiunto Caibarien con Cajo Santa Maria e in futuro si sarebbe prolungato sino a Cajo Coco; per il momento stavano ultimando gli alberghi e non avevano ancora messo ne pedaje ne barriera; una manna: territorio vergine per la pesca e possibilità per i cubani di andarci, non come a cajo Coco dove gli autoctoni potevano passare solo con certificato di matrimonio yumesco.

Il mio amico Delmo spingeva per l'esplorazione; tre o quattro giorni a mie spese con la possibilità di pucciare la canna a mare e il biscotto altrove lo eccitavano da matti; io sono fondamentalmente un pigro, ma il pensiero di territori di pesca vergini e intoccati mi allettava, per questo dopo aver tassativamente proibito il trasporto di esemplari femminili accettai.

La faccia di Delmo me la diceva lunga: il fatto di non poter portare chicas l'aveva spiazzato; magnifica un paio di dee a cui aveva già prenotato, promesso e pontificato il viaggio; era così sicuro di riuscire a convincermi all'avventura che si era già fatto bello e aveva pianificato tutto, compagnia compresa: Rimango irremovibile; insiste che perde la faccia, che non può imbarcarle e che due così non si trovano ad ogni cruce; ma io non mi sposto di un millimetro: sobbarcarmi le spese di mantenimento e ancora di più l'invadenza di due jovencitas che mi piazzeranno la radio al massimo volume non rientra nei miei programmi.

Mugugnando, ma con gli occhi brillanti per la vacanza pagata, s'invola a dare la mala novella alle sue complici e a preparare la maleta.

Alla mattina alle sette lui è lì, allegro e pimpante, mi fa una rabbia condita con invidia; io sono ancora alle prese col caffè e col problema di svegliarmi abbastanza per connettere e decidere cosa portare; il vederlo mi fa venire alla mente le parole di una canzone "Avere vent'anni" e mentre l'invidia e i rimpianti crescono stipiamo la macchina.

Orario di punta: bicicleteros, careton, choche e l'immancabile nino loco che tenta Di farsi ammazzare con un'inversione non segnalata e non prevista: frenata, Sterzata e giù dentro il fossetto; come inizio non c'è male; bestemmie, insulti e un Paio di buonanime ci aiutano a rimettere il carro sulla strada; a poco a poco la strada Si svuota e finalmente si viaggia tranquilli.

Dopo un'oretta di viaggio, due passaggi, e tre omini amarillos veniamo fermati da Una coppia di chicas vestite di bianco: una dottora e un'infermiera che hanno Ricevuto una chiamata per un parto nel paese vicino, ( pronto soccorso alla cubana: a piedi ) le carichiamo e le scarichiamo pochi chilometri avanti subissati dai ringraziamenti.

All'ingresso di Caibarien ci da il benvenuto un monumento di un granchio enorme come a ricordarci che quello è un paese di mare; con un paio di domande arriviamo alla piazza centrale e incomincia la ricerca della casa particular; questo non è un posto per turisti stranieri, non ancora, solo un luogo di villeggiatura per cubani e sembra che case per turisti non ce ne siano; disperato mi rivolgo a un policia che gentilissimo si offre di accompagnarci lui stesso.

Poco dopo il porto c'è un agglomerato di case d'appartamento quasi totalmente dedicate all'alquiler vacanziero cubano; ci mette in contatto con una signora che ci mostra un appartamento con due stanze, una con aria condizionata, cucina, salotto e bagno con calientador; magnifica el video, il fogon a gas e il frigo, tre pentole, due coltelli, sei forchette, sei piatti, tre tazzine, quattro bicchieri e dulcis in fondo la macchinetta del caffè; sorridendo ci offre il tutto per 20 dollari sotto gli occhi compiacenti del polizia; affare concluso.

Prima puntata al porto per vedere se con qualche biglietto verde è possibile convincere il caronte di turno a levarmi per il mare azzurro; niente da fare: i controlli sulle barche sono stretti e nemmeno con tutta la buona volontà riuscirebbero a farmi passare per un cubano; però qualche informazione me la danno: un paladar decente e un paio di ponti su cui è possibile fare carniere; lungo la strada mi offrono enormi parghi e cubere nonché gamberi e aragoste, contratto per dei gamberi che mi serviranno come esca e ne metto in macchina un paio di chili per un dollaro; fra solo tre anni i prezzi saranno quintuplicati.

E' già mezzogiorno quindi decidiamo di fare esperienza paladar; durante il tragitto salta agli occhi che non è un posto battuto da turisti: ci seguono con gli occhi, qualcuno saluta, ma le ragazze sono schive, quasi timorose, chiaro che ti squadrano, ma non con interesse, solo con curiosità; il paladar è decente, piccolo, lindo e servizio rapido: gamberi, pollo fritto, papa frita, riso e polenta fritta; sembra che in zona, oltre l'immancabile banana, di frutta non ce ne sia; ci aggiungiamo un paio di birre e i caffé; l'unica cosa che non mi aspettavo era la mazzata: 25 dollari in due; dovevano avermi preso per Onassis II; a Moron lo stesso mi sarebbe costato non più di 12; per fortuna più tardi avremmo scoperto un Rumbo eccezionale dove con un dollaro e mezzo ti davano un bistek de res con riso, duro come una suola ma abbondante; avrebbe risolto i nostri problemi alimentari per il resto della permanenza.

Finalmente pesca: imbrocchiamo la sopraelevata di nuova costruzione e il mare ci accoglie; ho già il ditino da lancio che freme ma poco più avanti una pensilina con sotto due aitanti policias mi raffredda i bollori; vuoi vedere che anche qui bloccano i cubani. Il pensiero del tempo che perderò a riportare in città il mio amico mi alza la temperatura di 50 gradi e sono pronto alla lucha; rallento e paro, gentilissimi mi fanno segno di andare, sorpreso fermo la macchia e offrendo due sigarette attacco bottone: nessun problema sono lì a controllare che i camion coi materiali entrino carichi e tornino vuoti; sembra che troppa gente si stia rifacendo casa a spese dello stato; saluti e baci riparto con qualche informazione in più su dove pescare.

Arrivo a quello che dovrà essere la gioia e il dolore della mia permanenza: un ponte lunghissimo dove sei o sette autoctoni sono già in azione: uno lancia la Tarraia e fornisce gli altri di esca fresca; due o tre sacchi pieni stanno a dimostrare la bontà del luogo.

Mentre monto un artificiale di una dozzina di centimetri curo i concorrenti che, tira y saca, sembrano decisi a spopolare la zona: niente di grandissimo ma pesciotti da uno a due chili Vengono su come patate intercalati da qualche esemplare di buona taglia.

Ai primi lanci solo qualche colpo ma non ferro nulla, Delmo si sta dando da fare coi gamberi e i risultati non mancano ; inizia già a sfottere lo yuma incapace; fingendo indifferenza che non provo cambio l'artificiale e incanno qualcosa che tira e strattona come un pazzo, s'impunta e poi riparte prendendomi metri e metri di filo; i locali rallentano la pesca e stanno alla finestra commentando; sudando come un cavallo mi porto a un'estremità del ponte e tento di domare il rimorchiatore sconosciuto; quasi mi ammazzo fra i sassi per avvicinarmi al mare, a poco a poco cede e si avvicina, Delmo è già pronto col raffio, affiora per la prima volta: è una cubera immensa o per lo meno sembra a me, da una scodata e s'immerge ripartendo, ormai però è sfinita e adagio riaffiora e strattonando viene a riva ; Delmo una volta tanto fa il suo dovere e l'arpiona trascinandola sul terrapieno: una bella bestia dentacci e tutto, non è meno di 13- 14 chili; sarà il clou del pomeriggio: fra barracuda, parghi e cubere non supererò più i tre quattro chili.

Ora del rientro, faccio il generoso e regalo tutto il bottino ai locali ricevendo in cambio la ghiotta informazione che di notte i Tarpon se la fanno da padroni in tutta la zona in quanto loro non li insidiano perchè di notte gira il guardia pesca a caccia di irregolari che vanno per aragoste e gamberi e il descarado non va molto per il sottile: in caso di dubbio sanziona tutti, inutile rischiare per un pesciaccio pieno di spine; non so se abbracciarli per l'informazione o scannarli per aver offeso il mio pesce preferito, soprassiedo.

Durante il ritorno fantastico sulla nottata che mi spetta, tarpon grandi come tir popolano le mie fantasie che vengono bruscamente interrotte dal sempre arrapato compagno di pesca: blocca il carro a fianco di due pulzelle, una rubia ? e una mulatica, spiegano che devono andare a una settantina di chilometri a trovare i parenti della mulatica e non ci sono più mezzi; facciamo la stessa strada ?

Noooo, non ci penso nemmeno, nunca mas, stanotte c'è "OK CORRAL" dei tarpon , la resa dei conti, non posso perderla; Delmo mi parla piano, mi sfotte: domanda se mi sono dimenticato come si fa, se per caso non sono un cura travestito e un poco mariconcito e propone una soluzione: le invitiamo a cena, le ospitiamo e domani, dopo avermi accompagnato a pesca le trasporterà a destinazione; speranzoso che non accettino gli lascio proporre l'invento; mai speranza fu tanto delusa, sorriso a sessantaquattro denti (32x2) e sguardo carico di promesse suggellano il patto.

Durante la cena al Rumbo, fra un bistek, una birra e un gelato si approfondisce la conoscenza; studiano all'università, la rubia è di Santa Clara e la mulatica una guajira poco lejo, sono in permesso per via della madre della scuretta che ha problemi di salute; non è che ho questo o quel farmaco ? niente da fare il mio cuore è buono e medicine cardiopatiche non ne ho.

Guardo con ostentazione l'orologio, ma nessuno sembra accorgersene; Delmo porta avanti la sua conquista con l'abbronzata naturale e la blanca si scopre sempre più esperta nei rapporti con stranieri; forse a Santa Clara non frequenta solo l'università.

Dopo il caffè si è passati al rum mentre l'onnipresente musica fa da complice allo svilupparsi della situazione; sono già passate le undici e io da tempo reclamo a gran voce la partenza per la pesca, niente da fare, moine, carezze e ammiccamenti sono le uniche risposte; a mezzanotte devo fare buon viso a cattivo gioco e mi adeguo, in fin dei conti non sono di ferro; solo impongo: alla una tutti alla cama, domani mi dispierto a la madrugada e butto tutti fuori casa.

Prima del rientro giretto al servi per recuperare la colazione: fanno incetta di bibite, caffè, cioccolato, galletta, palitroque, leche e certe cose di grano soffiato al sapore di cipolla che fanno vomitare solo a guardarle; sembra che non abbiano appena mangiato.

Delmo come entra s'infila in camera con la compagna e mi molla con la rubia; ad ogni modo se sono quelli i programmi che insegnano all'università penso che mi troverò una casetta nei pressi prima di invecchiare troppo.

La mattina mi sveglia un paradisiaco odore: la novia (per lui sono tutte novie) di Delmo è mattiniera e ha preparato il caffé, la mia ronfa beata, la butto dal letto e velocizzo la situazione; in meno di un'ora (per Cuba un record) siamo fuori casa diretti alla zona pesca.

Siamo arrivati e mentre scarico le attrezzature capisco che le due stanno scortando il mio compagno per prolungare la permanenza; ma la madre non stava male ? sono inflessibile, rifilo una cinquantina di dollari a Delmo per la benzina e qualche regalino di despedida e minacciandoli con la canna li saluto.

Finalmente solo col mio mare !!! Per gli altri due giorni non mi farò irretire dalle proposte del super macho e dalle tentazioni del Rumbo, pesca, pesca e solo pesca.

Oggi Caibarien si avvia ad essere una nuova zona turistica con tutto quello che comporta, sulla carretera mare ci sono la barrera y el pedaje, le case particular viaggiano ai soliti 20- 25 pezzi a stanza, le aragoste e i gamberi hanno seguito il nuovo andazzo e las chicas hanno trovato un nuovo (o antico) modo di arrotondare.

Per fortuna che adesso ci vado con la novia e non devo passare il tempo a respingere le tentazioni (sig...)

19/03/2010 14:57
 
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Santeria 2

Giordaloco - 04/05/2005

E' tutta la settimana che la chica è eccitata in previsione del prossimo ritiro del reguardo e della prossima partecipazione alla festa di San Lazaro; rompe per essere portata a controllare come procede il bagnetto emodialitico della schifezza.

Preso per sfinimento, una mattina decido di accontentarla , almeno vedrò il posto alla luce del sole : l'entrata è un pò meno sinistra di giorno, ci fanno accomodare nel giardino, un assortimento di sedie di tutte le forme e dimensioni, più o meno rabberciate, fanno da supporto a una decina di postulanti al riparo del sole sotto una pianta "sacra ?" (saprò poi che dai suoi frutti si ricavano le maracas); in un recinto fatto con rami di marabù un paio di civo e un altro indefinito ungulato aspettano il grande momento, polli e galline ci razzolano fra i piedi e un cane senza un orecchio cerca di farsi notare leccandomi i sandali.

Prevedo una lunga attesa, ma..........miracolo Yumesco esce dalla baracca il vice capo spingendo fuori una abuelita che stringe gelosamente al petto un rametto farcito di festoni multicolori e ci fa segno di entrare nell'antro.

Baci, abbracci, strette di mano e lo sciamano ci piega che tutto procede bene, che gli spiriti sono venuti, hanno fatto quello che dovevano fare ??? , però ne manca uno ma sicuramente per il sabba sarà venuto anche lui (speriamo bene visto i trasporti dell'isola); tutto orgoglioso ci mostra i sacchetti rossi già pronti che pendono al collo della statuetta della Virgen de el Cobre.

Accetto il caffè ma ho fretta di tagliare la corda : ho due amici che mi spettano per una pescata pomeridian/notturna sui ponti del Cajo e non voglio tardare; per cui saluti e baci, arrivederci alla prossima spiritual/disco e spingendo una riluttante novia mi involo.

Arriva la grande notte; la chica si è preparata come se dovesse andare a una prima della Scala, tutta trucco e lustrini; il mio inseparabile amico cubano non credente, intercalando palavras como boverias, locuras, trampa eccetera cerca di dissuadermi ma vedendo inutili i suoi sforzi si offre di accompagnarmi col suo coche come guardia del corpo, bello sforzo : il cavallo è suo ma il coche è un mio regalo disinteressato , son proprio un Cama....... disinterssato una pin..... gli ho fornito il biroccio in modo che quando sono a Moron mi scorrazzi gratis, ( piccola rivalsa di uno straniero sfruttato).

Accetto e via; avvicinandosi al miting degli spiriti la prima cosa che colpisce è una cocofonia assordante : sembra che un gruppo di carpentieri si sia unito a dei batteristi fondendosi in qualcosa che solo con un grande sforzo si potrebbe definire musica.

Dentro, c'è di tutto e di più, chicas con vestiti da sera, ninas y mujeres en blanco, hot pants e barrighe al vento; per gli uomini lo mismo : giacche che rivestono due improbabili ricconi pendendo da tutte le parti, petti nudi e pantaloni al ginocchio, qualche anziano compostissimo nella sua tradizionale camicia cubana guarda con amorevole compiacimento quell'impossibile assortimento di umanità fumandosi un sigaro.

Non ho nemmeno il tempo di analizzare la situazione che il "luogotenente" mi schiaffa in mano un bicchere da un quarto pieno di rum; un contatto con quell'acqua e già le mie papille gustative hanno lanciato l'allarme per i bomberos ; vengo salvato dalla Jefa che sostituisce l'intruglio infernale fatto in casa con un normale ma meno pericoloso Havana .

Frattanto nel giardino, illuminato con qualsiasi cosa che possa far luce, scopro la fonte della cacofonia: quattro o cinque energumeni picchiano allegramente su articoli di ferramenta : chiodoni tipo crocifissione contro badili, macheti contro latte, zappe contro zappe, e altro; mentre tre o quattro tamburini cercano di coordinare e dare un senso ritmico al tutto.

Sembra incredibile ma il numero dei borrachos supera quello dei presenti; due o tre megere stanno rimestando in calderoni che sicuramente ospiteranno i sacrificandi; dal gruppo si staccano il brujo in seconda, petto nudo, fascia rossa al collo e calzoni strappati al ginocchio, e un altro alcolizzato; incominciano a cantare in una lingua strana che non è sicuramente spagnolo e danzano cercando di slogarsi tutte le giunture. (mi spiegano poi che è una lingua che si tramandano da generazioni).

Un tafferuglio squote la massa che ondeggia , si divide e mette in evidenza due buttafuori nubiani che cercano di levare dalle mani di un exagitato una matrona di buona stazza che pur in cattive acque non smette di mettere in dubbio discendenze passate, presenti e future nonchè improbabili incroci dell'aggressore.

Finalmente torna la calma e vengo guidato nello studio approntato per la festa : dai muri pendono foglie di palma come una tappezzeria, per terra e su banconi fanno bella mostra frutta, candele, mucchietti di monete e banconote, bottiglie varie (2 mie, le offerte ai santi), torte (una mia), noci di cocco, dolcetti, sigarette, sigari; tutti doni che saranno benedetti ??? e poi consumati dalla comunità; penso che monete e dinero prenderanno un'altra strada.

Alla chica non è stato permesso entrare, io al contrario sto riprendendo tutto, il capo sembra molto contento di una testimonianza per i posteri.

Inizia lo spettacolo: il brujo purifica tutti i presenti (sei o sette me compreso) passandogli addosso un gallo che darebbe non so cosa per essere in un altro posto e le foglie di una pianta, poi spruzza rum con la bocca sopra tutte le offerte condendo il tutto con fumo di sigaro e sangue di gallo che nel frattempo ha sgozzato mentre fuori continua la musica a percussione (si !!! dei timpani).

A questo punto, ripulito il posto e i presenti da tutte le influenze negative fa entrare il primo postulante : borracho; in mano, appese per le zampe tre palomas e un gallo, consegna tutto al jefe che incomincia a strusciargli addosso tutte quelle cose starnazzanti e lo inonda di spruzzi di rum e fumo ; mi sorge il dubbio che prima, vedendo la mia faccia, si sia trattenuto dall'inondare anche la mia cara di schifezze .

Provvede al salasso definitivo dei volatili mettendo il sangue delle paloma in una ciotola e quello del gallo in un'altra, aggiunge liquidi vari : penso rum e miele e poi scrive qualcosa su un foglio bisunto, lo divide in due, gli da fuoco, lo butta nel bracere e spruzza le due parti col sangue.

Toglie da un sacchetto rosso dei dischetti d'osso, bianchi da una parte e neri dall'altra; li piazza in mano al malcapitato e gli ordina di gettarli in aria; ricadendo vanno da tutte le parti e allora, come cani da tartufi, tutti si gettano alla caccia al tesoro; recuperati , vengono riconsegnati al brujo che esegue il conteggio dei bianchi e dei neri; lancia grida di giubilo e assicura il negrito che tutto è sistemato e che non avrà più problemi (quali non lo so e ben mi guardo dal chiedere); generose sorsate di rum e pacche sulle spalle congedano il gonzo di turno.

Avanti un altro; questo entra tirandosi dietro un civo e un paio di galli; sicuramente deve essere una cosa grossa : o ha una pila di corna che arrivano al cielo o ha attentato alla verginità di Fidel.

La scena della mattanza si ripete con la sola variante del civo che non vuole saperne di collaborare, ci si mettono in tre per risolvere il problema; durante la "caccia" il locale è sconvolto : frutta, torte, bottiglie sono volate da tutte le parti; un servizio d'ordine, prettamente maschile, ripristina una parvenza di logica.

Il brujo a questo punto consegna, dopo averla debitamente cosparsa di schifezze, una noce di cocco all'incasinato e gli ordina di spezzarla per terra; al primo lancio niente da fare: gli scivola di mano, schizza di lato e finisce sulla rotula di un collaboratore, risa , insulti e dileggio; mortificato ci riprova e finalmente volano pezzi di cocco da tutte le parti; altra ricerca del santo graal e riconta del bianco e del nero; sembra che stasera tutti abbiano buena suerte ; il miracolato urla : he hecho, he hecho !!! e parte verso l'uscita per portare la buona novella al mondo.

Stanco e nauseato invento un problema idraulico e infilo la porta, fuori il sabba impazza: la musica "sacra" ha lasciato il posto a qualcosa di più ballabile e tutti ci danno dentro; delle abuelitas stanno allegramnete spennando le offerte e facendo a pezzi il civo buttando i pezzi nei calderoni mentre negli angolini bui apretan duro.

Mi riunisco alla novia che si agita al ritmo della musica e al mio amico cubano rigorosamente astemio (quando guida bestie o carros) ; sono confuso, frastornato, assordato e assonnato; vorrei andarmene ma la chica vuole il suo reguardo e non sembra per niente stanca, beata gioventù.

Sono le tre del mattino e finalmente veniamo richiamati nello "studio"; intorno intanto la festa è alla fine : mangiato bevuto e benedetti a poco a poco se ne vanno o se ne stanno stravaccati sulle panche.

Il Jefe visibilmente alticcio sta pasticciando nel contenitore dei reguardos, li toglie, li disinfetta con del rum e li infila nei sacchetti rossi; raccomandazioni, minacce : dobbiamo portarlo sempre con noi, nessuno deve toccarlo, quando si fa sesso va levato o il cielo ci cadrà in testa.

Sono le quattro e finalmente sono a bordo del coche, un freddo cane, non ci saranno più di otto gradi, mi stringo alla novia nell'assurda speranza di scaldarmi un poco, finalmente sono a casa.

Il reguardo dopo due giorni iniziò a puzzare nonostante un'abbondante dose di profumo e finì in mare durante una pescata notturna al Cajo, mossa maldestra, in quanto penso che la sua puzza fece emigrare a Miami tutto il pesce della zona, per un paio di giorni non presi più niente.

Sono passati anni , sono ancora vivo e in buona salute, non mi è capitato niente per cui decidete voi.

19/03/2010 14:59
 
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Santeria - Andrè
Giordaloco - 25/04/2005

E’ arrivato un nuovo ospite nella casa particular, la duena si fa in quattro per farlo sentire a suo agio e , essendo un italiano mi chiama, interrompendomi la lettura, per presentarmelo : un ragazzo sui 27 anni, romagnolo, prima volta a Cuba e interessato a vedere e a provare tutto.

Il poveretto è stravolto : turista fai date, gli avevano raccontato cose favolose su Cajo Coco e era partito deciso a vederle e a viverle; aveva raccattato le solite errate notizie e consigli qui e là, valigia pronta, volo last minute, scarso budget e atterraggio tre giorni prima all’Avana .

Agganciato al volo all’aeroporto !!!, carro particular, casa lo mismo, chicha, paladar, disco, la solita trafila e drastico drenaggio dei fondi; vano il tentativo di bloccarlo all’Avana, lui vuole Cajo Coco, per cui mossi a compassione lo caricano su un treno destinazione Moron, e ora eccolo qui, sperduto nel nulla a desiderare il Cajo.

Se si fosse informato meglio o avesse avuto buoni consigli con quello già speso si sarebbe potuto fare una settimana todo incluido al suo tanto sospirato lugar.

Meglio andare giù duro ; gli illustro la situazione e i prezzi : Al Cajo non ci sono case particular, gli hotel pagati qui costano un occhio della testa, la macchina una cinquantina di dollari al giorno, un motorino 30 e settanta chilometri al giorno su due ruote sono una pazzia; vedo che conteggia mentalmente i suoi 15 giorni e gli spuntano le lacrime agli occhi; l’ho sempre detto che sono un debole : lo riassicuro offrendomi di portarcelo qualche volta , tanto ci vado per pescare; nel frattempo gli consiglio di farsi una cultura qua in città.

Nel frattempo arriva il mio amico Delmo il cochero e, minacciandolo di rappresaglie se tenta qualche trampa o se gli presenta una jinetera, gli affido il pargolo per un primo giro di Moron : la città dei galli.

Me lo riporta con gli occhi fuori, una pila di domande e una fame che levati; rispondo come posso, si mangia e la sera me accollo per la disco; ha la stessa età di mio figlio e io mi sento tanto padre; dopo averlo sommariamente istruito lo metto in mano a un paio di amiche non molto pericolose e, dopo averle incenerite con uno sguardo me ne vado per i cavoli miei, va bene la bontà d’animo ma non sono ne un santo ne una guida turistica.

Nei giorni proseguo la sua istruzione turistico/sociale, visite alla città, al Cajo, alle varie lagune con giretto in barca tra le mangrovie (io intanto pesco), si è già inserito nel contesto e frequentando una famiglia fa le prime conoscenze con altarini, offerte,santi e superstizioni; questo gli aguzza l’interesse e mi subissa di domande.

Avessi saputo come sarebbe andata a finire mi sai ben guardato di dargli corda , ma del senno del poi sono piene le tombe; gli accenno alle mie esperienze con un brujo ed è come accendergli un fuoco sotto il sedere; vuole sapere tutto, vuole conoscerlo, vuole fargli domande ; a malincuore acconsento di portarlo dal Padrino.

Attraversa il Vaquerito assorbendo con gli occhi e con le narici tutto quello che lo circonda : le baracche, i cani, le chicas succintamente vestite, i mercatini di comida, i maiali per la strada, la signora col casco di banane sulle spalle, il degrado e l’allegria, sembra non notare gli sguardi del barrio, non acostumbado a vedere uno yuma da quelle parti.

Arriviamo da Andrè e ci sediamo ad aspettare che si liberi, viene avvertito e dopo poco ci riceve : baci e abbracci per me e rispettoso saluto per il nuovo; faccio da interprete per il giovane che subissa il brujo di quesiti ; la faccia di Andrè si fa sempre più scura e pensierosa man mano che il jovensito parla, la cosa non mi piace anche perché non riesco a capirne il motivo.

Di botto gli domanda se vuole che gli faccia le carte; lo so per certo che non usa le carte per le sue divinazioni, come per tanti altri le carte , le bocce di vetro, le candele, l’acqua sono solo punti focali su cui convergere l’attenzione e canalizzarsi.

Inizia la partita, l’ho visto in azione altre volte e spero che non mi sconvolga più di tanto l’iniziando; lo riassicura che suo fratello sta come al solito, gli spiace che sua madre sia morta , che lui nell’immediato non corre pericoli di sorta e che quando rientrerà la relazione rotta tornerà a fiorire; unica cosa : vede una zona scura ma se gli lascia un giorno di tempo sicuramente capirà il significato.

E’ pietrificato e fa su e giù con la testa confermando quanto detto dal brujo, io lo sono un poco meno visto le passate esperienze, insiste per ulteriori informazioni ma Andrè si chiude in se stesso e gli consiglia di tornare il giorno dopo ; come faccia a sapere queste cose è un mistero ; anch’io delle volte ho delle premonizioni ma mai così precise e dettagliate.

Rientrando mi conferma che è orfano di madre, che il fratello per un incidente è in coma da anni e che è stato mollato dalla ragazza il mese prima della partenza; non vede l’ora che venga l’indomani per ulteriori chiarimenti; la sera quasi non mangia e va a letto presto; mi sento colpevole per avercelo portato.

La mattina dopo scalpita per ritornare dal divinatore e sono costretto a portarcelo; la scena è la medesima, solo il brujo è più rilassato e dice al giovane che non deve preoccuparsi, il fratello ha avuto problemi ma ora sta come sempre, la zona scura è sparita e non ci sono guai all’orizzonte.

Gli molla la bottiglia di rum come propina e si fa portare al più vicino posto telefonico; sono le 10 di mattina per cui in Italia le 15, una buona ora per le telefonate; contatta il padre che gli conferma il problema cerebrale avuto dal fratello il giorno prima, ora è tutto stabile, non serve la sua presenza e può tranquillo continuare le vacanze.

Al poveretto sembra passata la voglia di vacanza, mi riporta sull’argomento curandero e simili ma si guarda bene dal chiedermi di riportarlo da Andrè ; sembra averne paura , o forse ha paura di quello che potrebbe dirgli.

Io, avendo visto il brujo in azione altre volte non mi sono meravigliato, anche se questa volta le predizioni e le descrizioni delle situazioni erano oltremodo precise; come faccia a canalizzarsi così bene non lo so ma è un dono come un altro, e lui, ogni tanto, non sempre , lo esplica al meglio.

Mi spiace che il neofita sia rimasto tanto sconvolto, ma anche questo fa parte dell’esperienza di crescita.

Arriva il giorno della partenza e a me è rimasto il tarlo della novia perduta, per cui mi faccio dare il telefono e mi riservo di farmi vivo.

Tre mesi dopo, in Italia lo ricontatto e..........miracolo è tornato con la novia; Andrè ha colpito ancora.



19/03/2010 15:00
 
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La despedida

Giordaloco - 24/04/2005

Ormai non mancava più di una settimana alla mia partenza e già tutto era un fermento; se lo aspettavano, l’avevo sempre fatto, dovevo darmi da fare per organizzare la mia despedida.

Come al solito, la carne, il pesce e il dolce aspettavano a me, una famiglia avrebbe portato frutta e verdura, un’altra riso e avrebbe messo giardino, forno e cucina ; questa volta me la sarei cavata bene perché l’articolo più importante per una festa cubana l’avrebbe portato un amico che lavorava negli hotel del Cajo : las bebidas ; per mezzo di conoscenze e favori mi aveva assicurato che avrebbe portato 6 bottiglie di rum e 4 casse di birra, il minimo indispensabile per una festa cubana per una ventina di persone ; e... si..... le famiglie cubane sono numerose e poi quando c’è da mangiare aumentano improvvisamente ; non ero convinto né nella possibilità di questa manna dal cielo né che sarebbe bastata, saremmo stati a vedere.

Questa volta avevo deciso di fare le cose in grande ; mi avevano parlato di un modo locale di cucinare il cerdo con il carnero e dato che non volevo perdermelo dovevo procurare la materia prima ; il pesce non sarebbe stato un problema, avrei provveduto io.

Forte delle esperienze passate sapevo che il carnero era meglio andare a sceglierselo di mattina , prima che le bestiacce fossero portate al pascolo : dopo avrei dovuto pagare per carne 10-20 libre di erba masticata in più, pertanto alle sette ero già per via sacramentando a causa delle buche e degli scossoni ; mi avevano accompagnato i soliti due sanguinari carnicieros che parevano godere della possibilità di fare a pezzi un povero ruminante.

Mi avevano convinto ad un acquisto anticipato perché dicevano che il carnero doveva frollare quattro o cinque giorni mentre il puerco non necessitava dello stesso trattamento.

Finalmente arriviamo alla Finca : un agglomerato di baracche col tetto di guano, rottami da tutte le parti, due trattori rugginosi e parzialmente smontati fanno da supporto a una nutrita famiglia di polli; sono un po' schivi ma gentilissimi : mi offrono l’immancabile caffè e su un piatto dei pezzi di favo grondante miele; accidenti !!!!!!! io il miele l’ho sempre visto nei barattoli con tanto di cucchiaino !

Sorbendo il caffè spio di sottecchi il comportamento del guajiro che si fionda in bocca pezzi di favo e mastica golosamente cera , pezzi di api e tutto quanto c’è attaccato ; cerco accuratamente un pezzetto ragionevolmente limpio e inizio a succhiare sotto lo sguardo di approvazione del villico.

Finito il rituale ci spostiamo dove sono rinchiusi gli animali : una cinquantina di cose di tutte le dimensioni si riposano stavaccate in terra; i due assassini con un solo colpo d’occhio scelgono la vittima e la indicano al dueno ; scoppia il finimondo : due ragazzotti entrano nel recinto e incominciano a rincorrere il malcapitato tra urli e strilli ; tutti i presenti ridono, scherzano , indicano, commentano, incitano come se fossero a un rodeo ;finalmente il carnero è immobilizzato e a zampe legate viene posto penzoloni su qualcosa che nelle intenzioni del capo dovrebbe essere una bilancia ; sentenza : 120 libre ; io lo guardo storto ma i miei compagni sembrano convinti per cui taccio e, su richiesta sborso 22 dollari.

I guai arrivano adesso : caricare in macchina quella belva belante, sobbalzante e infida ; ho già un bel livido su una gamba dovuto al primo tentativo per cui vigliaccamente rinuncio e lascio il compito ai due giannizzeri, se vogliono mangiare si diano da fare.

Finalmente dopo saluti e abbracci si parte; viaggio da incubo, calci da tutte le parti, belati disperati mentre un odorino che sicuramente non è Paco Raban si spande per l’auto ; fine aria condizionata, finestrini spalancati per non morire.

Finalmente si arriva e il sottoscritto si defila con la scusa del pesce non volendo partecipare al baccanale di morte ; sono un gigantesco ipocrita non voglio nè vedere nè sentire ma poi lo mangio; qui non è come da noi che la bistecca non parla ,non fa versi; qui se vuoi mangiare devi fare i conti con le tue emozioni.

Dopo una sommaria pulizia del carro, per fortuna tutte cosette compatte, la serata di pesca risolve la spesa ittica : una cuberotta sugli otto chili e due parghi sui quattro ; unica spesa 4 dollari ida&vuelta per il peaje del Cajo.

Ed eccoci al puerco, questo se sporca non sono cosine secche , per cui decido che è meglio andare a prelevarlo col coche di Delmo, tanto è solo poco fuori paese.

Capisco perché si è sistemato un poco fuori : una trentina di maiali non producono certamente olezzo di violetta; ci si accorge molto prima di arrivare a cosa sono destinati i corral; Cercando di respirare con la bocca ispezioniamo le bistecche che come al solito non stanno zitte e dicono la loro.

Delmo ha preso la decisione e il jefe sbotta : "100 libre a 12 pesos, 55 dollari", così, senza pesarlo e senza calcolatrice per i conti; il mio amico sbotta, ricusa e protesta; il tira su cerdos si pone bravo; ho paura che finisca in una bronca; a poco poco si acquietano e il porco vien fatto salire su una stadera : 98 libre, il guajiro ha occhio, però resta il prezzo : al mercato lo danno a 18 pesos gia a pezzi, si continua la contratacìon, finalmente 42 $ cambiano mano e il futuro asado viene issato sul coche; non sia mai detto che io mi accomodi dietro con quella sirena urlante e sussultante; sfidando il divieto per lo yuma di stare a cassetta monto a fianco di Delmo.

Arrivati e consegnato il quadrupede ai carnefici approfitto del fatto che domani è il gran giorno e, con la scusa che devo prenotare la torta, mi eclisso nuovamente con nelle orecchie le grida disperate della cena.

Con quattro dollari mi assicurano una torta che farò fatica a farla stare in macchina, so che sono di parola e mi metto tranquillo , ormai manca solo il rifornimento alcolico ma non è compito mio.

Il gran finale : tavolati su cavalletti supportano il peso di piatti e stoviglie tutti regolarmente scompagnati e di provenienze inconfessabili ; qualche hotel sicuramente cercherà di convincere i turisti che fa molto fino cambiare meno posate e piatti; verdure artisticamente disposte ravvivano il desco coi loro colori, un enorme pasticcio di riso con carne, maionese e altro troneggia al centro tavolo, due zuppiere trasbordano di carne varia in salsa, su vassoi artigiani riposano i pesci già cucinati, qui mangiare cose calde e appena cucinate non è di moda, tutto viene preparato molto prima.

Il cerdo e il carnero , ben appiattiti e sistemati uno sopra l’altro , stanno finendo di rosolarsi in un forno criollo : due mezzi bidoni tagliati con sotto un bel fuoco di "petrolio in barra" (legna); il profumo che sale da quell’invento rugginoso è allettante.

Manca ancora più di un’ora al banchetto ma i generi di conforto , per fortuna già arrivati, stanno scorrendo da tempo nelle gole dei presenti; l’onnipresente musica fa da sottofondo o per meglio dire altofondo a tutta la scena.

Stiamo andando a tavola e l’occhio mi scorre sulle scorte liquide : era come immaginavo, tre bottiglie di rum e una cassa di birra mi guardano solitarie, non basteranno certo a finire la serata; salto in macchina e con una corsa al serbi, unico aperto a quell’ora , rimedio al problema.

Al ritorno gli addetti cucina hanno già incominciato a disossare gli animali e a porli su vassoi di legno, l’atmosfera è alticcia, la musica assorda e qualche ninos si sta ingozzando alla grande .

All’improvviso tutto tace, solo la musica non vuole tacere; i cubani quando iniziano a mangiare piombano in un silenzio di tomba, si sentono solo le posate e qualche rado " que rico"; per loro è maleducazione parlare a tavola ; i piatti si riempiono, tutto viene posto insieme, carne ,pesce, verdura, riso, uno sopra l’altro sino a sbordare; io col mio piatto di cerdo y carnero, il riso e la verdura ben isolati e divisi mi sento fuori posto e molto in vista; ma il solo pensiero di di mettere todo junto, carne, pesce , sughi e sapori che si mescolano mi farebbe passare la fame.

Gran lavorio di mascelle e finalmente la fame ancestrale si placa e la gente ricomincia a parlare e naturalmente a bere ; durante la cena si sono parcamente limitati a acqua e bibite e adesso devono rifarsi.

Le donne sparecchiano e servono il caffè, si riempiono contenitori, si fanno pacchetti , si divide tutta la comida rimasta, ognuno si porterà a casa qualcosa.

L’atmosfera è allegra e rilassata, i bambini hanno già incominciato a ballare e gli adulti , ondeggiando visibilmente si aggregano; quattro pater familias si isolano a un tavolino e , con gradi schiamazzi, si sfidano a dominò tracannando rum.

Io, col mio bicchiere in mano , sono già lontano, già a casa in quell’Italia fredda e asettica e medito sul prossimo ritorno; mi fanno compagnia due cani che si ingozzano di ossa e rimasugli, ripulendo tutto come ad indicarmi che una nuova parentesi si sta chiudendo e che devo prepararmi a partire.

Abbracciando tutto e tutti con lo sguardo sento per un istante di appartenere a qualcosa che non è mio e che non potrà mai esserlo e ho un groppo in gola.

19/03/2010 15:04
 
Quota
31 Dicembre, incidente e ospedale

Giordaloco - 23/04/2005

Eravamo di ritorno da una razzia nelle tiendas allo scopo di reperire tutto il necessario per la festa dell’ultimo : la macchina era piena di casse di birra, rum, piatti e bicchieri di carta, pane , mantequilla, torte y pastelas, turon; la mia mente vagava pensando al cerdo accoppiato a un carnero che già da ore stavano asando in un forno improvvisato costituito da un bidone di petrolio tagliato a metà con il fuoco e la brace che lo avvolgevano.

Non mancavano 50 metri alla casa quando da una laterale con tanto di stop sbuca un bicicletero cantando a squarciagola e con una bottiglia in mano; il mio amico cubano che guidava blocca, sterza, fa di tutto ma l’urto è inevitabile e il borracio, dopo aver urtato con la cazebeza il finetrino proprio davanti alla mia faccia vola dall’altra parte della strada centrando un cespuglio.

Sono sicuro che sia morto, scendiamo e corriamo verso di lui; la gente intanto come al solito incomincia a fare ressa, mi rendo conto che respira e, anche se ha la faccia coperta di sangue , sbraita che qualcuno si prenda cura della sua bicicletta; nella mano stringe ancora il collo della bottiglia rotta.

Dopo tutto non è morto anche se così a prima vista sembra molto malconcio; il mio amico è disperato, per lui potrebbero essere problemi, anche se è registrato come secondo autista nel contratto dell’auto; la decisone è presto presa : guidavo io, per un turista la situazione dovrebbe essere meno drammatica.

Spintonando e allontanando i curiosi carichiamo il sanguinante sul carro e via verso l’ospedale; l’amico intanto ha mandato ad avvertire il padre, che abbastanza ammanicato col potere, ci raggiungerà quanto prima per vedere di risolvere o mitigare il problema .

All’ingresso del pronto soccorso ci viene incontro il solito policìa, inservienti, portantini o medici nada; passeranno sette o otto minuti prima che il malcapitato sia scaricato dal carro e inoltrato al suo destino; intanto spieghiamo il fatto all’agente : uscito da uno stop, senza fermarsi, bottiglia in mano, cantando, la dinamica dell’urto ecc.

Lui è serafico, non si scompone , chiede chi guidava, si fa dare i documenti miei e dell’auto e sparisce nell’edificio facendoci segno di sederci lì fuori; dove ? Sui gradini naturalmente.

Arriva il padre del mio amico e sparisce anche lui nel palazzo, quando riesce non ha la cara molto rilassata e ci comunica che il borracio è in coma; incomincio a pensare che essermi sacrificato per il mio amico non sia stata una buona idea.

Dopo un’oretta senza vedere nessuno arriva una signora con codazzo di parenti, sembrano bravi di brutto, sbraitando entrano nell’ospedale; parlavano molto veloce e il mio povero spagnolo non era all’altezza ; gli amici mi assicurano che non stavano parlando di me o contro di me; mica tanto convinto vedo nubi sempre più nere all’orizzonte.

Li fuori intanto per passare il tempo si parla dell’ospedale : già sapevo che era in pessime condizioni anche se lo avevano ristrutturato due anni prima in occasione di una visita di Fidel ; avevano persino fornito una decina di stanze di televisore e aria condizionata, oggetti regolarmente spariti un paio di mesi dopo; una mia amica, primario di anestesia mi aveva illustrato i problemi del reparto chirurgia : l’aria condizionata erano tre mesi che non funzionava perché i filtri erano partiti e nessuno o per mancanza di voglia o di denaro li faceva sostituire; i medici erano costretti ad operare con delle bandane in testa per assorbire il sudore, ma ogni tanto qualche goccia cadeva sul paziente; le siringhe erano del tipo di vetro sterilizzabili perché quelle usa e getta arrivavano di rado .

C’erano dei generatori in caso di mancanza di corrente, fatto che succedeva spesso, ma erano senza gasoline o non funzionavano; mi ricordo che , dopo aver accompagnato un amico medico al lavoro durante un apagon gli ho regalato una lampada ricaricabile perché era costretto a lavorare alla luce di una candela ; la gente poi andava e veniva come voleva perché l’assistenza era manchevole e la comida immangiabile ; si vedevano costretti a portare cibo e a dare una mano.

Mentre aspettavamo cercavo di risollevarmi lo spirito quardando las chicas che uscivano dal "criadero" lì di fronte; l’avevo soprannominato io così , in effetti era la scuola di infermeria : palazzoni enormi , cintati, dove si erudivano moltitudini di ragazze; il vederle uscire bardate a festa per l’ultimo dell’anno mi risollevava il morale.

Ormai erano già le nove di sera, tre ore abbondanti che aspettavamo lì; il padre era già entrato un paio di volte in cerca di notizie ma il policìa stava aspettando il responso dei medici per decidere il da farsi : aspettare e sperare.

Sono quasi le undici quando arriva la processione : davanti il poliziotto con in mano le mie carte, dietro la moglie e i parenti dell’infortunato; il tutore dell’ordine mi assicura che il paziente non ha niente di rotto, una decina di punti e niente più, è in coma ma i medici assicurano che è un coma etilico e che si riprenderà; mi ritorna los papelos, sorride e comunicandomi che posso andare rientra .

Non posso credere di essermela cavata così, senza firmare niente, senza interrogatorio, senza essere portato in sede, non combina con quello che conosco della burocrazia cubana, è inspiegabile.

Mi avvicino alla moglie del disgraziato e lì la prima sorpresa: alle mie scuse assicura che tutto è a posto, io non ho responsabilità, il marito era ubriaco dalla mattina e l’unico suo rimpianto era che non ci fosse rimasto secco; tutti i parenti concordi : botalo !!!, descarado, borraceros, matalo, insomma un mucchio di gentilezze.

Mi sento sollevato e , anche se non convinto, veleggio verso la grande festa che sicuramente sarà incominciata senza di me; seconda sorpresa, mi hanno aspettato, il dubbio però è sempre lì : hanno aspettato me o i generi di conforto che erano sulla macchina ? Sono veramente maligno.

Qualche giorno dopo, tutto bendato si presenta il bicicletero a reclamare il suo mezzo : il mio amico l’aveva ritirata e riparata ; era rimasto in coma etilico per tre giorni e non ricordava quasi nulla ; tenta la strada del ricatto per farmi sborsare qualche dollaro, minaccia rappresaglie poliziesche e violenze fisiche; non mi lascio scalfire più di tanto : ero gia stato dalla polizia in cerca di informazioni e mi avevano assicurato che tutto era a posto e che la responsabilità era del borracio, non solo , gli avevano appioppato una multa per essere passato dallo stop senza parare.

I miei ospiti cubani fremono e incominciano a scaldarsi, il mio amico ha gia messo mano al machete, il padre raccoglie un bastone, la moglie urla, fra insulti e controinsulti la cosa sta degenerando; approfitto di un momento di calma e rifilandogli 10 dollari gli consiglio di andarsene e non farsi più rivedere se non vuole che finisca il lavoro incominciato en la calle; non so se per la mia sicurezza (che non provavo) la mia calma (sudavo freddo) la mia decisione (non sapevo che fare, volevo solo che tutto finisse) oppure per l’esercito armato che mi stava alle spalle ma il tipo desiste, inforca la sua bici e sparisce



19/03/2010 15:05
 
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31 Dicembre, incidente e ospedale

Giordaloco - 23/04/2005

Eravamo di ritorno da una razzia nelle tiendas allo scopo di reperire tutto il necessario per la festa dell’ultimo : la macchina era piena di casse di birra, rum, piatti e bicchieri di carta, pane , mantequilla, torte y pastelas, turon; la mia mente vagava pensando al cerdo accoppiato a un carnero che già da ore stavano asando in un forno improvvisato costituito da un bidone di petrolio tagliato a metà con il fuoco e la brace che lo avvolgevano.

Non mancavano 50 metri alla casa quando da una laterale con tanto di stop sbuca un bicicletero cantando a squarciagola e con una bottiglia in mano; il mio amico cubano che guidava blocca, sterza, fa di tutto ma l’urto è inevitabile e il borracio, dopo aver urtato con la cazebeza il finetrino proprio davanti alla mia faccia vola dall’altra parte della strada centrando un cespuglio.

Sono sicuro che sia morto, scendiamo e corriamo verso di lui; la gente intanto come al solito incomincia a fare ressa, mi rendo conto che respira e, anche se ha la faccia coperta di sangue , sbraita che qualcuno si prenda cura della sua bicicletta; nella mano stringe ancora il collo della bottiglia rotta.

Dopo tutto non è morto anche se così a prima vista sembra molto malconcio; il mio amico è disperato, per lui potrebbero essere problemi, anche se è registrato come secondo autista nel contratto dell’auto; la decisone è presto presa : guidavo io, per un turista la situazione dovrebbe essere meno drammatica.

Spintonando e allontanando i curiosi carichiamo il sanguinante sul carro e via verso l’ospedale; l’amico intanto ha mandato ad avvertire il padre, che abbastanza ammanicato col potere, ci raggiungerà quanto prima per vedere di risolvere o mitigare il problema .

All’ingresso del pronto soccorso ci viene incontro il solito policìa, inservienti, portantini o medici nada; passeranno sette o otto minuti prima che il malcapitato sia scaricato dal carro e inoltrato al suo destino; intanto spieghiamo il fatto all’agente : uscito da uno stop, senza fermarsi, bottiglia in mano, cantando, la dinamica dell’urto ecc.

Lui è serafico, non si scompone , chiede chi guidava, si fa dare i documenti miei e dell’auto e sparisce nell’edificio facendoci segno di sederci lì fuori; dove ? Sui gradini naturalmente.

Arriva il padre del mio amico e sparisce anche lui nel palazzo, quando riesce non ha la cara molto rilassata e ci comunica che il borracio è in coma; incomincio a pensare che essermi sacrificato per il mio amico non sia stata una buona idea.

Dopo un’oretta senza vedere nessuno arriva una signora con codazzo di parenti, sembrano bravi di brutto, sbraitando entrano nell’ospedale; parlavano molto veloce e il mio povero spagnolo non era all’altezza ; gli amici mi assicurano che non stavano parlando di me o contro di me; mica tanto convinto vedo nubi sempre più nere all’orizzonte.

Li fuori intanto per passare il tempo si parla dell’ospedale : già sapevo che era in pessime condizioni anche se lo avevano ristrutturato due anni prima in occasione di una visita di Fidel ; avevano persino fornito una decina di stanze di televisore e aria condizionata, oggetti regolarmente spariti un paio di mesi dopo; una mia amica, primario di anestesia mi aveva illustrato i problemi del reparto chirurgia : l’aria condizionata erano tre mesi che non funzionava perché i filtri erano partiti e nessuno o per mancanza di voglia o di denaro li faceva sostituire; i medici erano costretti ad operare con delle bandane in testa per assorbire il sudore, ma ogni tanto qualche goccia cadeva sul paziente; le siringhe erano del tipo di vetro sterilizzabili perché quelle usa e getta arrivavano di rado .

C’erano dei generatori in caso di mancanza di corrente, fatto che succedeva spesso, ma erano senza gasoline o non funzionavano; mi ricordo che , dopo aver accompagnato un amico medico al lavoro durante un apagon gli ho regalato una lampada ricaricabile perché era costretto a lavorare alla luce di una candela ; la gente poi andava e veniva come voleva perché l’assistenza era manchevole e la comida immangiabile ; si vedevano costretti a portare cibo e a dare una mano.

Mentre aspettavamo cercavo di risollevarmi lo spirito quardando las chicas che uscivano dal "criadero" lì di fronte; l’avevo soprannominato io così , in effetti era la scuola di infermeria : palazzoni enormi , cintati, dove si erudivano moltitudini di ragazze; il vederle uscire bardate a festa per l’ultimo dell’anno mi risollevava il morale.

Ormai erano già le nove di sera, tre ore abbondanti che aspettavamo lì; il padre era già entrato un paio di volte in cerca di notizie ma il policìa stava aspettando il responso dei medici per decidere il da farsi : aspettare e sperare.

Sono quasi le undici quando arriva la processione : davanti il poliziotto con in mano le mie carte, dietro la moglie e i parenti dell’infortunato; il tutore dell’ordine mi assicura che il paziente non ha niente di rotto, una decina di punti e niente più, è in coma ma i medici assicurano che è un coma etilico e che si riprenderà; mi ritorna los papelos, sorride e comunicandomi che posso andare rientra .

Non posso credere di essermela cavata così, senza firmare niente, senza interrogatorio, senza essere portato in sede, non combina con quello che conosco della burocrazia cubana, è inspiegabile.

Mi avvicino alla moglie del disgraziato e lì la prima sorpresa: alle mie scuse assicura che tutto è a posto, io non ho responsabilità, il marito era ubriaco dalla mattina e l’unico suo rimpianto era che non ci fosse rimasto secco; tutti i parenti concordi : botalo !!!, descarado, borraceros, matalo, insomma un mucchio di gentilezze.

Mi sento sollevato e , anche se non convinto, veleggio verso la grande festa che sicuramente sarà incominciata senza di me; seconda sorpresa, mi hanno aspettato, il dubbio però è sempre lì : hanno aspettato me o i generi di conforto che erano sulla macchina ? Sono veramente maligno.

Qualche giorno dopo, tutto bendato si presenta il bicicletero a reclamare il suo mezzo : il mio amico l’aveva ritirata e riparata ; era rimasto in coma etilico per tre giorni e non ricordava quasi nulla ; tenta la strada del ricatto per farmi sborsare qualche dollaro, minaccia rappresaglie poliziesche e violenze fisiche; non mi lascio scalfire più di tanto : ero gia stato dalla polizia in cerca di informazioni e mi avevano assicurato che tutto era a posto e che la responsabilità era del borracio, non solo , gli avevano appioppato una multa per essere passato dallo stop senza parare.

I miei ospiti cubani fremono e incominciano a scaldarsi, il mio amico ha gia messo mano al machete, il padre raccoglie un bastone, la moglie urla, fra insulti e controinsulti la cosa sta degenerando; approfitto di un momento di calma e rifilandogli 10 dollari gli consiglio di andarsene e non farsi più rivedere se non vuole che finisca il lavoro incominciato en la calle; non so se per la mia sicurezza (che non provavo) la mia calma (sudavo freddo) la mia decisione (non sapevo che fare, volevo solo che tutto finisse) oppure per l’esercito armato che mi stava alle spalle ma il tipo desiste, inforca la sua bici e sparisce



19/03/2010 15:06
 
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Pesca a fondo ai Jardin de la Reina

Sono già tre giorni che mi sto sollazzando ai Jardin de la Rejna, pescate mattina, pomeriggio e sera, pesci a non finire, il cuoco meraviglioso sta cercando di farmi ingrassare con piattini tipo: spaghettate all’aragosta, pargo asado su un letto di riso, filetti di carangide, carpaccio di cernia, cubera con maionese e molto altro.

Vedere mangiare i cubani è uno spettacolo: piazzano tutto in un piatto: riso sotto e poi avanti!!! Ci mettono sopra tutto quello che hanno a disposizione carne, pesce, verdura, formaggio, fagioli, sughi e immancabile in ogni pranzo una banana, a questa, al riso e ai fagioli non rinunciano.

Era da un paio di giorni che Fulvio, l’ex veterinario di Torino, lavoro e carriera buttata alle ortiche per venire a vivere qui come guida, stava organizzando una uscita pemeridian/notturna a bolentino.

Il giorno prima aveva preso una retata di sardine, o qualcosa di simile, e l’aveva scaraventata in un bidone; poi con un aggeggio di sua invenzione: un’elica fissata a un trapano elettrico, aveva provveduto a maciucare il tutto, spruzzando pezzi, viscere e squame di pesce per tutto il ponte rendendolo quasi inagibile.

Buena suerte che Pepe e Franco erano rimasti a Moron per quella settimana, in caso contrario, vedendo la loro tanto amata Patana riverniciata con paté di sarda, avrebbero usato Fulvio come esca per squali.

La puzza di ora in ora si stava facendo sempre più insopportabile e già incominciavano i consigli su dove buttare sia il veterinario che la sua mistura; il pensiero di dover sopportare quella schifezza sino al giorno dopo rendeva tutti un poco eccitabili e Fulvio, allo scopo di evitare un ammutinamento fu costretto a trasferirla immediatamente sulla barca che avremmo usato per il bolentino.

Ed ecco il giorno fatidico; con quello che si stava caricando a bordo si sarebbe potuto allestire un negozio di pesca: canne di tutti i tipi, casse, cassetti, cassoni di minuterie, piombi e finali già pronti pendevano appesi ad ogni dove; eravamo in sette con non meno di 21 canne già pronte con vari tipi di montature.

Finalmente si arriva sul punto prescelto: una ventina di metri di fondo; da quanto si può capire dallo scandaglio è una scarpata che finisce sulla sabbia una decina di metri più avanti; Fulvio ha già buttato un po' della sua schifezza e sta urlando le disposizioni: tutto quello più piccolo di 30 centimetri dentro la tinozza con l’acqua, servirà come esca viva; tutto il resto salvo parghi, cubere e cernie torna in acqua; le dimensioni di quelli che teniamo le decido io; sembra Nelson che da le disposizioni per la battaglia.

Poi è tutto una frenesia: si innesca, si lancia, si salpa, si bestemmia, si rompe; le mangiate sono continue, le catture meno; sembra che i pinnuti abbiano seguito un corso di mangia e frega le esche; qualche ripetente che non ha seguito le lezioni ci rimane, con gran felicità di tutti gli assatanati.

Fulvio, usando il peso della sua autorità si è appropriato della prima rubirubia salpata, l’ha innescata con una montatura a galla e l’ha filata in corrente; c’è ancora abbastanza luce per vedere un paio di schiene che gli ronzano attorno, ed ecco.... un barracuda di buona taglia attacca, forma un gorgo e va.......

Fulvio immobile, lo sguardo al filo, tranquillo come deve essere un grande condottiero aspetta il momento della ferrata. Fatta!!!! La canna si piega, la frizione gracida cedendo filo e..... addio.....se fuè: la stoica tranquillità va a farsi benedire, le saracce si sprecano; affiora l’esca tranciata a metà; un paio di dentuti continua a seguirla, si avvicinano e via, tornano e via, sembra che il pesce dimezzato non sia di loro gradimento.

Altri, vedendo lo spettacolo imitano e finalmente qualche barracuda sale a bordo per poi essere rilasciato; per lo meno, vengono rilasciati quelli che sono stati rampinati in bocca e hanno subito pochi danni, gli altri saranno destinati come cibo/attrazione per gli squali dei subacquei; portare a bordo un barracuda senza fargli danni è difficile e anche pericoloso.

Le catture di tutti i tipi e di tutte le dimensioni si sprecano, le braccia sono stanche e allora decido di tentare il colpo grosso: innesco un pargo perro di una ventina di centimetri e lo calo raso fondo; non fa in tempo ad arrivare che qualcosa di cattivo come l’aglio se ne impossessa e parte come se volesse emigrare a Miami; due strapponi per ferrare e mi appresto alla lotta, ciccia, nisba, nada il forzuto se n’è andato lasciandomi il doppio amo vergognosamente nudo.

Non sia detto che non ci riprovi: altra malcapitata esca e sono in pesca; non passa molto che c’è l’abboccata, aspetto, la lascio andare e poi ferro!!!!!!!!! Presa!!!! C’è e rimane attaccata, tira verso il fondo come un rimorchiatore; Fulvio interviene: "Bloccala! Bloccala !" Fa presto a dire, chi la ferma quella? Lo so che se si intana è finita ma se chiudo la frizione può anche rompere; forzo un po' e riesco a sollevarla di qualche metro, forse sono in sicurezza; chiunque sia non molla, strattona e tira verso casa; da come si comporta ci sono due possibilità o una cubera o una cernia; pendo più verso la cernia: è pesante ma non molto vivace, una cubera si sarebbe scatenata di più.

Finalmente, dopo molto tira e molla affiora: è una guasa, stessa famiglia delle cernie, di circa 30-40 chili, una boccaccia enorme da cui spunta a lato il mio amo, Fulvio sentenzia che è troppo grossa per cena e senza pietà mi taglia il filo; manca poco che gli faccia ingoiare la canna; volevo vederla da vicino, toccarla, sentirla e invece sto descarado mi rende orfano; se non mi trattengono lo puccio nel bidone della pastura; va bè pazienza, la lotta e il divertimento avuto non me lo può togliere nessuno; accendo una sigaretta e lo perdono.

Mentre fumo osservo i compagni di caccia, anche loro mostrano i segni della stanchezza; uno in particolare sta lottando con qualcosa di vivace che ogni tanto affiora sciacquando e si reimmerge tirandosi dietro il filo; il pover’uomo è alla canna del gas, non ha più fiato, arranca ma non vuole cedere la canna; il pesce sembra averlo capito e raddoppia gli sforzi; tutti gli altri ormai hanno riposto le attrezzature, è solo lui è in lotta; Fulvio, che non vede l’ora di rientrare, con gentile fermezza gli sfila la canna e inizia il recupero; poco tempo ed è fatta: un Serra di oltre venti chili si dibatte sul ponte; la pescata è finita si leva l’ancora e si rientra.

Sulla patana ci aspetta uno spuntino notturno, un paio di rum e a nanna; domani è un altro giorno.

Grazie Cuba.

Giordaloco



19/03/2010 15:08
 
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I primi anni '70 a Cuba

Giordaloco - 11/04/2005

Ho letto l'articolo di Caribe e mi è venuto in mente un mio racconto molto antecedente al periodo descritto ; risale al mio primo viaggio a Cuba agli inizi degli anni 70, di preciso non mi ricordo dovrebbe essere fra il 1973 e il 1976, penso che sarebbe interessante proporlo per chi non ha conosciuto quel periodo di Cuba.

Non è facile dimenticare la prima volta a Cuba; erano circa i primi degli anni 70 e l’Isla aveva da poco tempo riaperto i contatti turistici col mondo, le cose non erano come adesso : il dollaro non circolava e se qualche cubano ne fosse stato trovato in possesso avrebbe passato i guai suoi, ancora oggi c’è al gabbio qualche cubano arrestato mentre trafficava in dollari.

L’ingerenza del potere poi era totale e coinvolgeva anche i turisti : come arrivavi, sempre e comunque in gruppo come le pecore, ti veniva assegnato un consigliere o controllore politico che passava con noi tutto il periodo di permanenza cercando di limitare al minimo i contatti con i lavoratori cubani controllando quello che dicevi e quello che pensavi.

Le ragazze poi meglio scordarsele, per il turista non esistevano, e se qualche galletto insisteva sulla cosa e insidiava una lavoratrice dell’hotel, fuori non era possibile per via del controllore, la poveretta rischiava l’allontanamento immediato.

Ma è meglio andare con ordine : il viaggio, per me e mia moglie, era stato organizzato a scopo subacqueo: due settimane all’Hotel Colony sull’Isola della Gioventù, chiamata così perché raccoglieva un gran numero di scuole , la maggior parte ad indirizzo agrario.

L’arrivo all’Avana mi aveva stordito, il profumo, i suoni , la lingua, il caldo , la gente, anche se ancora non me ne ero accorto mi erano già penetrati nella pelle e nel cuore, segnando per sempre il mio futuro.

La tratta Avana/Isola fu effettuata con un vecchio e scassatissimo Duglas dell’ultima guerra; gli sguardi preoccupati dei turisti avevano mosso a compassione la hostes: un donnone con pantaloni elasticizzati e maglietta a righe bianche e rosse che, prima della partenza ci ha rassicurato dicendo che il motore era nuovo, appena recuperato da un magazzino delle Filippine.

L’aria a bordo era mossa da piccoli ventilatori posti sopra i sedili; subito dopo il decollo da vari punti della carlinga incominciò ad uscire un vapore bianco terrorizzando i passeggeri; ci volle del bello e del buono perché la hostes, distribuendo caramelle, riuscisse a convincere la gente che tutto era normale e che era solo condensa dovuta alla differenza di temperatura.

Il panorama dall’aereo era magnifico, volando basso si riusciva a vedere i fondali, le isole, le lagune, il tutto pervaso da una luminosità insolita e da colori a cui noi non eravamo abituati; ero già stato alle Maldive, nel Mar Rosso, in Africa, ma qui i colori e le impressioni erano diverse.

IL tragitto aeroporto hotel non fece altro che confermare la prima impressione: le palme, il mare, l’aria tutto era nuovo e affascinante; l’unica cosa che stonava erano i buncher con mitragliere e cannoni antiaerei rivolti verso il mare e coperti con teli mimetici; non so se per pudore verso i turisti, o per segretezza o semplicemente per proteggerli dalla salsedine.

All’hotel primo scontro con la mentalità statal/social/politica dell’epoca : i tanto servizievoli omini, che da noi assolvono il compito di trasporto valige qui non ci sono, non è contemplato che i compagni facciano questo tipo di servizio schiavista, ognuno deve provvedere per se; bene si risparmiano mance , intanto sono vietate perché è un’altra forma di avvilimento capitalista.

La mattina dopo il secondo scontro culturale/amministrativo : alla colazione ci troviamo serviti dei salsicciotti unti, del pane tostato, del caffè e delle bibite (hotel 1° categoria); alle immancabili proteste : e il latte, la marmellata, la frutta la candida risposta è : il rifornimento statale è in ritardo per cui oggi è così, scusate tanto.

Alla domanda : ma non c’è una città vicino ? non si può mandare a comprare latte e marmellata ? La risposta è uno sguardo allibito, meravigliato e offeso seguito da un secco : non è possibile, è un compito della gestione statale, non appena possono lo faranno.

Così per tutta la vacanza ci sarà un’alternanza di privazioni: una volta il pane "finita la farina", una volta il caffè, un’altra la frutta e così via.

L’hotel , secondo le assicurazioni era stato appena restaurato : la moquette faceva onde e era un puzzle di macchie sospette, il soffitto si sfogliava, il bagno perdeva acqua, la porta finestra non chiudeva e mancavano le tende notturne, l’aria condizionata funzionava a singhiozzo; l’unica cosa perfettamente funzionante era la disco, frequentata da cubani e dai pochi turisti; per una birra io pagavo un dollaro e il cubano un peso, altri tempi.

Quando c’era la materia prima, la cucina era buona, niente di elaborato o molto variato però aragoste, tortuga e pesce non mancavano mai quello che ogni tanto faltava era il pollo e il maiale.

Finalmente Il primo giorno in barca , una cosa in ferrocemento da 20 metri risalente agli anni 40 (infatti tale tecnica di costruzione fu abbandonata nel 50) con un motore diesel che la scuoteva come un frullatore ; tubi e spuntoni si ergevano ovunque al solo scopo di riempirti di lividi a fine giornata.

Le attrezzature sub di buona qualità portavano i segni di una assoluta mancanza di manutenzione; gli strumenti in dotazione ai quatto accompagnatori/istruttori sarebbero bastati solo per due, nel senso che molti si erano rotti e mai sostituiti alla faccia della sicurezza del turista; proprio il giorno seguente sarebbe scoppiato il tubo manometro di un istruttore lasciandolo per sempre nell’impossibilità di sapere quanta aria avesse a disposizione durante l’immersione mosso a compassione , quando sono partito gli ho lasciato il mio unitamente al profondimetro e bussola.

Il personale di bordo dal capitano all’ultimo mozzo erano gentilissimi e sempre disponibili come sono e saranno sempre i cubani; interessati a quanto succedeva fuori isola erano affamanti di notizie e sempre pronti alla chiacchera se non fosse per la presenza del controllore che col solo sguardo li rendeva muti; dopo ogni immersione trovavamo pronta frutta sbucciata e caffè; quello che ci mandava dietro l’hotel, lo stesso che si consumava a terra, era terribile, sempre e soltanto liofilizzato; forse pensavano che i turisti non gradissero quello sano e naturale.

Per fortuna che il capitano, dopo accesa discussione col politico, è riuscito ad avere l’autorizzazione di prepararci il suo e proprio grazie al capitano ho potuto assaggiare per la prima volta boniato frito.

Le immersioni d’altro canto erano spettacolari; in special modo quella su un relitto dove ci aspettava la LOLA un barracuda di quasi due metri, conosciuto in tutto il mondo subacqueo come attrattiva internazionale; come arrivava il barco usciva dal relitto e si metteva in attesa a mezz’acqua; a noi sub, ci veniva dato un sacco pieno di pesce da dare al mostro. Alzare il pesce e aspettare che che quel tritacarne te lo levasse da mano era terrorizzante, quasi nessuno, tranne gli istruttori lo faceva, la maggioranza, quando la picua era a un paio di metri mollava il pesce e tentava la fuga; vedere quella bocca enorme e piena di denti che ingurgitava il pesce faceva impressione; quando ce ne andavamo la picua aveva una barriga come se avesse ingurgitato un’anguria.

L’unico neo era la "presenza" , condizionava tutto, i rapporti, le risate, la spontaneità; gli accidenti e gli auguri che fluivano copiosi sia da noi che dai locali però giunsero a buon fine; dopo poco meno di una settimana il malcapitaro fu colto da una colica renale e ricoverato in ospedale.

Non potete immaginare la gioia : prima, per portare a bordo qualche bottiglia di rum e qualche pacchetto di sigarette per l’equipaggio dovevamo farlo di nascosto; il capitano sapeva che quando, indicando la tanica dove lavavamo le mute si diceva :"agua sucia" poteva star sicuro che lì dentro avrebbe trovato il rum.

Le uscite senza il controllo furono spettacolari; il cibo portato a bordo dall’hotel era sempre il medesimo e faceva schifo: uno spezzatino che noi avevamo soprannominato Kit&Kat cibo per gatti; come sparì il politico saltarono fuori fucili, arpioni e rampini per aragoste più pentole e pentoloni; ogni giorno salivano a bordo pesce pregiato e non meno di 30-40 aragoste mai mangiato meglio, e, pensando al pobrecito nel suo letto di penitenza, tutto aveva un sapore migliore.

La cosa non durò per molto, solo quattro o cinque giorni, prima che arrivasse il sostituto ma diede un sapore e un tocco tutto particolare alla vacanza : mi fece innamorare in modo irreversibile dei cubani.

La gita a Nuova Gerona fu un fallimento: intruppati come scolaretti, ripresi ogni qual volta ci si fermava o per vedere qualcosa o per parlare con qualcuno stavamo per esplodere e già qualche battibecco al limite della rissa si era avuto; l’hijo de puta, con una calma imperturbabile incassava insulti e vav..... e scriveva su un libricino; cosa, perché o per chi non l’ho mai saputo.

La prima impressione del paese fu di squallore, sporcizia e mancanza di manutenzione; i negozi vuoti, qualche articolo qua e là sugli scaffali, qualche barattolo di marmellata bulgara, due o tre pentole, qualche stringa, qualche scarpa pochi vestiti, all’epoca andavano di moda i jeans elasticizzati che facevano un fondoschiena da balena a buona parte delle cubane allevate a patate e boniato; suvenir nada ,sarebbe andata bene anche una tazza col piattino ma non c’era verso di trovarle appaiate.

Era il periodo in cui i cubani incominciavano a parlare che forse si sarebbe potuto comprare la casa dove vivevano o costruirsela: lo stato avrebbe fornito il prestito che poi sarebbe stato rimborsato negli anni, cosa assolutamente nuova per loro. Si parlava sempre di questo, loro non si fidavano molto, i dubbi erano tanti : e se poi cambiano idea ? Mio padre aveva una finca e la quitaron: adesso la manutenzione la fanno loro poi devo pensarci io : pintura, tuberia y otro, dove trovo i soldi ?; e se il prestito non mi basta ? insomma erano in una confusione totale.

La vacanza stava giungendo al termine e si poneva il problema di come ringraziare i gentilissimi marinai, rompipalle escluso : dollari non si potevano dare e non li volevano; l’unica cosa erano oggetti tangibili ; svuotammo la tienda : rum, sigarette , cappelli, saponi, profumi, orologi; svuotammo le valige : pantaloni ,magliette, vestiti per le mogli e figlie, attrezzature da sub, tutto quello di cui si poteva fare a meno prese il volo.

Di ritorno ci toccarono tre giorni all’Avana e lì le cose erano diverse : l’organizzazione turistica era impeccabile per Cuba chiaro, si poteva girare soli, tutti erano gentili , in hotel si mangiava magnificamente e non mancava nulla, solo i negozi locali erano semivuoti, quasi come quelli di Nuova Gerona.

Per descrivere i giorni dell’Avana ci vorrebbero altre 10 pagine per cui lo rimando alla prossima; sono tornato molte altre volte : Avana, Cajo Largo, Santiago ecc. ma niente mi ha più colpito come la prima volta.

19/03/2010 15:10
 
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Santeria 1

Giordaloco - 30.03.2005

E' da un po' che noto che la novia porta al collo, in tasca o in qualsiasi altro posto possa essere nascosto, un oggetto, e si premura di nasconderlo ogni qual volta se lo leva; al mare lo imbosca nel cruscotto auto o sotto il tappetino, in camera nell'escaparate o nella mesita de noche, cerca di non farmelo vedere; non sono curioso più di tanto.

Una sera, stiamo cambiandoci per uscire a cena, e vedo "l'oggetto" in bella mostra sul comodino: è qualcosa infilato in un sacchettino di stoffa rossa alquanto sucio (chiaro, se lo porta sempre addosso).

Lei è in bagno per cui le grido: Metto la tua "cosa" nel comodino; quanto mai !!! , arriva come una furia, farfuglia parole strane *reguardo, padrino, mala suerte,* mi si getta addosso, quasi mi stacca un dito, me lo strappa di mano gridando: lo has tocado, lo has tocado !!! E si mette a piangere.

Piange e non vuole spiegarsi; bene, adesso basta o mi spiega o la sbatto nella porqueriza e ce la lascio fino a che non si calma; a poco a poco riacquista un certo controllo e fra sospiri, lacrime e tremori riesco a capire che è un reguardo, fatto dal suo padrino, che deve portarlo sempre con lei e che nessuno deve toccarlo pena la fine del mondo, il suo si intende.

Urgono mas informacion: il padrino non è il padrazo ma la sua guida, il suo guro, il suo consigliere; insomma il suo brujo spillasoldi. Il reguardo è una specie di talismano fatto appositamente per lei e che nessuno deve vedere o toccare; è disperata, chissà cosa le potrà capitare adesso, devo portarla subito da lui; e la cena?; o stolto mortale cosa è più importane ? la cena o la fine sua, di Cuba e di tutti i suoi abitanti ? Si va.

El Vaquerito, la zona più malfamata e disastrata di Moron, nessuno ci va volentieri, di notte poi non ci passa nemmeno la polizia, per almeno il 90% e tutta etnia nera, va bene che le informazioni arrivano da bianchi e possono essere alquanto di parte, ma io non mi sento del tutto tranquillo.

La casa, pur essendo sulla principale e non nelle stradine quasi impraticabili ai lati, sembra isolata: è completamente circondata da un'alta muraglia di piante grasse spinose con un solo varco sbarrato da un cancello sbilenco.

Alle invocazioni disperate della chica arriva il maggiordomo/shiavo/secondo in comando (questo lo saprò dopo); una discussione tipo: ahora come, despues debe ablar con los spiritos ecc. ecc., e ci fa accomodare in una saletta in cui si nota che il dueno deve passarsela bene coi suoi polli (nel senso sia letterale che metaforico): Televisore, videoregistratore, gravadora mega; su un tavolino ci saranno una ventina di bicchieri colorati di tutte le forme con cannuccia e sbattitore fantasia; su delle mensole fanno bella mostra cose nauseabonde e inclassificabili, il tutto condito dall'immancabile musica a tutto volume.

Il vice capo è andato ad annunciarci e, guarda caso, la cena e il meeting coi santi si è già concluso e il santone ci allieta con la sua presenza (sarà forse dovuto al fatto che il postulante sia accompagnato da uno Yuma?).

Un ometto di statura media, nero, gli occhi furbi e un poco in fuori, capelli radi, crespi sale e pepe, ciuffetti di barba qua e là, magro e un sorriso a 32 denti (se ce li avesse); alla spiegazione della pobrecita si fa scuro e empeza a enumerare una lista di probabili catastrofi bibliche da far impallidire Mosè: stringi stringi è necessario rifare il rito e già che ci sono potrebbe farne uno anche per me????!!!!!

Furbo il mago magò, deve aver visto l'occasione per rifarsi il guarnaroba; cautamente tasto il terreno, niente di preoccupante un paio di bottiglie di ron (di quello buono però, vai a sapere se i santi si arrabbiano con roba scadente) e un paio di dollari a testa per coprire le spese della materia prima.

Per calmare la quasi infartata è niente, per cui avanti con lo spettacolo: ci fa accomodare nel suo studio; un cubicolo di tre per tre tappezzato di immagini varie, santi, santini, altarini, candele, tazzine di caffè, un bicchiere con dentro un uovo, un braciere spento pieno di cartine arrotolate e ossicini vari, qualche teschio di animali sconosciuti , una pianta da cui pendono biglietti d'anteguerra, una collezione di bottiglie piene di intrugli, una rastrelliera piena di fili colorati (forse si da all'uncinetto), e gli immancabili San Lazaro e la Madonna del Cobre debitamente circondati dalle offerte votive (riso,frutta,rum,sigari ecc.); quel magazzino di pacottiglia è talmente pieno che smetto di descrivere.

Inizia il rito: sceglie due sassi, li avvolge in alcune foglie e inizia a ricoprirli con fili di vari colori borbottando cose strane, quando ha confezionato due ciocolattini multicolori li sbatte in una ciotola e chiama lo schiavetto: paloma Y gallo ordina.

Mentre aspetta i sacrificandi riempie a metà la ciotola con misture varie (mi sembra anche miele), polveri e un po' di osso grattuggiato, mi assicura che è umano e che lo ha personalmente prelevato dal cimitero locale in una notte senza luna, a me sembrano delle costine di puerco, ma si sa sono incompetente; per finire aggiunge qualche spillo, forse per pungere las almas maldidas se cercano di avvicinarsi.

Arriva il luogotenente e incomincia la parte che speravo di evitare: ciuccia ron e lo spruzza in faccia alla colomba e al gallo condendo il tutto con fumo di sigaro aspirato al contrario; dimenticavo prima ci ha passato i volatili su tutto il corpo. (purificazione credo)

Tiriamo un velo pietoso sullo sgozzamento: versa il sangue nella ciotola, unisce qualche foglia e rimescola il tutto, cioccolattini, brodaglia e schifezze.

Tutto felice ed euforico ci avverte che la pozione deve riposare una settimana e che possiamo ritornare a prendere los reguardos per la grande festa che darà per San Lazaro, siamo tutti invitati.

Nessuna preoccupazione per la sicurezza e la mala suerte, quello che ha fatto ci copre sino alla consegna dell'insanguinato oggetto.

Non vedo l'ora di smammare, l'orologio indica le due, ho la pancia che reclama il dovuto, quattro ore seduto su un seggiolino sbrecciato, a servire da antipasto alle zanzare, hanno portato al limite la mia resistenza , se si inventa ancora qualcosa lo sacrifico io al dio cibo.

Per fortuna è tutto finito saluti e abbracci, saldo debiti e via ; il ritorno per il ritiro e la partecipazione al sabba sono un'altra storia che leggerete un'altra volta adesso ho FAME !!!!!!!!!!!!!!!
19/03/2010 15:13
 
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Altra esperienza di pesca

Giordaloco - 28/03/2005

TRUCIA IN VASCA DA BAGNO

Stavo aspettando che la novia riuscisse a preparare un caffè, smanettando con un fogon a petrolio sempre lì lì per esplodere, e intanto prendevo accordi con Mighelito, un tenente del DTI (più o meno la polizia politica) per la prossima uscita a truce; l’avevo conosciuto durante una ennesima litigata con la polizia stradale, aveva fatto da paciere e intanto avevamo scoperto la stessa passione per la pesca, non avevo perso l’occasione e con qualche artificiale, un poco di fili, ami e piombi mi ero fatto un amico per la vita. (Con qualche dubbio, in zona è meglio averne)
Non era il tipo da tirarti bidoni, se diceva che il pesce c’era potevi andare sul tranquillo.
Adesso mi stava magnificando una presa (invaso ricavato artificialmente) situata fra Moron e Ciego de Avila, poco frequentata e pertanto non sfruttata.

Fra sibili e scoppiettii arriva sia il caffè che la decisione di provare; bene domani mattina alle 5 si parte, si suggella il tutto con un bicchierino di rum e a nanna.

Ben satollato dalla duegna della casa carico un altro mio amico pescatore e passo a prenderlo; siamo in marcia, strade deserte, il posto è poco frequentato, qualche camion, qualche carretto e due o tre immancabili bicicleteros; più avanti il nulla e nessuno, strada dritta a non finire.

Quasi salto per aria: Para, Para: blocco e i due si frecciano verso un sacco sul lato della strada che sta perdendo qualcosa, da come si comportano sembra che abbiano trovato un tesoro, guardandosi in giro lo sbattono nel portabagagli e mi intimano via, via; mica voglio rogne, devono spiegarsi: un camion di raccolta deve aver perduto un sacco di Yucca e secondo la logica cubana “quello che trovo è mio” si sono assicurati il contorno per una decina di giorni; niente da eccepire.

Finalmente lasciamo la principale e ci infiliamo nell’immancabile sentiero spinoso che ci porta a un paio di casupole col tetto di guano (non quello che intendiamo noi: è un tipo di foglie di palma) dove ci da il benvenuto un tizio che sta pulendo pesce e un paio di cani non molto cattolici.

Immancabile caffè di benvenuto e intanto si accorge che spio il suo pescato, si, mi assicura, non sto vedendo doppio e nemmeno il suo caffè contiene allucinogeni sono tilapie. Orco!!! Viaggiano tra uno e due chili, mai visto niente di simile, le più grosse che ho incontrato non hanno mai superato il mezzo chilo; intenerito dal mio mento che quasi tocca l’ombelico spiega che secondo lui è l’unico posto a Cuba dove arrivano a queste dimensioni perché o per come non lo sa; purtroppo non mangiano e si possono prendere solo con le reti.

Però se le tilapie lì sono così chissà i Bass, non sto più nella pelle.

Scendiamo verso l’acqua e, dopo aver convinto un torello che io sono più pericoloso di lui, mi presenta il suo natante: una lastra di alluminio martellata per alzarle i bordi di circa due metri per uno e mezzo, sembra una vasca da bagno; due sedili di legno fissati con cuoio uno a tre quarti (per il rematore) uno in fondo per il pescatore; i remi o quello che sono pendono da due anelli ricavati da una catena che potrebbe aver ormeggiato la Tirpiz.

Mentre aspetto di salire a bordo un paio di “hormigas Bravas” hanno pasteggiato col mio piede, “hormiga Brava, tradotto letteralmente significa formica incazzata e queste lo erano per davvero: due ponfi che sembravano l’Everest e un male cane.

Finalmente sono a bordo, si fa per dire, l’acqua la tiene e questo è l’importante; gli altri due amici cubani pescheranno da terra battendo le sponde, le solite battute internazionali e....... buena suerte....... mortacci loro, adesso chi prenderà più niente?

Il luogo è un incanto, una musica per gli occhi: piante secche e marce spuntano numerose dal fondo, grovigli di rami formano isolotti da tutte le parti, le rive sono inerbate e la vegetazione scende fino in acqua; un paradiso, per noi pescatori intendo.

Mentre monto un bel vermone da 9 pollici mi raccomando ai santi locali come scaramanzia al buon augurio inviatomi dai colleghi che stanno già salpando qualcosa che da lontano sembra interessante.

E’ il sogno segreto di ogni pescatore: botte, toccate, salpate, niente di extra, tutte prede da mezzo a due chili ma qui da noi chi se li sogna?

Il barca/canoista mi consiglia di provare vicino agli erbai, dice che data l’ora è facile incoccare in qualche bella bestia, avvicinandomi alla sponda vedo che i locali hanno salpato un paio di bestie sui tre quattro chili, l’invidia mi rode.

Monto, lancio, cambio manporro di tutti i tipi e colori, artificiali tecnologici ma i risultati non cambiano: misure medie; solo una sui tre chili che si avvolge in un ramo sul fondo e facendomi marameo se ne va.

Di colpo smettono di mangiare, nada mas, finito, torniamo a riva e il nostro ospite si offre di cucinarci un paio di tilapie (per assaggiare) e un paio di bass; ricambiamo con birra, rum, panini e sigarette.

Mentre sbrano un filettino di tilapia, sforzandomi di non notare dove e come è stata cucinata, facciamo un consuntivo: una ventina di pezzi in tre, da mezzo al chilo e mezzo più due pesciotti sui tre chili non certo presi da me.

Urge una investigazione: con che li hanno presi ?
Mi mostrano una cosa nera lunga sui 30-35 centimetri quasi senza forma, solo una codina finale piatta, e duri come un sasso; li fanno in casa a Ciego ricavandoli da vecchi copertoni, te ne danno 15 per un dollaro; alla faccia e io che mi sono svenato per attrezzarmi.

Basta mangiare, me ne faccio dare un quattro o cinque e spingo il gondoliere verso il transatlantico non facendo caso alla coda di trucia che gli spunta dalla bocca; devo pescare, provare questi spaghettoni informi.

Nebbia assoluta, non si muove nulla, un paio di colpetti ma saranno tilapie o pescetti insulsi, il barcarolo mi rassicura che più tardi usciranno e infatti verso sera ricomincia il ballo ma sono sempre di taglia media; poi all’improvviso qualcosa vola nell’aria: ha picchiato in 30 centimetri d’acqua, sarà oltre quattro chili; il problema che fra me e lei ci sono dei rami affioranti e la maldida ci si ficca con entusiasmo e si pianta; mi avvicino con la barca e la vedo ingarbugliata fra i rami, non sta certo ad aspettare una mia decisione, solleva un polverone e quando torno a vedere è sparita, il lancero demolisce la legnaia e recupera il tutto: sboccata.

Ricomincia e finalmente vicino a un tronco marcio ferra.
Fila per un secondo poi salta....., bella, bellissima, superba; si riimmerge e tira verso il tronco, la forzo: questa volta non mi frega, a poco a poco si avvicina, come vede la barca risalta una o due volte, poi più vicino sbatacchia disperata ma ormai oplà è in barca.

Bene, finito, sono soddisfatto si torna a riva; mi tolgo la soddisfazione di sbeffeggiare i locali dopo la pesatura: 4200 grammi, d’accordo la bilancia è tipo stadera sicuramente abbandonata in loco da Garibaldi ma più o meno ci azzeccherà.

Hanno le cornine abbassate e anche se si prendono il merito di avermi dato le esche giuste si vede che gli brucia.

Carichiamo l’attrezzatura, diamo una decina di bass e 10 dollari al barcaiolo (i bass li venderà la mattina dopo con le sue tilapie a Ciego) e partiamo.

Ciao alla prossima.

NB . ogni tanto ho messo le traduzioni o spiegazione per i non introdotti.
19/03/2010 15:15
 
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Una giornata (di pesca) buttata

Giordaloco - 20.03.2005

Sto magnificamente, dopo una cena a base di cernia asada, spaparanzato su una sdraio con un porchito tra i piedi, qualche pollo che si contende le briciole e un bicchiere di rum in mano.

L'amico cubano, che sta giocando a domino più in la, mi domanda se domani sono libero, Aiaaaa!!! Sono sicuro che partirà con la solita richiesta (cubana /a chi ha la macchina) "mi porti da mio fratello?"; quasi sempre questi parenti stanno a centinaia di chilometri di distanza.

Capisce al volo, dal mio sopracilio alzato, che non è facile fregarmi e allora aggiusta il tiro: pesca gamberi e se gli diamo la benzina ci porta fuori a pesca, le esche le mette lui.

Sono allettato, non è facile a Cuba uscire in barca al di fuori del carissimo circuito turistico, Dove è ? : vicino a Las Tunas !!! Orco !! Sono più di 300 chilometri.

Insiste, è un pescatore, conosce i posti, ci sono cubere giganti; anche sapendo dell'abitudine locale di descrivere un moschino come un'aquila sono interessato; continua : al limite ci portiamo a casa una cassa di gamberi e qualche aragosta; tentenno poi ci casco, ci casco con sandali e tutto : Va bene !!!:

Le tre di notte. bisogna essere la presto per pescare, una nebbia che nemmeno sul Po si è mai vista, carico l'amico, la moglie (sua), la zia (pure) e ingaggio una lotta furibonda per impedire l'accesso all'auto a mezzo paese che vuole partire con noi.

Un viaggio allucinante, nebbia, umido al 118%, musica al massimo volume (non possono farne a meno) buche pazzesche, carretti, biciclette, trattori e cavalli ( se ne abbatti uno rischi 10 anni di galera), tutti regolarmente senza luci; ma finalmente alle prime avvisaglie del giorno siamo vicini.

Non ci si può presentare senza niente, per cui ci fermiamo a un negozietto ??? ( ci vorrebbe un libro solo per descriverlo) : quattro bottiglie di rum, una cassa di birra, salcicce (perro caliente), pane, formaggio, due stecche di sigarette e acqua per me.

Tutto tassativamente a mie spese ( lo Yuma di turno ) e per fortuna non sono cose per turisti ma locali e me la cavo più o meno con l'equivalente di mezza stecca di sigarette qui da noi.

Arriviamo, baci, abbracci, un goccio di rum per terra (par los santos) è la tradizione, e in meno di dieci minuti sono quasi tutti sbronzi.

E la pesca ? A malincuore, visto che non vogliono separarsi dalla bebida (se la portano appresso), andiamo alla barca: una cosa strana molto più lunga che larga (forse 7x1,5), fondo piatto e fiancate non più alte di cinquanta centimetri; al centro una massa di ruggine, identificarla è impossibile, capire da dove possa essere stata tolta pure; girando un volano la cosa parte, col suo solo pistone sputa fumo da tutte le parti ciucciando benzina da una bottiglia di ex acqua minerale appesa sopra, il rumore è assordante.

In mare con una cosa simile ? Sono pazzi !!! Non c'è niente da fare, cinque o sei alcolizzati mi spingono a bordo, saltano dentro e viaaaa ......

Aggrappato al bordo mi aspetto la replica del Titanic ma non succede, il mare è calmo, la barca regge, si calano le lenze e si traina : un tubo !! ( tra l'altro si sgotta parecchio, filtra acqua dal fondo).

Tra un sorso e l'altro realizzano che i pesci sono in vacanza o a Miami e allora puntano a un gruppo di isolette con mangrovie e si ancorano; va già meglio : qualche cuberita e qualche pargo si lasciano attrarre dai gamberetti, niente di eccezionale, roba che non arriva al chilo, le tanto rinomate maxi cubere da 15/20 chili se ne stanno ben imboscate sempre che ci siano mai state.

Ora di pranzo, all'ombra dei mangles, staccando dalle stesse un tipo di ostrica e ingurgitandole con pane, salciccia ,formaggio le innaffiano abbondantemente con birra o rum secondo gusti e preferenze ; si passa un paio di ore parlando di quello che dovrebbe esserci ma non c'è.

Dopo la pausa picnic/ostrico/alcolica decidono per un fiume e iniziano a risalire zizzagando; non so se perché il capitano è fuori o perché stia evitando i bassi fondali, l'unico che potrebbe saperlo è uno dei tanti santi locali coi quali hanno condiviso il rum.

In fondo lo spettacolo è eccezionale: mangrovie e verde dappertutto, calma piatta, il fiume largo e lucido per il riverbero, i pesci bollano da tutte le parti (non so cosa possano essere) e dulcis in fundo ogni tanto si intravede la scia di qualcosa di grosso e qualche pinna di tarpon che delfinando taglia l'acqua; mi eccita !!

Sono sicuro che è il grande momento, monto un magnum da 12 centimetri , finale in acciaio da 40 libre e impongo di essere portato verso riva per qualche lancio; niente da fare, i "compagni", ingurgitando birra, mi assicurano che a riva non "pican", meglio traina, Ok detto e fatto.

Una botta che levati, due testate e poi via come un treno, non capisco cosa possa essere ma intanto mi porta fuori filo e filo; il motore asmatico non ce la fa a stargli dietro, chiudo un poco la frizione, che diamine !! ho un 60 libre, breve lotta, non c'è più niente; recupero e il finale di acciaio è troncato, mah forse una piega.

I sorrisetti e le battute dei borracieros (ubriachi) non mi destabilizzano più di tanto e nemmeno mi mettono sull'avviso.

Troppo eccitato e voglioso di vendetta cambio canna : trecciato da 90 libre, finale acciaio da 80, artificiale da 18 centimetri e in acqua.

Non passa molto e quasi mi parte la canna dalle mani, lotta furiosa, frizione, ala, molla, tira; non riesco a capire cosa possa esserci sul fiume che si comporti così; un tarpon ? no non salta; una cubera gigante ? neppure, non fila e non si muove con la necessaria decisione, non mi viene in mente niente, intanto la bestia si fa pesante e si impunta, dura poco: la lenza è di nuovo libera.

Recupero demoraliz/incazato ed ecco un rapala maciullato, spezzettato, ancorette raddrizzate o schiacciate, un lampo, mi giro furioso e sbotto : Tiburon !!!??? (squalo); ecco spiegato l'arcano, i borracio ridono, si danno pacche sulle spalle e intonano tiburon, tiburon, tiburon.....

Quando si calmano pretendo una spiegazione , io di squali così in un fiume non ne avevo mai incontrati !! Presto detto . più a monte c'è un matadero e buttano gli scarti in acqua.

Non avendo portato l'attrezzatura giusta devo desistere; faccio capire agli spiritos/alcoolisti che la giornata e chiusa e che è meglio tornare o gli affondo la barca e le ultime scorte di birra:

La minaccia per la barca non ha effetto ma quella sulla birra si, si torna a terra.

Arrivati subito caffè, questo non manca mai, baci abbracci, saluti, promesse di amarmi per sempre e, per farsi perdonare mi mettono nel bagagliaio una cassa di gamberi e una dozzina di aragoste.

Notevolmente addolcito, anche a causa di un paio di sorsate di rum che ho preso per correggere il caffè, abbraccio tutti e bacio le donne (che diamine sono italiano).

Per strada sono preoccupato: se ci fermano in uno dei soliti controlli e trovano gamberi e aragoste ci pelano vivi; sono cose per turisti e vanno comprate nei negozi statali per dollari e con tanto di comprovante (scontrino); per fortuna non succede e tutto finisce bene.

Mai fidarsi delle proposte cubane, tempo e denaro buttati ; d'accordo l'avventura c'è stata ma avrei preferito almeno vederli questi tiburon.

19/03/2010 15:17
 
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BONSAI CUBANI

Lazaro era da tempo che rompeva perchè tenessi un corso di bonsai alla Casa della Cultura ; non so come fosse riuscito a sapere , quattro anni prima , che trafficavo in bonsai ma il fatto sta che mi aveva arpionato e preteso consulenza e assistenza nel suo hobby.

Nel tempo passato insieme a cortar plantas avevo appreso diverse cosette sulla situazione bonsaistica cubana e non ero molto entusiasta di farmi tirare dentro.

La storia era incominciata anni prima quando la Cina in segno di buona volontà aveva regalato una consistente collezione di Bonsai a Cuba per un valore (in occidente) assai elevato ; mai decisone fu presa con tante fette di salame sugli occhi : la differenza di clima , l'assoluta impreparazione cubana nel campo, la lentezza nel decidere che era necessario inviare gente in Cina a specializzarsi aveva portato la collezione sull'orlo dell'estinzione.

Il ritorno della spedizione di acculturamento bonsaistico aveva sia salvato le poche piante rimaste che creato un interesse nel paese; trasmissioni televisive corredate in alcune province da corsetti pratici avevano spinto la gente ad interessarsi e a cercare informazioni da varie fonti ; questo aveva dato vita a una situazione già esistente in altre parti del mondo : il contrapporsi di due filosofie, la cinese : radici esposte e drammatiche con piante lavorate in modo drastico ed esasperato e la Giapponese con radici ordinate e naturali e piante con forme gentili ed eleganti .

Le due tecniche erano già ai ferri corti ; alle varie mostre e raduni, organizzate è chiaro dalla fazione cinese supportata dall'approvazione statale, i club e la gente che seguiva l'altra modalità era emarginata e snobbata ; ora il mio amico voleva che io entrassi in questa corrida ; con la mia preparazione potevo solo pendere verso la tecnica giapponese e la cosa non mi solleticava.

Avevo conosciuto a Ciego il regresado e visto le sue piante; il tipo teneva pure corsi alla televisione di Ciego, la boveria evidente, la presunzione e la mancanza di esperienze valide spacciata per sapienza mi avevano irritato e spinto per contrapposizione ad accettare la proposta di Lazaro, avessi saputo a cosa andavo incontro sia dal punto di vista economico , di tempo buttato e arrabbiature, avrei fatto molto meglio a raccattare le canne e andare a pesca.

La parte logistica : trovare allievi, accordarsi con la Casa della Cultura spettava a Lazaro; a me spettava reperire le piante, i contenitori, perchè a Cuba parlare di vasi e ancor più di vasi per bonsai era assurdo e fare fotocopie dei testi che avevo regalato al mio amico.

Due viveros si contendevano l'onore di fornire piante per gli hotel , i giardini comunali e per i bordi delle strade ; al primo visitato il rifiuto è stato netto e definitivo : non vendevano ai privati, per cui di corsa alla Casa della Cultura, loro non potevano dare l'autorizzazione , bisognava inoltrare la domanda al poder popular della provincia e alla sezione del ministero della cultura , in parole povere ciccia.

Per cui via verso l'altro vivero, grande potere del Permiso Verde ($) , con una cinquantina di dollari porto a casa ,con due viaggi di carro e uno di coche , una quindicina di ficus di buon tamagno e recluto anche due allievi che uniti agli otto reperiti da Lazaro portano al ragguardevole numero di dieci gli studenti.

Il problema dei vasi all'inizio pare insolubile : l'unica empresa tiene vasi di dimensioni faraoniche , sbrecciati e così poco cotti che si sciolgono solo a guardarli, non immagino cosa possa succedere se verranno bagnati, oltretutto i prezzi sarebbero un furto anche in Italia .

Lampo di genio !, dato che saranno solo provvisori per allevamento e che poi dovranno essere sostituiti con i definitivi , delle zuppiere di plastica che ho visto nelle tiendas, con qualche buco sul fondo, potrebbero servire alla bisogna.

Per recuperarne una dozzina devo girare tre tiendas e sopportare lo sguardo allibito delle commesse; con una trentina di dollari mi ritrovo con un assortimento di vari colori dal rosellino pallido passando dal verde speranza sino ad arrivare al blu cielo; rabbrividisco allo spettacolo ma tanto c'è e mi devo accontentare; il recuperare il vaso definitivo sarà un problema che spero di non dover mai affrontare.

Il filo di rame che serve per dare forma ai rami viene reperito in talleres che riparano motori elettrici ; gli utensili sono un altro interrogativo, oltre a quelli che ho portato per il mio amico, non ce ne sono e reperirli qui oltre all'eventuale costo miliardario è impossibile, per cui altro giro di acquisti : qualche forbice di latta, un paio di tronchesi senza filo e una cesoia di giardiniere che deve essere stata dimenticata da Batista completano gli acquisti.

La terra per i rinvasi è un'incognita ,non esiste nulla di utile devo ingegnarmi a realizzarla : vari viaggi al campo, furto di ghiaia da strada in costruzione, ricerca di sabbia fluviale e non marina, impastare il tutto e finalmente sucio come un cochino completo la raccolta del necessario.

Arriva il gran giorno, sotto gli occhi allibiti dei frequentatori della Casa della Cultura, inizia il trasporto di tutta quella paccottiglia sino ai tavoli che gentilmente hanno messo a nostra disposizione in un meraviglioso patio ombreggiato; via e vai di curiosi che commentano la locura dello yuma.

Inizia : si studiano le piante , si decide la forma , si tagliano i rami che non servono, si puliscono e si tagliano le radici, sono prodigo di consigli presenti e futuri, abbono, innafiature ,potature , rinvasi ecc. ecc.

Gli spettatori vanno e vengono, commentano e ridono ; a questo punto arriva il cinesista di Ciego, Lazaro per gentilezza l'aveva invitato ma speravamo in una sua assenza; come arriva incomincia a pontificare e criticare : le radici non danno forza al tutto, le curve non sono nette, troppi rami, troppe foglie, il maestro tale dice questo, il talaltro consiglia e lui disapprova.

Sono paziente ma incomincio a fumare ; la tecnica cinese non ha un 10% di praticanti in tutto il mondo, è considerata superata, volgare e troppo aggressiva con le piante e questo descarado viene qui, durante un mio corso a dileggiare e sminuire il mio lavoro; Labaro sa che sono paziente ma se mi accendo e scoppio il quattro Luglio sembrerebbe uno scherzo ; forse mi ha letto in faccia o da come stringo la cesoia ha capito che mi piacerebbe cortare qualcosa al tipo, in modo che al mondo sia risparmiato il dispiacere dei suoi discendenti.

Diplomatico , al fine di evitare uno scontro fisico/politico/internazionale me lo leva dalle palle portandolo a bere qualcosa e a discutere delle prossime mostre; finisco il corso , saluto tutti e mi eclisso rapido per non correre il rischio di incontrare il bovo perchè sembra che qui un abbattimento non autorizzato possa costare una dozzina d'anni di gabbio.

Sono contento di aver compartito con gli allievi, che continuerò a seguire ogni volta che vengo all'Isola, ma sotto sotto sono irritato di essermi lasciato coinvolgere in una faida che ancora continua e che penalizza sia come mancanza di aiuti che con veri e propri boicottaggi chiunque non la pensi come il ChinaBovo.

Continuo a portare attrezzatura e testi sperando che prima o poi le cose possano cambiare e che anche la libertà di scegliere che forma dare alle proprie piante abbia un suo spazio.
20/03/2010 14:32
 
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Lo sposto in una cartella open perche' tutti possano beneficiare dell'aria buona dei suoi racconti
21/03/2010 19:28
 
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Post: 296
Bellissimi racconti [SM=x1539166]
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