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Cuba, muore il dissidente Zapata in sciopero della fame da 85 giorni

Ultimo Aggiornamento: 03/03/2010 11:49
24/02/2010 08:21
 
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L'attivista anticastrista era in digiuno di protesta contro le regole del carcere

I familiari: "Lo hanno ricoverato in ritardo". La rabbia degli esuli. E oggi arriva Lula


Ora, per la prima volta da quarant'anni, tra la Cuba del regime e quella dell'esilio c'è il corpo di un martire, Orlando Tamayo Zapata, morto ieri nel primo pomeriggio (già tarda sera in Italia) in un ospedale dell'Avana dopo 85 giorni di sciopero della fame in carcere.

Tamayo Zapata aveva 42 anni, era di Santiago di Cuba, faceva il muratore, militava nel "Movimento per l'alternativa repubblicana" ed era stato arrestato per la prima volta nel dicembre del 2002 per "vilipendio al Comandante en jefe Fidel Castro". Rilasciato qualche mese dopo era finito di nuovo in carcere durante la retata contro i dissidenti della primavera 2003. Tre mesi fa aveva iniziato lo sciopero della ame perché la direzione del carcere, la "Kilo 7" nella provincia di Camaguey, gli proibiva di indossare l'abito bianco (il colore che rivendicano i detenuti politici) e lo costringeva, facendolo picchiare dai carcerieri, a mettere l'uniforme dei detenuti comuni. Le sue condizioni erano già molto precarie perché, in realtà, si alimentava pochissimo da molto tempo. Per protesta, da quando era in carcere, rifiutava il pasto e mangiava solo quello che riusciva a portargli ogni tanto sua madre, o qualche altro parente, dall'esterno.

Del suo caso si era occupata anche Amnesty International che lo aveva dichiarato "prigioniero di coscienza" e ne aveva chiesto più volte la liberazione. I familiari e le organizzazioni del dissenso accusano le autorità di averlo ricoverato con molto ritardo, quando ormai le sue condizioni erano già critiche. Quando è arrivato all'ospedale, la settimana scorsa, "era pelle ed ossa e al posto dello stomaco c'era un buco" ha detto sua madre che ieri ha rilasciato alle agenzie di stampa una breve dichiarazione registrata poco dopo il morte del figlio ringraziando tutti coloro che hanno cercato di aiutarlo. In cella prima ed in ospedale poi Tamayo Zapata è stato alimentato forzatamente per via endovenosa ma quando ormai non c'era più nulla da fare. E' la prima volta dal 1972 che un detenuto politico muore per uno sciopero della fame. In tanti altri casi, con l'alimentazione forzata le autorità sono riuscite ad impedirlo. Nel 1972 morì in cella un poeta e leader studentesco, Pedro Luis Boitel, che aveva combattuto prima contro la dittatura di Batista e poi contro quella di Castro.
La morte del dissidente ha causato immediate reazioni nell'esilio cubano in Florida dove le radio locali hanno interrotto le trasmissioni per dare la notizia mentre all'Avana non ne hanno fatto cenno né stampa né tv. La morte di Tamayo Zapata non è un buona notizia per Raul Castro, che ha assunto il potere tre anni e mezzo fa dopo la grave malattia del fratello Fidel. Le speranza di una apertura del regime, soprattutto dopo l'elezione di Barack Obama alla Casa Bianca, sembrano ormai tramontate.

E proprio oggi arriva sull'isola il presidente brasiliano Lula. Nei giorni scorsi il gruppo dei cinquanta detenuti politici ancora in carcere dal 2003 (erano 75) hanno inviato un appello al presidente del Brasile affinché intervenga in loro favore. Nel corso della visita Lula, che è accompagnato anche dal venezuelano Chavez, incontrerà anche Fidel Castro. Dal 2002, anno della prima elezione di Lula, il Brasile è stato molto generoso con il regime cubano concedendo numerosi crediti - per un totale di oltre un miliardo di dollari - che difficilmente verrano mai restituiti. Un importante finanziamento è stato concesso per la ristrutturazione e l'ampliamento del porto del Mariel, vicino all'Avana, mentre altri crediti sono stati versati per l'acquisto di alimenti primari, per la costruzione di strade e la manutenzione della rete alberghiera. Il gigante petrolifero brasiliano, Petrobras, ha acquistato blocchi sotterranei nel mare dell'isola dove è previsto l'inizio di ricerche di nuovi giacimenti di petrolio.

Gli uomini buoni vanno in Paradiso, quelli cattivi a Patong
01/03/2010 11:23
 
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Orlando Zapata è stato seppellito, Orlando Zapata vive. Il digiuno anti-regime avviato quasi tre mesi fa dall’operaio cubano morto stremato in cella martedì continua. Dopo di lui altri cinque detenuti e un attivista hanno iniziato a rifiutare il cibo. Sono tutti «prigionieri di coscienza», come definisce Amnesty le 75 vittime della «primavera nera dell’Avana», la stretta repressiva dell’aprile 2003 che pose la questione dei diritti umani a Cuba all’attenzione del mondo. Cinque sono rinchiusi in carcere a Pinar del Río, nella parte occidentale del Paese. Tutti condannati, dopo processi sommari, a una ventina d’anni in base alla «legge 88» che punisce con lunghe detenzioni quanti vengono accusati di «sostenere la politica degli Stati Uniti e distruggere lo Stato socialista e l’indipendenza di Cuba».

Per molti di loro non è la prima volta: Nelson Molinet, leader sindacale, prima dell’arresto del 2003, aveva iniziato con Zapata uno sciopero della fame. Anche il giornalista Guillermo Fariñas, scarcerato per motivi di salute, dalla sua casa di Villa Clara ha annunciato di aver smesso di nutrirsi in segno di solidarietà. Gli altri detenuti a digiuno sono Fidel Suárez Cruz, bibliotecario; Diosdado González Marrero, attivista del movimento «Pace, democrazia e libertà» ed Eduardo Díaz Fleitas, vicepresidente del movimento clandestino «5 agosto» (già arrestato nel 1995 e poi nel 1999), che hanno inaugurato la protesta mercoledì. L’ultimo a scendere in campo è stato ieri Antonio Diaz Sánchez, dirigente del Movimento cristiani lavoratori, che nel 2002 aveva promosso con Fariñas il «progetto Varela» per la democratizzazione pacifica di Cuba.

«È una situazione preoccupante» ritiene Elizardo Sánchez, figura di spicco della dissidenza cubana, a capo di una commissione indipendente per i diritti umani, la Ccdhrn, mal tollerata dal regime. A destare maggior apprensione è la salute di Fariñas: «Ha smesso di mangiare e bere mercoledì, potrebbe collassare in tre giorni» avverte.

«C’è il rischio che lo sciopero della fame diventi uno strumento di lotta diffuso tra i detenuti politici — osserva Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International per l’Italia —. Occorre esercitare pressioni sul governo cubano perché siano liberati».

Ma il regime, alle prese con l’indignazione internazionale, ha reagito intensificando retate e repressione: una trentina gli arrestati giovedì ai funerali di Zapata, blogger e familiari del dissidente sono stati fermati all’ingresso di una mostra di giovani registi. E soltanto ieri l’Avana ha comunicato la morte di Zapata: Granma, l’organo ufficiale del Partito, lo liquida come un delinquente comune che puntava ad avere in cella tv e telefono. E se la prende con la «campagna di diffamazione» scatenata dai media occidentali.

Parole che fanno inorridire Armando Valladares. Lo scrittore c ha trascorso 22 anni in carcere a Isla de Pinos con l’accusa di tradimento e ha raccontato in Contro ogni speranza le pene disumane a cui è stato sottoposto: «Ho partecipato a vari scioperi della fame. Un gesto disperato, l’unico che un prigioniero ha per farsi sentire. Ma mai ho visto un detenuto in sciopero della fame colpito in modo così barbaro. Il suo corpo era massacrato di botte. Il cambiamento di Rául Castro non è altro che una maggior repressione».
01/03/2010 15:21
 
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Mah!
02/03/2010 17:05
 
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Re:
(Pilotino), 01/03/2010 15.21:

Mah!



E' inutile che nuoti, non andrai lontano ragazzo.
[SM=x1465775]




Gli uomini buoni vanno in Paradiso, quelli cattivi a Patong
03/03/2010 11:49
 
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O' rapace
che tristezza questa storia, è che ci tenta di screditarlo pure, (gianni minà e il suo seguito) [SM=x1543715]
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